«Voglio fare l’amore con te» ho detto a Giando. Lui non mi ha risposto. Non c’era chissà che atmosfera romantica, ma era l’anno in cui volevo cambiare tutto, in cui mi ero rasata i capelli con la forbice e mi ero fatta dieci buchi alle orecchie usando lo stesso orecchino, senza ghiaccio.»

Cosa cerca una donna che cerca sempre qualcosa?

Il matrimonio, la maternità, i figli, la carriera, l’amore e molto altro. Sono questi i desiderata della trentenne palermitana (di cui non si conosce il nome) protagonista di Ma tu divertiti, di Mari Accardi, edito da Terre di Mezzo editore, che per motivi lavorativi e sentimentali, si trova a dover vivere divisa tra l’Italia e la Francia, osteggiata da una madre talmente ansiosa, apprensiva e ingombrante che pure nei momenti più concitati e drammatici, sarà in grado di attirare tutta l’attenzione su di sé, senza perdere mai l’occasione di tartassare sua figlia con domande (quasi indagini giudiziarie) sulla sua vita privata.

«Ho detto a tuo padre che sei in un bed e breffass. Sai quanto sarebbe brutto se morissi e non si ritrovasse il tuo corpo? Non gli darebbe pace a un genitore non trovare il corpo del proprio figlio, sapere che non può andare in Paradiso.»

Qualcosista è lo status che le viene affibbiato da chi le propone momentanei impieghi, finché non diventa insegnante di italiano per stranieri, tre ore al giorno, preparazione delle lezioni compresa. Le cose sembrano evolvere, tra un viaggio e l’altro, di pensiero in pensiero, ma di fatto resta tutto fermo. La ragazza non trova quel che non sa di cercare. È confusa. Ha un sacco di paure, tipo dei terroristi. La sua ginecologa-chiromante le diagnostica un fibroma dicendole che la causa è semplice, il suo corpo le sta parlando: deve procreare.

Lei prova a far pratica con dei cani, per capire, per non star ferma, per fare qualcosa. Appunto.

«Sai che mi piacciono queste storie tristi. Che tipo di tristezza ha il tuo Lucien?

Sto cercando di capirlo.»

Ma tu divertiti è un libro composto da sette brevi capitoli che vivono benissimo anche autonomamente, con lo sfondo di Un posto al sole, o di un albero di Natale decorato ad aprile per il compleanno di una nonna non troppo grata da parte di un padre bizzarro, dolce e in disparte.

È la visione ironica, acuta e mai banale di una donna sulla società che impone date di scadenza, come se fossimo una bottiglia di latte fresco.

Se state zitti e fermi, per favore ecco, avremmo delle cose da pensare prima di dire.

E del tempo da aspettare.

Natalia Ceravolo

 

Questo è l’ultimo articolo di #miconsigliunlibro del 2018. Ma qual è stato il primo? Eccolo qui.

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