Dedicare un libro “a chi non sa dove andare” presuppone che nelle pagine pronte ad aprirsi come finestre davanti a noi, ci sia insita una luce capace di farci strada dentro il nostro spaesamento.
È così che si apre Non esisto di Alberto Schiavone edito da Edizioni Clichy nella collana Place d’Italie: con un presupposto di speranza sottile che si disvela, acuto, parola dopo parola diventando una carezza della sera, il pretesto scatenante della sola rivoluzione possibile.
Nessuno sa qual è il punto finale di un essere umano, leggiamo tra le pagine. Nessuno però conosce nemmeno quando una vita può dirsi pronta a ricominciare.
Non esisto è la storia di Maria, una ex detenuta che, appena uscita dal carcere, tenta faticosamente di ricostruire la propria esistenza. La vicenda ha inizio nel momento in cui i cancelli del carcere si chiudono dietro di lei, riportandola in quel “mare aperto che chiamiamo libertà”.
Del motivo per cui sia finita dietro le sbarre e della sua vita durante gli anni di detenzione viene detto poco o nulla. I suoi ricordi sono frammenti scontornati che non fanno di certo una storia a sé ma che si imprimono con chiarezza nelle suggestioni di questa donna rigettata nuovamente nel mondo.
Schiavone, infatti, si concentra su quanto avviene dopo o, meglio, su quello che potenzialmente nel mondo esterno, il mondo reale, potrebbe accadere dando voce alla fatica, alla paura, alla fragilità del ricominciare.
Camminando sulle punte di una storia intima e toccante, si entra nei pensieri e nelle sensazioni di Maria, nei suoi non detti, nelle perplessità a muoversi con disinvoltura in una quotidianità spietata che non fa sconti a nessuno, specie a chi ha sbagliato.
L’autore ci accompagna tra passato e presente di Maria, tracciando i contorni netti di una di una solitudine pungente e infrangibile, rielaborata adesso come demerito, condanna, espiazione e che spesso spinge la protagonista a sentire la mancanza del carcere, di un presente ovattante che preservava dall’ignoto congelando il tempo.
Alla fine, ci si ritrova a chiedersi quale sia la vera prigionia, quale, ancora, la libertà più autentica.
Non esisto con parole leggere, capaci di scavare nell’intima contraddizione di ognuno, tratteggia un’indagine su un cambiamento interiore che si rispecchia, straniante, all’esterno.
Quando in noi qualcosa muta, quando dopo un tortuoso conoscerci e sperimentare ci percepiamo diversi, stentiamo poi a riconoscerci nel passato che ci appartiene percependolo come “una cena pesante” che sta qui sullo stomaco a farci maledire l’abbuffata della sera prima. Così come gli sbagli, i rimorsi, le pagine di calendario strappate via, il tempo ricucito davanti a un bicchiere sempre più amaro, ancora più duro.
“È difficile imparare da soli a non aver paura”.
Schiavone racconta una donna in cammino e, assieme, in bilico tra smarrimento e speranza e in questo suo andare, denso di salite e discese a valle, la sorregge e la accompagna offrendole parole per esorcizzare il proprio passato, accoglierlo e rielaborarlo vincendo la paura.
Perché forse è proprio da questo che, alla fine, si riparte: dalla constatazione che a vivere si diventa fragili, ma che è inaspettatamente dalle strade sterrate della fragilità che è possibile continuare a camminare.
Lorena Carella
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