Per una lira è il titolo di una canzone di Lucio Battisti che comincia così: Per una lira io vendo tutti i sogni miei. E poi la voce a strisce di Battisti racconta la storia di qualcuno che a malincuore si distacca da una parte di sé. Ascoltandola, ho sempre pensato a chi scrive. In particolare agli esordienti. Chi, per la prima volta (e spesso per una lira) consegna il proprio destino al mondo. Nell’incertezza e nell’imprecisione, un esordio insegna a scrivere più di un capolavoro (anche quando le due cose coincidono: David Foster Wallace, La scopa del sistema, 1987). Per una lira è uno spazio dove leggendo le nuove voci della narrativa, italiana e straniera, metteremo in luce alcuni aspetti di un romanzo legati al gesto dello scrivere per la prima volta, ovvero alla scoperta della propria voce.

Alessandra Minervini, scrittrice, editor e writing coach. Il suo primo romanzo si intitola Overlove, LiberAria 2016. Il suo sito è alessandraminervini.info. Qui gli articoli pubblicati su exlibris20.


Megan Nolan, Atti di sottomissione, Trad. di Tiziana Lo Porto, NN editore 2021

Quando lei, giovane e travolta dalla Dublino notturna, incontra lui, Ciaran, bello e risoluto, succede qualcosa di semplice e straordinario: l’attrazione rompe gli argini, si mescola alle fragilità e alle paure, diventa il significato stesso del vivere. Nasce così una relazione che per la protagonista è un alternarsi di estasi e sofferenza, di gelosia sfrenata unita a un piacere così intenso e bruciante da creare dipendenza: lei vuole annullarsi nel corpo di lui, dissolversi nei desideri fino a non lasciare più spazio alla propria identità. Mentre Ciaran, uomo emotivamente incapace e ferito, non trattiene i propri atteggiamenti malsani e crudeli. Fino all’epilogo, distruttivo e liberatorio, che apre la strada a una fuga e una rinascita.
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Lezione n. 36

Scrivere il corpo

Nella postfazione di Lolita Vladimir Nabokov, a proposito di oscenità e banalità in letteratura, denuncia le critiche che gli furono rivolte perché si aspettavano dalla storia una maggiore oscenità intesa come pornografia. Un’evidenza narrativa. Mentre lui accenna, nomina, mostra fino a un certo punto. Costruisce intorno a un’ossessione amorosa il mistero dei sentimenti umani e del corpo che li genera. A questo pensavo leggendo Atti di sottomissione, in cui osceno non è il sesso e meno che mai il corpo. Osceno è il cuore, disposto a diventare tutto per un uomo e fino a trasformarsi in nulla. In Un niente più grande, per citare una sacerdotessa dei sentimenti mancanti come Mariangela Gualtieri. Atti di sottomissione dell’esordiente, irlandese e trentenne, Megan Nolan ha conquistato notorietà da più parti. Dalle sue tante lettrici è considerata una storia di anti-amore, molte di loro si sono sentite più protette leggendo gli impeti crudelmente auto-distruttivi di Nolan che in mezzo a qualsiasi tag #nowomannocry dell’ultim’ora.

Ero davvero felice quando sembravo felice. Sono incapace di mentire sui miei sentimenti, è solo che i sentimenti non hanno alcuna coerenza, non rimangono costanti da un’ora all’altra.

L’amore come contenitore di scelte sbagliate eppure agli occhi della protagonista giustissime, come quasi giustissimo è lo stupro subito. Lo mette subito in campo, facendo presente al lettore, a cui si rivolge direttamente quasi a convincere se stessa che non esiste torto nel dolore ma nell’autocompiacimento dello stesso.

“A farmi arrabbiare di più non è stato l’atto del sesso non voluto, ma il tedioso promemoria che gli uomini spesso possono fare ciò che vogliono e che alcuni di loro lo fanno. Lo so che non è di moda parlare di stupro come fosse sesso (…) ma a me è sembrato molto simile al sesso. Da un punto di vista puramente fisico non è stato poi così diverso da alcune esperienze di brutto sesso consensuale (…).”

Quando i sentimenti di un personaggio passano attraverso la pelle e il corpo, la narrazione deve abbandonarsi a una volontà estetica, come direbbe Nabokov. Non serve puntare il dito, spiegare né indicare. Scrivere attraverso il corpo è indagare profondamente le relazioni umane, senza ambizioni didattiche. La sofferenza in una pagina scritta è reale quanto più si allontana dal dolore, quanto è più simile a una spia luminosa, la stessa che si scatena nelle storie di Nabokov come in quella di Nolan. Non perché le loro scritture siano simili. E allora a che serve mettere insieme la ragazzina volitiva più famosa della letteratura con questa new entry spregevole perfino a se stessa? Serve a capire insieme che senso ha scrivere sul e attraverso il  corpo dei personaggi. Il racconto del corpo in entrambi è simile, in quanto simile è il punto di vista da cui lo si racconta. Nolan prende la protagonista dalla collottola per supplicarla affinché non smetta di soffrire e non smetta di vivere dentro quel fuoco, in apparenza di finzione, che l’amore per un uomo tanto piccolo quanto violento la costringe. Humbert Humbert non vorrebbe mai che il corpo giovane della sua amata finisse, a costo di sentirsi da questo umiliato per sempre.

Scrivere d’amore è difficile, banale. Spesso noioso come ascoltare chi dall’amore si sente ferito. Quello di Nolan non è proprio un romanzo di anti-amore. Ma molto di più. È un romanzo di anti gne-gne. La saggia, per certi versi inarrivabile, consapevolezza con cui la protagonista nuota nello schifo, spesso rischiando di annegare, le consente di non fare il gioco noiosissimo del pollice verso/pollice dritto contro qualcuno o qualcosa. L’amore, e il corpo che dell’amore è il dardo malefico, è una piccola silenziosa esplosione di famigliare tepore che risveglia anche i cuori più catatonici. Una spia luminosa.

Atti di sottomissione è un’opera prima, eppure sembra di averla letta da sempre. Al posto delle favole della buonanotte, con i dettagli più macabri che si possano promettere a chi si ama (male) e a se stessi (malissimo).

“Soffrivo moltissimo, le bugie e le omissioni, i sorrisi e gli orgasmi che dovevo fingere. Ma non era la prima volta. Sapevo che sarebbe passata. Una persona può abituarsi a tutto.”

Bisognerebbe rendere ufficiale la maleducazione sentimentale almeno nella finzione letteraria. Disimparare dal corpo, ripulirlo dai sensi di colpa come un altare pagano dalla frutta marcia. Ricominciare a sentire l’amore attraverso le mani e i piedi e gli occhi. Questo sembra promettere a se stessa la protagonista.

“Nessuno che mi ami da adesso in poi potrà mai sapere, sapere veramente, credere veramente che un tempo sono stata una bambina bellissima.”

Gli occhi di una volta possono tornare. Basta tenerli aperti, smettere di chiuderli e lasciarsi guardare. 

Piccola bibliografia per chi vuole scrivere


Vladimir Nabokov, Lolita, Adelphi 1996
Mariangela Gualtieri, Bestia di gioia, Einaudi 2010
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