Anno 1 | Numero 7 | Aprile 1998

Il mio libro si intitola Una particolare forma di anestesia chiamata morte. Sono otto racconti. Il titolo non c’entra niente con il contenuto dei racconti, anche se vi sono descritte ogni tanto delle morti. È una frase (quella del titolo) che dev’essere intesa in senso ironico, sapete quel macabro umorismo britannico. Gli otto racconti sono molto diversi tra loro, per argomenti e linguaggi. Questo si nota subito, credo.

Il primo racconto è un’annunciazione, una storia cioè in cui un angelo deve riferire un messaggio di Dio ad una persona predestinata. Nel mio racconto l’angelo è un ragazzo omosessuale, Dio è un editore famoso e la madonna è un transessuale, prima uomo e poi donna. L’idea di un racconto del genere mi è venuta osservando l’Annunciazione del cestello di Botticelli. Non so se avete presente. Il paesaggio fiammingo sullo sfondo. Il pavimento con le mattonelle. Tutte cose che possono spingere una persona a scrivere un racconto così.

Il secondo racconto narra di un giornalista che si ritrova a filmare un paese croato avvelenato dai gas dei serbi. Alla base di questo racconto c’è una certa idea di morte come movimento cinematografico, e la sua consapevole negazione. Cioè, nei film quando c’è il cattivo che sta sparando da un tetto e poi viene colpito non succede mai che semplicemente muoia lì sul tetto, no, tutte le volte deve per forza cadere giù rovinosamente, in qualsiasi posizione fosse. Ecco, il racconto in sostanza è questo, la descrizione di un certo numero di persone che muoiono, descrizioni che dovrebbero sembrare più realistiche della media semplicemente per l’assenza di coreografia, cioè per il fatto che i morti restano sul tetto.

Nel terzo racconto una figlia di testimoni di Geova si convince che il terribile serial killer mostrato dalla televisione è in realtà la reincarnazione di Gesù Cristo. L’ho scritto per un sacco di motivi, tra cui anche il fatto che i serial killer ricevono lettere d’amore dalle regazzine adolescenti e io no. Adesso comunque le ricevo anch’io.

In un altro racconto un ragazzo tenta di ritardare la sua eiaculazione per mezzo di immagini mentali sempre più orribili, accorgendosi invece che queste immagini anziché disgustarlo lo eccitano sempre più. Il sesso è una cosa molto strana.

Nel racconto dopo un veliero si ritrova in mezzo ad una bonaccia e allora l’equipaggio costruisce una vela subacquea per sfruttare la Grande Onda, quando questa arriverà.

Poi c’è una tossica che ci racconta di cercare disperatamente il suo spacciatore nei vicoli di Genova infestati da ronde di quartiere, per portare la dose al suo uomo. A quanti siano? Sei.

Il settimo parla di un immunologo che si convince a poco a poco che l’Aids non esiste. E un racconto sulla paranoia, in sostanza. Sulla tipica paranoia americana, alimentata dalla potenza delle case farmaceutiche.

E poi c’è un ultimo racconto, in cui un venditore di ombrelli si innamora di un angelo venuto a cancellare le parole di troppo. L’idea alla base di questo racconto è che ci siano troppe parole di troppo.

Che dire di questi racconti? Boh. Non so se ci sia qualcosa che li unisca tutti e otto, un tema comune, a parte il fatto che li ho scritti tutti e otto io. Non credo che ci sia. Però a volerlo proprio trovare per forza c’è da notare ad esempio che quasi tutti sono monologhi. Questo perché trovo che la prima persona sia tecnicamente più semplice da gestire. Come lettore trovo che gli scritti scritti in prima persona siano scritti più avvincenti.

