Quanta immaginazione serve per tenersi in equilibrio quando la vita chiede un’altra danza e tu sei piena di ruggine?

A domandarselo è Adelaide, voce narrante, sognante e malinconica del romanzo d’esordio di Valeria Tron L’equilibrio delle lucciole.

Dopo una storia d’amore naufragata, Adelaide ritorna in montagna, tra le case e le vie di pietra e neve in cui è nata, ammettendo che “Certe volte la vita va storta e devi ripensarla”.

Qui, in Val Germanasca, ritrova i vecchi abitanti del posto; quelli che sono rimasti tra le cose semplici a intessere la propria esistenza.

Tra questi c’è Nanà, novant’anni di vita e storie sulle spalle e tra le rughe del viso, con la quale Adelaide, sul filo di un gergo dialettale che unisce ricordi e vissuti, il patois, intraprende un viaggio tra i luoghi, le usanze, i ricordi, i vissuti e le meraviglie rimaste nascoste nelle piccole cose.

“Se vuoi avere di che pensare, dovresti prima sapere cosa cercare” le suggerisce l’anziana donna gettando, così, le basi di quello che sarà il cammino di scoperta e rinascita di Adelaide in un posto adesso lontano ma al quale guarda con ammirazione e rispetto, con la devozione che le cose incontaminate e pure richiedono.

L’equilibrio delle lucciole procede poetico e ovattato. Ogni pagina ha il sapore dei passi profondi e impacciati su una coltre di neve bianca e scricchiolante sotto i nostri piedi. Addentrarsi nella narrazione è, insieme, inerpicarsi lungo i sentieri ripidi di montagna con affanno e fatica ma con gli occhi pieni di meraviglia.

Valeria Tron ricama una storia corale sul prendersi cura degli altri sottolineando quanto è importante condividere dei vissuti per meglio dispiegare gli angoli stropicciati delle nostre personalissime storie.

Ogni personaggio che incontra regala ad Adelaide un pezzetto dei propri ricordi, delle proprie speranze e delle proprie disillusioni aiutandola nel rintracciare quel flebile equilibrio, fragile e intermittente, quanto una lucciola.

La vita di montagna, riconnettersi con un mondo che pare essere rimasto indietro nel concetto straniante di modernità, diventa specchio di un paesaggio e, contemporaneamente, di una comunità che si fa guida fedele e limpida in un processo di rinascita.

“Si sbaglia a considerare un uomo creatura singola, specie in luoghi dove le vite influenzano il paesaggio fino a diventarne parte integrante e insostituibile. Ogni vita ha stretta alla cintura una giostra di corde tese verso le case, e, in ognuna, una strofa da sommare alle altre, così da trasformare le esistenza in un canone da riprendere al tempo giusto.”

Con uno stile elegante, minuzioso, ricco di descrizioni capaci di far percepire al lettore anche gli odori della montagna, l’autrice racconta una storia sul potere dei ricordi, delle parole e dei sentimenti, riportando alla luce emozioni taciute e negate dal tempo e dalle circostanze come l’amore tra Nevì e Lena, ravvisando tra le parole delle lettere che hanno vinto gli anni, nuovi sguardi per sé stessa e per il suo amore; fino ad ammettere:

“Abbiamo cambiato l’alfabeto, scambiandoci lettere senza forma, rimando parole in baci, sciogliendo virgole e punti: l’intreccio è così poderoso che lascia stremati, sospesi nel gioco di una traversata a ritroso verso le prime penne e i primi segni in una calligrafia primitiva (…)”

Alla fine, “rimane ciò che resta di una tempesta dolcissima”, “il tumulto dopo l’amore.”

L’equilibrio delle lucciole è un romanzo sulla necessità di risanarsi e di farsi casa, (ri)partendo proprio da una casa fisica, baluardo di valori che vanno trasformati in nuovi abbracci e che in ogni luogo e dentro a nuovi corpi, siano tali da non smettere mai di raccontare noi stessi e la nostra autenticità.

Perché, proprio come un cammino in montagna, la vita porta con sé fatica e ripide altissime e, come scrive Adelaide, “salendo dal basso non ti aspetti che il cielo si apra e le montagne servano agli occhi tanta grazia , ma la vita è così: muove alla luce solo se hai coraggio di camminarci da basso. Non fanno paura nemmeno le contraddizioni. se le attraverso con la consapevolezza che sono lì apposta per cadenzare il passo, darti equilibrio nella storia. Nevicherà ancora e sarà sempre un bene.”

Del resto, dinnanzi a tutti gli strappi che ci compongono quello che conta è sapere disinnescare, fare un passo indietro pur essendo qualche passo in avanti; amarsi davvero, provarci, riabbracciarci nel profondo, salire su quella montagna e far tesoro di ogni passo. Dopotutto come ci suggerisce questo esordio pieno di malinconia, musica e poesia: “è una bufera ancora più violenta il disamore”.

Lorena Carella

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