Mentre leggevo delle due gemelle, i personaggi chiave di Loro, non pensavo a quelle di Shining, che pure sono certo un paradigma operante nella tessitura narrativa e simbolica del romanzo, ma a quelle fotografate da Gemmy Woud Binnendijk, artista olandese della macchina fotografica. Bionde anche queste, ma più espressive, più forti nella distanza, direi altere, proprio nel senso di stare più in alto, appunto «due che bastano a loro stesse», come le definisce Alessandra, la madre fragile, troppo fragile e umana per capirle. Le bambine all’opposto sono figure che paiono aver attraversato il tempo ed essere giunte a noi, intatte come in una fotografia digitale ma con la potenza visiva ed evocativa di una tela a olio.
La commistione di passato e presente, di antico e contemporaneo, di razionale e irrazionale è anche la cifra del mondo delineato da Roberto Cotroneo, un mondo subito affascinante, di grande impatto. La villa disegnata dall’archistar con le pareti in vetro, il parco impeccabile, l’accoglienza offerta dai nobili proprietari e dal personale, conquistano Margherita, l’istitutrice protagonista della storia e autrice del memoriale, ma anche noi, perché anche noi come lei, in fondo, desideriamo prenderci una pausa dal quotidiano e ritrovarci in una Camelot. Ma è una Camelot che ben presto si rivela oscura, capace di illuminarsi solo di sorrisi sinistri. Quello del giardiniere pirata con una gamba sola, l’uomo che tutto vede e tutto sa, o quelli che si disegnano beffardi sui volti di due presenze misteriose, le cui ripetute epifanie nei pressi di un tempietto nel bosco e in altri luoghi della proprietà sconvolgono l’equilibrio di Margherita.
Perché se è vero che si tratta di un hortus conclusus, di un cerchio chiuso e interdetto alle relazioni sociali, non lo è certo alle relazioni extratemporali, che avvengono sotto la fiaccola di una statua della triplice Ecate. Alla giovane, che ne è suo malgrado testimone, la dea accompagnatrice dei defunti, protettrice della famiglia ma anche sensibile al sangue dei morti, certo non risparmia conseguenze drammatiche. Accadrà molto altro ancora in un crescendo di orrore e sorpresa che ribalterà le aspettative del lettore ma nulla, nulla mi ha messo più paura del silenzio complice e del potere ineffabile di Lavinia e Lucrezia. Principessine di un regno lacerato dal male, sospeso tra ciò che fu e ciò che è, sono guida e compagna di un’infanzia alla cui innocenza «ormai da tanto tempo, nessuno crede più fino in fondo», una delle frasi del romanzo che deve far riflettere.
La prosa di Cotroneo, come tutto il romanzo, è un congegno perfetto, ti trascina da una sequenza all’altra, da un’epoca all’altra, fra richiami letterari, artistici e antropologici, interpretando il genere gotico in modo del tutto originale, lieve e profondo insieme, ben al di là della formula e dei tòpoi noti. Della Woud Binnendijk è anche la straordinaria foto in copertina che introduce perfettamente nel mondo di Loro: la figura principale ti fissa e proietta nei tuoi occhi l’ombra nera che si porta dentro.
Federica Introna
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