Pubblicato qualche anno fa (siamo nel 2000 ndr) – e seguito in libreria, da qualche mese, da un altro libro dello scrittore francese sulle stesse vicende, intitolato Morgana -Merlino di Michel Rio fornisce un’interpretazione possibile dei miti riguardanti il mago Merlino, re Artù e i cavalieri della Tavola Rotonda.

Sul punto di morire, l’ormai centenario Merlino ricostruisce la sua vita, a partire da ciò che avviene nel Galles e io Inghilterra poco prima della caduta dell’impero Romano. Nato nel 445 d.C. e ritenuto frutto dell’accoppiamento fra sua madre e il diavolo, Merlino, a seguito di complesse vicende dinastiche, ha la possibilità di diventare re, ma rinuncia a favore del prode Uther, che rimane poi padrone di mezza Inghilterra. Durante le sue guerre di conquista, Uther sposa la moglie di un re sottomesso e ucciso e ne adotta le figlie (fra cui, appunto, Morgana). Da questo matrimonio nascerà in seguito Artù. Merlino gli farà da precettore, lo aiuterà nella fase delicatissima della presa del potere, inventerà la Tavola Rotonda e i suoi principi e sottrarrà il re dall’attrazione distruttrice per la sorellastra/amante Morgana, a cui – in seguito a questo rapporto – nasce un figlio, Mordred. Negli anni successivi Artù sbaragliai i Sassoni e la loro annata d’invasione, sposa Ginevra e consente la condanna all’esilio perpetuo di Morgana che, durante il banchetto nuziale, si è presentata spontaneamente a corte accompagnata da Mordred. Consolidato il potere di Artù, Merlino si ritira per molti anni in una grotta nel nord della Francia.

In seguito, grazie alla scoperta dell’amore segreto di l.ancillotto per la regina Ginevra, si scatena in Inghilterra una guerra fratricida, che fa crollare il regno e distrugge tutta la tela ordita da Merlino con pazienza e meticolosità: muoiono i cavalieri della Tavola Rotonda, muoiono, uccidendosi a vicenda, Artù e suo figlio Mordred, muore Lancillotto. Merlino conduce con sé ad Avalon, un’isola al largo della Francia, il cadavere di Artù e, dopo aver costruito con le sue sole forze, in cinque anni di lavoro, un enorme mausoleo per il re, lo seppellisce accanto a Morgana. Nell’ultimo capitolo, Merlino aspetta la fine, conscio della vittoria del caos e della morte sulla ragione e sulla vita, nonché sulla sua opera e sugli ideali perseguiti durante l’esistenza, grazie a cui aveva plasmato tutto un mondo, ormai sprofondato nei baratri senza ritorno della storia. Quello stesso caos, da cui si era levato orgogliosamente il progetto grandioso di Merlino, scuote questa costruzione dalle fondamenta, la distrugge senza pietà e la ricopre con il suo incessabile gorgoglio: vincitore assoluto, il caos, e non ha bisogno di significati e di fini, come lo stesso Merlino riconosce.

Il materiale confluito in questo mito antichissimo e indimenticabile, bello e terribile, è vastissimo. Il libro di Michel Rio non opera una ricostruzione rigorosa o scientifica (peraltro impossibile), ma si pone come un valente esercizio di riscrittura personale, a partire da una materia complessa, ricchissima, sfuggente, piena di svolte, colpi di scena e storie parallele. li risultato appare comunque legittimo, coerente, credibile e godibile, grazie anche all’ottima traduzione in italiano di Annamaria Ferrero. Un altro titolo di merito è costituito dallo stile dell’autore: chiaro, pulito, mai ridondante, capace di dominare e di rappresentare puntualmente sulla pagina le poche luci e le molte ombre di quel periodo fondamentale per la storia dell’umanità, in cui un mondo in piena disgregazione cercava disperatamente in sé i germi di un futuro possibile. Lo scalpello di Miche! Rio opera con estrema precisione, fino a costruire un monumento ad un’epoca irripetibile, monumento che, più che scritto, sembra scolpito nella pietra ed immagine di questo – non solo del lavoro e dell’utopia di Merlino, ma anche dell’ardita incisione di Michel Rio – è proprio il penultimo capitolo, in cui si racconta del mausoleo costruito per il re dal suo fidato precettore, che commenta la sua impresa con queste parole: «lo, che all’apice del potere avevo cercato di imporre alla storia l’eternità della Tavola, costruivo ora, nella miseria, un monumento alla mia disfatta, forse quanto di più bello e duraturo avessi mai tentato, sfruttando i materiali della leggenda, la pietra e le parole, per fissare un passato in fuga, un’idea mancata, una carne morta».

Giacomo Leronni

Il libro nel 2000

Michel Rio
Merlino

Instar Libri, 1994
pp. 145, L. 22.000

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