Sviluppatosi da una tesi di laurea in lingue e letterature moderne, L’Irlanda degli U2 (Arcana 1998, pp. 216, L. 28.000, nel 1999 ndr) è uno scorrevole trattato fedele al suo sottotitolo, ovvero «Musica, Letteratura e Radici Culturali». Non si tratta di un libro dedicato solamente agli U2 o alla letteratura irlandese: come dice il titolo la sua ragione d’essere è proprio nel legame tra gli U2 e la propria terra.
Per capirne meglio il significato bisogna fare un passo indietro, alla mia tesi di laurea, intitolata U2: Irish In Every Other Way titolo che Bono stesso mi ha suggerito durante uno dei nostri magici incontri sulle rive del fiume Liffey. Infatti secondo Bono gli U2 sono «irlandesi in tutte le altre maniere», non sono irlandesi solo nel senso più ovvio, perché sono cresciuti e vissuti in Irlanda, per il fatto di avere scritto una canzone come Sunday Bloody Sunday o per avere espresso esplicitamente la propria avversione contro la violenza e il terrorismo.
Gli U2 sono irlandesi soprattutto nel profondo della loro anima, quando compongono la musica per una canzone o scrivono il testo di una lirica; sono irlandesi perché hanno ereditato quella creatività che fa in modo che ogni loro canzone sia anche una poesia, perché traggono ispirazione dai poeti e scrittori irlandesi e perché la loro musica, densa di significato e passione, ci porta ad identificarli con gli antichi bardi irlandesi.
Gli U2 sono irlandesi e internazionali allo stesso tempo e, per questa ragione, possono essere definiti come i bardi del rock di questo fine millennio.
L’Irlanda degli U2 esplora infatti nei minimi dettagli le connessioni tra i testi delle canzoni degli U2 e le realtà culturali irlandesi, accostando le poesie di Seamus Heaney, Brendan Kennelly, William Butler Yeats, Patrick Kavanagh e altri grandi della letteratura dell’Isola di Smeraldo ai testi di liriche come Sunday Bloody Sunday, A Sort Of Homecoming, Van Diemen’s Land, Love is Blindness e molte altre. Il volume è infatti diviso in quattro parti ed inizia indagando «Le Origini dell’Ispirazione» accostando la vena poetica di Bono a quella degli antichi bardi, poi, la seconda parte tratta di «Nazionalismo e Amore Cieco», focalizzandosi sulla situazione politica dell’isola. La terza parte «Maschere e Voci: Dissimulazione e Rivelazione» parte dalla teoria della maschera di Oscar Wilde (ma anche di Yeats e Kennelly) e la ricollega a tutti i vari personaggi interpretati da Bono durante lo Zoo TV e lo Zooropa tour, The Fly, Mr. MacPhisto, Mr. Mirrorball Man. L’ultima parte, «Dal Rock Celtico al Folk Irlandese», evidenzia i legami che gli U2 hanno sempre mantenuto con tutta la tradizione musicale irlandese, inclusi i Dubliners, i
Clannad, Christy Moore, Sinead O’Connor e i Virgin Prunes.
Questo volume è dunque il frutto della mia grande passione per la musica degli U2, iniziata quattordici anni fa ascoltando Sunday Bloody Sunday, brano composto per ricordare il massacro di 13 civili irlandesi ammazzati dai militari inglesi il 30 gennaio 1972, giorno passato alla storia come «Bloody Sunday», sanguinosa domenica. L’idea poi di scrivere una tesi di laurea sul rapporto tra gli U2 e la letteratura irlandese mi è venuta durante uno dei miei primi viaggi a Dublino, quando lessi un articolo pubblicato sul Sunday Press, dove Bono recensiva il libro di poesie di Brendan Kennelly e Brendan Kennelly recensiva l’album degli U2 Achtung Baby.
Il mio sogno era naturalmente anche quello di riuscire ad incontrare i miei idoli di persona e si è realizzato grazie anche all’aiuto e all’amicizia di Barry Devlin, regista di molti video e documentari degli U2, voce e bassista del gruppo di rock-celtico degli Horslips, amico di Bono e cognato del premio Nobel della Letteratura Seamus Heaney. Bono e The Edge hanno infatti collaborato con me contagiati dal mio entusiasmo, concedendomi diverse interviste esclusive incluse ora nel mio libro. Bono è rimasto infatti colpito dal fatto che secondo lui la mia ricerca è qualcosa di diverso da tutti gli altri libri scritti sugli U2, una sorta di cammino spirituale alla ricerca delle radici irlandesi del gruppo, sviscerando il contenuto delle loro liriche, della musica e della coreografia dei loro concerti.
Tra tutti gli scrittori dello scenario letterario irlandese Bono mi rivelò di preferire proprio Brendan Kennelly e, quando ne ebbi l’ occasione, chiesi a Bono cosa ammirasse in particolare di questo poeta contemporaneo. Bono rispose: «Potrei parlare di Brendan Kennelly per il resto della mia vita. È il mio poeta preferito perché non ha lasciato che la poesia diventi troppo accademica; egli possiede l’ironia, e l’ironia è la vera arma alla fine del XX secolo. Ho sempre creduto che il riso sia la dimostrazione della libertà; egli esperimenta ciò che altre persone esprimono scrivendo parole. Molte persone descrivono in parole una libertà che egli possiede come persona, e sono sicuro che anche lui ha dei momenti difficili, i suoi problemi, ma io non li ho mai notati. Penso che egli possieda una delle qualità che ammiro maggiormente nelle persone, ossia la grazia. E credo che la connessione tra l’idea della maschera di Wilde e la poetica di Brendan si trovi in questo suo verso, che è uno dei miei preferiti: Per meglio sentire l’epoca bisogna tradirla» .
Tatiana Pais Becher
E tu cosa ne pensi?