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Anno 0 | Numero 2 | Ottobre 1996

Noi che ci vogliamo così bene è il titolo del libro scritto da Marcela Serrano e pubblicato da Feltrinelli lo scorso inverno. Questa scrittrice cilena, che nulla ha da invidiare alla più popolare lsabel Allende, rappresenta oggi una delle voci più innovative della letteratura latinoamericana.

Ana, la protagonista del libro, racconta la storia di una e di tante donne, perché in fondo tutte le storie di donne hanno molto in comune.

Sulle sponde di un lago della penisola cilena una casa vuota attende di essere vissuta. Un grande mobile di legno riposa appoggiato a una parete, cassetti e specchiere sono nudi: Ana aspetta qui le sue amiche mentre pensa che forse loro quattro insieme riusciranno a vestirlo un po’.

La loro presenza, i loro lunghi racconti colorano lentamente le pareti delle casa e la loro vita riempie le pagine di questo bellissimo libro.

Ana, Maria, Isabel e Sara si sono conosciute durante gli anni Settanta all’Istituto di Ricerca dell’Università di Santiago. Provenienti da un diverso tipo di educazione, di clima familiare e di ceto sociale hanno tessuto le loro storie con mani grosse, forti e nude, mani che, come sottolinea Ana, non conoscevano l’ozio. Strette da profondi legami, la loro vita quotidiana, intellettuale e affettiva era totalmente assorbita dalla politica e dal partito.

Ognuna di loro vive questi anni di militanza accettando come normalità una vita fatta di viaggi, di notti in case prestate, di paesi socialisti, di clandestinità e d’esilio. Il racconto dell’esperienza politica c:immin:i parallelamente al percorso sentimentale che ognuna delle quattro donne vive. Il modo in cui ognuna di loro ha di percepire, vivere l’amore, relazionarsi con i sentimenti è profondamente diverso ma indissolubilmente legato al loro passato, al loro legame invisibile, ma permanente, che unisce il presente e l’infanzia.

Alla continua ricerca dell’amore, ognuna a suo modo, vive passioni travolgenti o diviene schiava di una casa con un marito-padrone. La voglia di ribellione, i sensi del pudore, i dubbi e le sfrontatezze convivono in questa generazione di donne coraggiose e deboli al tempo stesso.

Ana, Maria, Sara e lsabel rappresentano l’inizio di una lotta tormentata dove la conquista di determinati diritti è coincisa spesso con una profonda crisi di identità. La loro ribellione culturale e politica intrapresa durante gli anni di dittatura è cominciata all’insegna della bandiera del collettivismo dove le esigenze del popolo venivano indiscutibilmente prima dell’io. Proprio perché quel momento storico è stato un periodo di transizione, rimodellato e trasformato nell’arco di un ventennio, la forza di queste donne si è circondata di una fragile membrana di vulnerabilità. Quelli che all’inizio erano dei credo, il marxismo e il leninismo, con gli anni furono ridimensionati e una generazione di tenaci e ostinati diventò una generazione in crisi, pervasa da dubbi e incertezze. A scontare le spese di una storia che cambia e si evolve è sicuramente la vita pubblica e privata di una generazione che si è formata su determinati valori illudendosi, a torto o a ragione, di possedere la verità.

Gli amori di queste donne, il loro modo di comunicare con il sesso maschile, la loro vita affettiva, il loro stesso rapporto di amicizia è stato certamente segnato dal doversi sempre confrontare e adattare a un comportamento di relazioni sociali fatto di nuovi codici e diversi meccanismi. La percezione del concetto di famiglia, di maternità, di indipendenza e autosufficienza costituiscono l’intricato groviglio di dubbi e certezze che caratterizza le vite diverse, ma sempre parallele delle quattro amiche.

Sono gli anni Novanta: sono crollati i socialismi reali, in America Latina sono finite le dittature di regime. Sono passati di moda certi miti, progetti di società diverse e determinate ideologie. Soffiano venti nuovi.

Ana e le sue amiche si sono sedute tutte e quattro sulla veranda, si sono accomodate sulle seggiole a dondolo di fronte alla vista magnifica del lago al tramonto. Ricordano, esorcizzano. I fiumi di parole che escono dalle bocche hanno la funzione di sbrogliare il nodo della matassa, di risalire a una lontana profezia fatta loro da una vecchia zingara. La carta di ori che non hanno mai trovato forse è già presente nei nuovi venti la cui brezza stanno cominciando a respirare.

Paola Mazza

 

Marcela Serrano, nata a Santiago del Cile nel 1951, è una delle voci più importanti della narrativa sudamericana. Si è diplomata in incisione e ha lavorato in diversi settori di arti visive a Roma e nel suo paese. Attualmente dirige l’Istituto Profesional de Arte ‟Vicente Pérez Rosales” dell’Università di Santiago. Con Feltrinelli ha pubblicato: Noi che ci vogliamo così bene (1996), che ha vinto in Francia il premio Côté des Femmes, Il tempo di Blanca (1998), L’albergo delle donne tristi (1999), Antigua, vita mia (2000), Nostra Signora della Solitudine (2001), Quel che c’è nel mio cuore (2002), Arrivederci piccole donne (2004), I quaderni del pianto (2007), Dieci donne (2011; ‟Audiolibri Emons-Feltrinelli”, 2012), Adorata nemica mia (2013; ‟Audiolibri Emons-Feltrinelli”, 2014) e Il giardino di Amelia (2016).

© Biografia tratta dal sito feltrinellieditore.it