Sembra un libro per bambini, o un manuale di bricolage. Forse è un po’ uno e un po’ l’altro o nessuna di queste cose. Osserva, smonta, ricicla. Ovvero l’arte dello smonting, edito da Topipittori nel 2024, è un libro che merita una lettura curiosa, al di fuori di ogni canone letterario. Perché entrare nell’arte dello “smonting”, così come definisco gli autori l’arte di smontare gli oggetti, può rivelare molte sorprese. E soprattutto raccontare molte storie.

Prima di tutto, questi esperti smontatori pongono delle regole: “smontare oggetti è come esplorare nuovi territori”, “lo Smonting è un’esperienza formativa: impone osservazione e autocontrollo” e inoltre, regola più importante, “smontare non è rompere”. Occorre avere rispetto delle cose, di quello che sono state, di ciò che hanno rappresentato per chi le ha usate e, prima ancora di intervenire con cacciavite e pinza, occorre lavorare sugli oggetti con le parole. Bisogna porsi delle domande. Ed è qui che il senso di questo libro supera la tecnica manuale o il semplice bricolage per diventare altro: una riflessione sul mondo che ci circonda che è arredato da cose e anzi proprio grazie ad esse entra in relazione con noi.

Gli artefatti umani, come insegna la teoria del design, altro non sono che tentativi sottili e arguti per addomesticare il mondo, il nostro habitat, e renderlo progressivamente sempre più adeguato all’essere umano. Ma nella quantità abnorme di oggetti che popolano i nostri scenari quotidiani, questa evidenza logica sembra essere venuta meno e, il più delle volte, degli oggetti che ci circondano sappiamo poco e niente, sono semplicemente cose a cui rivolgiamo sguardi distratti e di cui presto ci stancheremo.

Il filosofo spagnolo Ortega Y Gasset definiva la società contemporanea come la “società del pieno”. E noi, in effetti, siamo pieni di cose. I nostri armadi, le nostre scrivanie, le nostre dispense sono piene di oggetti che entrano magicamente, fugacemente e altrettanto rapidamente spariscono. Senza aver avuto neanche la possibilità di dirci nulla.

Ecco perché serve smontare: vuol dire donare la parola alle cose che aprendosi letteralmente ci racconteranno come sono fatte, da chi, perché proprio in quel modo, con quali materiali e dove.

Il libro propone un esaustivo catalogo di componenti e materiali, dimostrando come in un oggetto possono confluire materie prime provenienti da luoghi lontanissimi. Per questo lo smonting ci trasforma in “minatori urbani” capaci di trovare l’oro anche dove mai ce lo aspetteremmo: nelle schede elettroniche. Ed allora, smontandole, “le cose che pensiamo non servano più diventano strumenti didattici da cui estrarre conoscenze ed esperienze danno significato a espressioni come sostenibilità, miniere urbane, economia circolare, creatività e relazione umana.”

L’operazione di lenta parcellizzazione degli oggetti diventa così un modo per entrare, è il caso di dirlo, “nel vivo delle cose”, una modalità speciale per recuperare ragione, storia, senso e cultura troppo spesso sepolte dietro spessi strati di plastica. E se questo non dovesse bastare a convincerci a impugnare un cacciavite a stella, bisognerà comunque arrendersi all’evidenza che occorre: “Smontare il mondo per rimontarlo migliore”.  Può essere una triste evidenza o un invito all’azione. Dipende sempre tutto dal punto di vista con cui si decidiamo di guardare le cose.

Loredana La Fortuna