L’Io non è qualcosa da accettare acriticamente. È questo il primo insegnamento che possiamo trarre dal buon saggio di Gilbert Simondon, L’individuazione psichica e collettiva* (prima opera tradotta in italiano). Ciò che Cartesio dava per scontato deve essere oggetto di una riflessione meditata, approfondita e retrospettiva. Quale Io pensa, dunque è?
Nessuna filosofia è riuscita a spiegare quale fosse l’origine dell’Io. Ed è da tale origine che, per Simondon, si potrebbero svelare mondi nuovi e capire realmente chi siamo. Per questo il lavoro del filosofo francese parte da una ontogenesi che però evita di imbattersi negli errori delle varie teorie creazioniste. L’uomo possiede delle caratteristiche preindividuali che lo spingono a trovare se stesso ritrovandosi nel mondo. Simondon ritiene che l’operazione ontogenetica sia triadica. I termini che ne fanno parte sono il soggetto, l’oggetto e l’ambiente. È proprio l’ambiente ciò che permette il rapporto e dà al soggetto la possibilità di conoscere. La percezione, ad esempio, si dà solo a partire dal soggetto che vede, dall’oggetto che viene visto e dall’ambiente che ne permette la compresenza.
L’individuo quindi nasce allorché quelle caratteristiche preindividuali, l’apeiron inteso come realtà del possibile, si concretizzano, attraverso il rapporto con il mondo, dando vita all’individuazione. L’individuazione psichica è la seconda delle tre fasi in cui l’essere si dispiega. Le altre sono il preindividuale e il transindividuale. Simondon sostiene, però, che vi sia una differenza tra il soggetto e l’individuo. Il soggetto comprende le tre fasi successive dell’essere; l’individuo soltanto l’individuazione. L’uomo è quello che nasce psichicamente dopo la prima individuazione. Se l’individuo sarà pienamente soddisfatto della sua realizzazione, sarà pieno a se stesso, non avrà bisogno degli altri e tenderà ad evitare nuove individuazioni. Se invece quelle che erano le caratteristiche preindividuali differiscono o non si sono pienamente compiuta allorché è stata effettuata l’individuazione psichica, il singolo sentirà il bisogno del gruppo.
Ma mentre per la maggior parte degli psicologi questa appartenenza a un insieme di individui fa perdere automaticamente molte delle caratteristiche del singolo, Simondon sostiene l’inverso. L’uomo realizza pienamente se stesso attraverso l’individuazione collettiva in quanto non perde se stesso, il sé formatosi grazie all’individuazione psichica, ma ne supera i limiti. Tutte quelle caratteristiche a priori che non si erano mostrate nell’empirico, si fanno realtà attraverso il gruppo di interiorità che l’individuo si sceglie cercando delle familiarità precostituite. Il gruppo quindi non diventa un fattore di divisione dell’Io ma è il luogo in cui significato prende pienamente forma. Ogni persona cerca nell’altro uno scambio, una conferma delle proprie certezze. Per questo predilige un compagno che sia potenzialmente come lui, con il quale si crede di poter realizzare pienamente ciò che si è. È questa la dimensione nuova che Simondon crede essere stata celata per mancanza di conoscenze dai suoi predecessori: il transindividuale.
L’essere, che viene identificato dall’autore con il soggetto, è in perenne divenire. L’uomo cerca costantemente una via di risoluzione dei suoi conflitti, nati dalla mancata sovrapposizione di quello che pensiamo debba essere e quello che effettivamente si dà. Simondon su queste basi ritiene che anche la morale non sia statica, pienamente data una volta sola. La morale si fa agendo, vivendo in una comunità di persone che hanno una coincidenza interiore, combattendo dialetticamente chi non la pensa come noi. Ma cosa significa allora vivere? Vivere è perpetuare una permanente nascita relativa.
Francesco Marino Iandiorio
Gilbert Simondon, epistemologo francese (1924-1989), in passato è stato scelto dalle minoranze intellettuali come proprio “autore di culto”. Oggi, anche grazie numerosi tributi espressi da altri importanti autori nelle proprie opere, il pensiero di Simondon comincia ad essere noto anche alla massa. L’individuazione psichica e collettiva è la sua prima opera tradotta in italiano. Dello stesso autore sono anche le opere Du mode d’existence des objets techniques (1958) e L’individu et sa genèse physico-biologique (1964).
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