Numero 12 | Settembre 1998

«A noi due adesso!»
Ma come «A noi due adesso»? E tu che hai seguito questa storia per quasi 250 pagine. Alle ore più impensate del giorno e della notte. Nei ritagli di tempo. Davanti a tramezzini o a un paio di mandaranci. Assaporando cibo e parole. Anzi, più spesso lasciavi i pasti sbocconcellati ma divoravi le parole. Forse senza accorgertene. L’idea di fare il contrario non ti sfiorava nemmeno. Dopo tutta questa devozione, tu diavolo d’un Balzac, mi abbandoni nella porta d’ingresso, ormai spalancata dalla chiave di Papà Goriot, di quella mastodontica cattedrale che è la Comédie Humaine.
E io, semplice e ingenua lettrice, mi sono trovata incollata alla ragnatela della tua narrazione. In fondo accetto anche la sfida che Eugène de Rastignac lancia alla fine di quelle pagine, dubbiosa se sia veramente la signora de Nucingen a doverle temere, la società d’allora o io, noi, i lettori.
Comunque sia, è il loro suono che intriga. E si va avanti.

Papà Goriot è stato, per me, più come andare al cinema che leggere un libro. Balzac ha saputo muovere a regola d’arte i suoi attori in quel set che era la Parigi di inizio secolo. Presenta la città, con le sue strade attorcigliate, contorte, caotiche, impregnate, divisa in due. La parte alta e quella di confine. Ad ogni modo un inferno corrotto. Si comincia con una zoomata che si insinua dalle strade malmesse fino all’interno di un vero tugurio: la pensione Vauquer. Questa, al contrario di un’ostrica, non racchiude perle, ma poveri diavoli. Alcuni allo stato embrionale, incorrotti, in fase di formazione, Eugène de Rastignac, M.lle Taillefer. Altri già formati, o meglio deformati e divorati dai vizi, le passioni, le avidità, M.me Vauquer, Vautrin, papà Goriot. Anche salendo nella parte bene la storia è sempre la stessa. La corruzione quella, la natura umana fallace.

M.me de Restaud, M.me de Beauséant, M.me de Nucingen, delle donne e niente altro. Mogli infelici, traditrici, pronte a vendere se stesse per un vestito nuovo e partecipare al ballo più alla moda. E in mezzo a questo vortice, un puro come Rastignac dovrà costruirsi la sua strada. Scegliere tra il vizio, il piacere mostratogli da Vautrin, l’uomo furbo, satanico che ha capito come va il mondo («non ci sono leggi ma solo circostanze») o la rischiosa irrazionalità cui può condurre una passione, come quella di papà Goriot per le sue figlie. Un uomo che quando è diventato padre ha capito Dio, e ha passato una vita a risparmiare per le due figlie, che, come al solito, dimostrano una irriconoscenza frivola e leggera. Morirà, dopo un’agonia volutamente melodrammatica, soffrendo da cani e solo come un cane.
I toni e i colori usati da Balzac sono tutti forti. Ama l’esagerazione. La esaspera persino. Ci sono pagine tragiche e d’effetto. Il suo è un cinema barocco. Portato all’eccesso. Vuole commuovere e far ridere e prendere in giro e anche annoiare se è il caso. Ti assale e rintrona. Mentre il lettore/spettatore sta lì e subisce i suoi assalti senza più far caso alle défaillances e agli errori temporali della narrazione. Non ti importa più di tanto. Ormai ti ha preso nel vortice, impedendoti di fare qualsiasi altra domanda, se non quelle che lui ti vuole far fare. È diabolico.

Ma la vera grandezza sta nel riuscire a farti dimenticare che sta parlando della Parigi di fine ‘800. Una volta messo piede a casa Vauquer, il tempo smette di esistere. E quei diavoli di pensionanti, insieme a quelli che abitano la città, sia dei bassifondi che dei Palazzi, diventano improvvisamente i tuoi vicini di casa, il pastaio, il delinquente, le signore impellicciate, le timide. Come se la corte dei miracoli che vive in Papà Goriot, sia rimasta cristallizzata e riproducibile in qualsiasi momento o epoca o casa.
Ripensandoci Balzac ha solo vinto la sua sfida.

Claudia Del Piero

 

«L’ultimo sospiro di quel padre doveva essere di gioia. Quel sospiro fa la sintesi di tutta la sua vita. Ancora una volta s’ingannava.»
Honoré de Balzac

In libreria

Papà GoriotHonoré de Balzac
Papà Goriot
Mondadori, 2018
Collana: Oscar classici
Traduzione di G. Pallavicini Caffarelli
306 p., brossura
€ 14,00

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