Anno 1 | Numero 3 | Novembre 1997

Dei molti modi a disposizione del poeta che voglia avvicinare le cose e dare loro voce, José Saramago sceglie quello solo apparentemente più ovvio: fare delle cose altrettanti specchi rifrangenti della vita e (di alcuni) dei suoi infiniti scenari.

Con Oggetto quasi (Einaudi), ultimo regalo ai lettori italiani, il cantastorie portoghese si serve di una raccolta di racconti per allestire una galleria di oggetti, rendendoli protagonisti di svariate situazioni e facendone altrettanti pretesti per aprire prospettive insolite sulla realtà. In Sedia, l’aneddoto storico della fine di Salazar diventa partitura di uno struggente canto sulla fragilità di qualunque altare umano; in Embargo, il protagonista umano cade vittima dell’illusione di guidare il proprio destino verso una meta sconosciuta e scelta in anticipo. Riflusso ci ricorda che proprio la morte può essere l’alleata più fedele della vita, se è vero che solo la costruzione di un immenso cimitero (ordinata da un sovrano aspirante dell’immortalità, secondo un progetto destinato a scontare la stessa congenita impossibilità di realizzazione del compito affidato all’agrimensore del Castello kafkiano) riesce a ridestare dal torpore e dall’apatia gli abitanti del regno, nel quale resti di morte e di distruzioni antiche divengono materia prima di speranza e motori di iniziativa. L’illustrazione della natura bifronte degli oggetti raggiunge il culmine in Cose: la silenziosa, inarrestabile scomparsa di tutti gli arredi della nostra quotidianità, misteriosamente inghiottiti da un ingannevole nulla, sospinge il lettore verso l’ultima pagina, trattenendolo col fiato sospeso fino all’imprevedibile colpo di scena finale. Le doti di narratore di Saramago sono infine esaltate dai toni evocativi e sommessi dei racconti che concludono la raccolta, Centauro e Rivincita: in essi (soprattutto nel primo), la dolcezza della prosa serve a rendere più trasparente l’opera delicata di interpretazione in controluce della realtà e dei sentimenti.

Non saremmo perciò stupiti se ci accadesse di scorgere, sul volto del lettore che abbia appena passato in rassegna l’intera galleria, un piccolo lago luminoso, che scintilla sulla pelle, scivola lentamente verso la bocca, la riscalda: proprio come sul volto del Centauro. E solo allora, forse, noi e il lettore potremo dire di essere testimoni affidabili della realtà, resi tali dal tremore e dalla commozione che ci assalgono ogni volta che intravediamo il volto nascosto delle cose.

Federica Gioia

 

José Saramago è nato nel 1922 ad Azinhaga, in Portogallo. Due anni dopo la sua nascita, la famiglia dello scrittore si trasferisce a Lisbona dove il padre lavora come poliziotto. Le difficoltà economiche in cui la famiglia versa, lo costringono ad abbandonare gli studi e a intraprendere diversi lavori. Fa così il fabbro, il disegnatore, il correttore di bozze, il traduttore, il giornalista, e il direttore letterario e di produzione in una casa editrice.
Nel 1947 pubblica il suo primo romanzo, Terra del peccato che riceve una tiepida accoglienza. Sono gli anni bui della dittatura di Salazar: Saramago subisce costantemente la censura del regime sui suoi scritti giornalistici ed è tenuto sotto controllo dalla Pide, la polizia politica salazariana, a cui riesce sempre a sfuggire, anche quando – nel 1959 – si iscrive al Partito comunista portoghese, allora clandestino.
Negli anni sessanta l’attività pubblicistica di Saramago è indirizzata verso la critica letteraria, e nel 1966 dà alle stampe la sua prima raccolta di poesie, I poemi possibili. Seguono, nel 1970 la raccolta Probabilmente allegria e le cronache Di questo e d’altro mondo del 1971, Il bagaglio del viaggiatore del 1973 e Le opinioni che DL ebbe del 1974.
Nel 1974, l’anno della ‟Rivoluzione dei Garofani” – il colpo di Stato militare che sancisce la fine del regime fascista in Portogallo – si apre una nuova fase nell’attività letteraria di Saramago che si concretizza nel romanzo del 1977 Manuale di pittura e calligrafia, mentre l’anno successivo pubblica Una terra chiamata Alentejo. Sempre in questo periodo scrive per il teatro (La notte, 1979 e Cosa ne farò di questo libro?) un attività che continuerà anche negli anni successivi (La seconda vita di Francesco d’Assisi, 1987; In Nomine Dei, 1993 e Don Giovanni, o Il dissoluto assolto del 2005).
Nel 1982 pubblica Memoriale del convento (edito in Italia da Feltrinelli nel 1984), il romanzo che gli dà notorietà a livello internazionale. Seguono L’anno della morte di Ricardo Reis (1984; Feltrinelli, 1985), La zattera di pietra (1986), Storia dell’assedio di Lisbona (1989). Negli anni novanta escono Il vangelo secondo Gesù Cristo (1991), Cecità (1995) e Tutti i nomi (1997). Il primo decennio del 2000 è il più prolifico dell’attività di scrittore di Saramago, che dà alle stampe ben sette romanzi: La caverna (2001), L’uomo duplicato (2002), Saggio sulla lucidità (2004), Le intermittenze della morte (2005), Le piccole memorie (2006), Il viaggio dell’elefante (2008) e Caino (2009).
Nel 1998 gli viene assegnato il premio Nobel per la letteratura, riconoscimento che suscitò molte polemiche nel mondo cattolico per le sue ben note posizioni antireligiose. Polemiche che lo hanno fatto decidere di trasferirsi a Lanzarote, nelle isole Canarie.
È morto nel giugno 2010. Feltrinelli sta pubblicando l’intera sua opera.

Dal sito www.feltrinellieditore.it

 

In libreria

José Saramago
Oggetto quasi
Feltrinelli, 2014
Collana: Universale Economica
136 p., brossura
€ 9,00

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