Su una parete della Camera dei Rappresentanti al Campidoglio di Washington − naturalmente la parete Ovest − c’è un affresco monumentale, sei metri per nove: una ciclopica carovana di coloni compie il suo pellegrinaggio, risale dalle pianure alle montagne verso il continente selvaggio e vuoto; è insomma una vera ​americanata ante litteram chiamata Verso Occidente l’Impero dirige il suo corso.

Verso Occidente l’Impero dirige il suo corso è anche uno strano romanzo breve/racconto lungo di David Foster Wallace.  Scritto sette anni prima di Infinite Jest, il libriccino è un colto, geniale piccolo prodigio; un romanzo “a cipolla” che, visto da lontano, può anche sembrare una raffinata masturbazione. Infatti Verso Occidente l’Impero dirige il suo corso è, nell’ordine:

1) una decostruzione del modello occidentale (l’Impero): autistico, infiacchito dal marketing e dal desiderio, affamato di bellezza, intrattenimento, ​cose
​2) un romanzo di metafiction: il libro che abbiamo tra le mani è opera di uno studente di scrittura creativa che vive nell’universo del racconto, e che interrompe il corso della storia per svelarne gli artifici narrativi. In breve: il racconto sa di essere un racconto, e i personaggi dicono cose tipo questa:

“Fermatemi se sbaglio, ma quello che mi sembra di percepire, qui, è un conflitto”, dice il  barbuto. […] “È evidente che c’è qualcosa che lei ​vuole , e un ostacolo, un come si chiama,  un cavallo di Fresia, che impedisce di ​ottenerlo. […] Senza dubbio nello scontro e nella  potenziale soluzione del conflitto lei subirà una serie di cambiamenti nella sua esperienza,  nel suo punto di vista, nella sua personalità, e forse anche nella conformazione dei suoi desideri…”

3) una sorta di spin-off del racconto Lost in the Funhouse di John Barth, caposaldo del genere meta-fiction, che viene qui smembrato e parodiato. David Foster Wallace costruisce un’opera metafiction per criticare la metafiction.

In realtà questi livelli multipli (più difficili da spiegare che da leggere) impreziosiscono un libro che si lascia godere a prescindere da tutti gli strati e le cipolle, e che, sensibilmente, centra il punto − un qualche punto.

“Che la verità sia più strana della fantasia è solo una leggenda. In effetti sono all’incirca  ugualmente strane. Le storie più strane tendono, in un certo senso, a ​capitare​ .”

Come anche l’omonimo affresco, Verso Occidente l’Impero dirige il suo corso parla di un viaggio: non l’epica conquista dell’Ovest, ma il tragitto tra l’aeroporto dell’Illinois Centrale e la fittizia città rurale di Collision, Illinois alla fine degli anni Ottanta. Perché a Collision, Illinois verrà girato il più pirotecnico spot pubblicitario della storia della pubblicità, lo spot definitivo che annullerà ogni distinzione tra realtà e ​advertising: l’occasione è il raduno di tutti coloro che siano mai apparsi in uno spot di McDonald’s (totale: 44.000 persone). Di tutta la nuova (postmoderna) carovana in viaggio per il set di Collision, il libro racconta sei incredibili personaggi divorati dalle nevrosi, tra cui: una scrittrice postmoderna che sta lavorando a una poesia fatta solo di punteggiatura; uno studente di scrittura creativa afflitto dal solipsismo e da un blocco della creatività; il genio della comunicazione che ha ideato la campagna pubblicitaria di Collision; il clown-mascotte della catena di fastfood Ronald McDonald, fatto di marijuana.

“Non siamo nemmeno sicuri di dove si trovi Collision rispetto a questo aeroporto. A  ovest di qui, ma quanto? Ci si arriva a piedi? C’è una strada? Non abbiamo visto altro che  granturco. Disorientante, agitato dal vento, verdeggiante, alto, assoluto, minacciosamente  fertile. Tutta questa regione mette paura. Abbiamo bisogno di un mezzo di trasporto.  Scommetto che gli insetti qui sono feroci. Che uccello avete come simbolo di Stato, la zanzara?”

Alessandro Lusitani