Mi direte che la caratteristica più appariscente del libro è la varietà dei registri linguistici, e vorrete sapere cosa ne penso. È una cosa che constato io stesso con grande stupore. Come mai il libro mi è venuto così? Boh. Credo che derivi anche questo dall’uso della prima persona. Forse perché per ogni personaggio vorrei creare una lingua che sia di quel personaggio particolare e basta, o qualcosa del genere. Ma è difficile da sapere con certezza. Di solito quando me lo chiedono invento.

L’autobiografia del 1998

Sono nato a Padova nel 1970 ma poi per fortuna i miei genitori si sono trasferiti qui nella depressissima Genova. Ho fatto ragioneria, poi mi sono iscritto a Economia & Commercio. Mi mancano due esami, ma non credo che mi laureerò mai. In compenso sono redattore della più bella rivista di letteratura scritta esistente oggi in Italia, Maltese narrazioni.

Il libro nel 1998


Matteo Galiazzo
UNA PARTICOLARE FORMA DI ANESTESIA CHIAMATA MORTE
Einaudi 1997, pp. 133
L. 20.000

 

Una pagina da: “Una particolare forma di anestesia chiamata morte”

Sta scritto che l’angelo entrò in casa e le disse: «Ti saluto, Maria! Il Signore è con te: egli ti ha colmata della sua grazia» ma c’è invece questo ragazzo sull’autobus con i capelli che gli ondulano verso il basso per almeno un cubito emmezzo, appeso agli appositi sostegni e che quando lo vedono tutte si controllano se la borsetta è ancora chiusa e sembrano girate dall’altra parte ma hanno piazzato vedette nelle loro code dell’occhio, e quando arriva la loro fermata scendono, e quando sono scese si girano ancora una volta per vedere se anche lui è sceso, e quando sono girate pestano una merda perché sono feroci le vie attraverso le quali il Signore si vendica.

Il ragazzo non scende, comunque, lui c’ha tutti dei pensieri ai quali dar retta e ai quali star dietro, lo ha chiamato al telefono un editore lontano, famoso come l’insegna di un negozio in franchising, gli ha detto «Bravo!» e anche «Mandaci dell’altro» ma soprattutto «Ne faremo un libro», e i pensieri del ragazzo ronzano attorno a queste frasi che l’editore lontano e famoso gli ha detto, non dico che ci ronzano attorno perché i pensieri del ragazzo sono mosche e le frasi dell’editore lontano sono stronzate dico che il ragazzo è su questo autobus per andare a prendere il dell’altro che l’editore aspetta.

Se chiedete al ragazzo «Dove ti stanno portando questo grande autobus e questi tuoi ronzanti pensieri», lui vi guarda e risponde: «Sto andando in un posto che la mia mano destra conosce molto bene, perché sette volte sette ha scritto l’indirizzo del posto sopra quarantanove buste diverse, ed è là che per la prima volta ho fatto l’amore, e quella è la casa del ragazzo con cui l’ho fatto. Ricordo in modo nitido almeno tredicimilaseicentosettantotto spirali rosse formate dai capelli di LUI». «E questo è tutto?» chiederete voi. «No, lì c’è anche dell’altro, ci sono le quarantanove lettere d’amore che gli ho scritto e di cui non ho conservato copia», vi risponderà lui.

La biografia oggi

Matteo Galiazzo è nato nel 1970. Ha pubblicato per Einaudi Una particolare forma di anestesia chiamata morte (1997), Cargo (1999) e Il mondo è posteggiato in discesa (2002). Poi ha smesso di scrivere. Negli ultimi anni i suoi libri sono stati rieditati in e-book nella collana Laurana Reloaded. Nel 2012, raccogliendo testi inediti o precedentemente pubblicati in riviste, Indiana Editore ha pubblicato Sinapsi, opere postume di autore ancora in vita.

Il libro oggi

Matteo Galiazzo
Una particolare forma di anestesia chiamata morte
Laurana Editore, 2015
Collana: Reloaded
Formato: epub
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Su exlibris20 potete leggere anche un’intervista a Matteo Galiazzo.