Poetici, colmi di momenti inusuali, e sempre inclini al cinismo: è così che Elephantina, nome d’arte della protagonista, descrive i suoi giorni a Mosca. È arrivata qui dalla grigia Kiev negli anni ’80, dimenticando la noiosa scuola d’arte e la provincia grigia, sognando Mosca, il centro del mondo, e sperando in una vita libera e stimolante come scrittrice.

In brevi episodi, gli eventi e i pensieri ribollono sulla carta: feste in appartamenti stantii, incontri con scrittori famosi e non. Le giovani donne, spiriti liberi, si giurano l’un l’altra assoluta ribellione contro le autorità intellettuali e un impegno per una nuova e radicale concezione dell’arte. E sebbene prima del viaggio avesse giurato che non si sarebbe mai innamorata, è sempre accompagnata dal desiderio più spirituale e platonico che erotico nei confronti di Pomidorič, un poeta avanguardista, che le dona l’appellativo di “nuova Achmatova”. Non la tratta come una donna, ma come una ragazzina con delle fantasie letterarie, che da un lato offendono la protagonista ma che sopporta con grande umiltà. L’amore batte il suo orgoglio anarchico.

Il decennio incredibile degli anni ’80 si innesta nella vita della protagonista, tra le sue scelte e l’imminente cambiamento politico, la lenta disintegrazione dell’Unione Sovietica appartiene al tempo della narrazione anche se i segni di questi eventi sono difficilmente visibili nell’immediatezza della vita di Elephantina. Diventano riconoscibili solo in seguito.
La vena artistica trasforma il suo mondo in un’avventura. Una vera e propria odissea attraverso questa Mosca buia e fredda. Inizia quindi un girovagare tra varie sistemazioni come negli studi di pittura o su una branda al Museo Stanislavskij, in nessune di queste Elephantina rimane a lungo, sia a causa delle opinioni borghesi dei suoi ospiti sia a causa del suo stile di vita, opinioni e del suo modo diretto di esprimerle.

Il romanzo è uno spaccato della vita di un’artista fuori dagli schemi che cerca di ritagliarsi la propria parte nella storia. La protagonista si rivede come una ribelle anarchica contro tutto ciò che esiste, sia esso lo stato sovietico, il KGB, le istituzioni. Disprezza tutte le leggi, le regole e le convenzioni del mondo dell’arte e si fida solo del suo genio. Elephantina vede nella letteratura il suo vero destino; ma le opere che tenta di scrivere suscitano confusione più che ammirazione tra gli amici letterati.

In Madame La Dostoevskaja Julia Kissina utilizza un linguaggio diretto rinunciando a qualsiasi “abbellimento” stilistico, originale e potente che conferisce al testo una grande autenticità, dotato di pungente sarcasmo che raggiunge il limite del cinismo. Anche se in alcuni momenti l’autrice sembra sviluppare la storia di una giovane donna che tenta di affermarsi in una scena artistica dominata da figure maschili. L’autrice lascia che Elephantina racconti la sua storia a Mosca in modo acuto, veloce, con un linguaggio sfacciato. La sua vita è assimilabile a un cerchio in cui non si intravede la possibilità di uno sviluppo. Quando torna a casa dai suoi genitori a Kiev, dopo aver vagato per Mosca, non solo ha rinunciato a tutti i suoi sogni di studio ma non ha neanche raggiunto i suoi scopi.

L’autrice non vuole che questo romanzo sia inteso come un romanzo di sviluppo, formazione ma ci offre un romanzo che vuole essere l’istantanea di una giovinezza completamente disorientata, che oscilla tra sogni ad occhi aperti e disfattismo nichilista. Si astiene dal dare un’interpretazione politica di questa situazione e si limita a un breve elenco di eventi storici del rispettivo anno per predisporre il lettore nello stato d’animo di ciò che accadrà nelle pagine seguenti.

Il libro ti conquista ad ogni pagina poiché ti apre a poco a poco ad un mondo insolito ma senza renderlo per nulla noioso, e anzi fa sbocciare qualcosa di simile a un umorismo provocatorio.

Chiara Guerra

Per conoscere la casa editrice Scritturapura, qui c’è un’intervista di qualche tempo fa.