Ignotus par ignotius, obscurus par obscurius: ovvero “Andare verso l’oscuro e l’ignoto attraverso ciò che è ancor più oscuro e ignoto”.
E cosa è più oscuro e indecifrabile dell’essere umano che attraversa una porzione di storia in trasformazione?
Marguerite Yourcenar scrive un romanzo il cui titolo è già un incantesimo: L’opera al nero (1968) è la prima fase del processo alchemico, ovvero la separazione o la dissoluzione di una sostanza che veniva anche indicata come un’operazione complicata e che non si riferiva solo a un meccanismo chimico, ma, alla distruzione dei pregiudizi e delle abitudini per arrivare alla rivelazione.
Il protagonista è Zenone, un personaggio affascinante che vive a cavallo del Medioevo e del Rinascimento e che inseguirà la verità e la rivelazione lungo tutte le pagine del romanzo.
Il Rinascimento di Yourcenar è ammaliante e ricostruito nella prosa profonda e nello stile accurato e contiene tutta la concretezza documentale della storia, che è portatrice tanto della ferocia dei conflitti e delle vecchie credenze medioevali, tanto della potenza di alcuni di guardare a un futuro diverso e pieno di traguardi importanti per l’umanità. “L’anno 1549 iniziò con piogge che si portarono via le semine degli ortolani; una piena del Reno inondò le cantine dove mele e barili mezzo pieni galleggiavano sull’acqua grigia. A maggio, le fragole ancora verdi si fradiciarono nei boschi e le ciliegie nei frutteti. Martino fece distribuire minestre ai poveri sotto il portico di San Gereone; la carità cristiana e la paura di sommosse ispiravano al borghese quelle elemosine. Ma quei mali non erano che araldi di una calamità più terribile. La peste, giunta dall’Oriente, penetrò in Germania per la Boemia. Viaggiava senza fretta, al suono delle campane, come un’imperatrice”
Marguerite Yourcenar si era documentata moltissimo sull’epoca e sulle sue caratteristiche: siamo di fronte a una narrazione che prelude tutta la grande letteratura storica che arriverà dopo e che ha un personaggio centrale definito di volta in volta, “mago”, “medico”, “alchimista” con un alone narrativo che cattura, fase dopo fase della sua evoluzione.
L’autrice ce lo presenta fin dalla sua infanzia: nasce a Bruges, in Belgio e viene affidato a un protettore Bartolomeus Campanus, come era prassi al tempo per chi avesse avuto la fortuna di nascere in una famiglia nobile o benestante. Subito dopo essersi iscritto alla facoltà di Teologia e aver conseguito dei risultati eccellenti, cambia strada: sente il bisogno di crearsi una sua formazione, non scritta necessariamente sui grandi libri e diventa un girovago, avvicinandosi agli stati più umili della società, empatizzando con persone diverse, apprendendo stili di vita ben diversi a quelli a cui era stato abituato.
Quando rientra a Bruges decide di adottare uno pseudonimo, quello di Sebastiano Teus, per sfuggire alle possibili accuse di eresia.
Incontra quindi il priore dei Cordiglieri, amico e complice, maestro, la figura che affianca l’eroe, che gli offre il posto di medico.
Si tiene alla larga dai condizionamenti e Zenone diventa un automa che cura chiunque, senza coinvolgimenti emotivi.
Zenone è figlio del suo tempo: è una sorta di Giordano Bruno che scrive libri sotto pseudonimo e che vive e opera fino a che la sua “copertura” regge: ma deceduto il priore dei Cordiglieri tutto salta.
E a causa di un presunto coinvolgimento nelle pratiche eretiche è costretto a consegnarsi al tribunale.
De L’opera al nero esiste anche una trasposizione cinematografica: realizzata dal regista Delvaux e interpretato magistralmente da Gian Maria Volontè, che per quell’interpretazione vinse il Nastro d’Argento.
L’alter ego, combattente e poeta, è il cugino che si contrappone a lui come in Narciso e Boccadoro. L’unica certezza per Zenone è e resta il dubbio, scampando ad arresti e a tranelli, cresce e si evolve: è lui il minerale alchemico che si trasforma e si salva continuamente.
Dopo la morte del servo fedele Zenone entra in crisi e si interroga sul senso della vita, la religione, le passioni terrene che tengono vive.
Zenone come Adriano sono al contempo forti e vulnerabili.
Marguerite riesce in un procedimento alchemico letterario perfetto e ammaliante: Yourcenar è Zenone. E Adriano.
In una mescolanza di femminile e maschile sapientemente prodotta nelle pagine dei suoi romanzi.
E il posto dell’essere umano – che sia o meno a cavallo tra due secoli determinanti – richiede sempre un’alchimia e una decifrazione costanti e l’adattamento a una realtà che va analizzata e affrontata, sempre.
Antonella De Biasi
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