Paradiso è il nuovo romanzo di Michele Masneri, giornalista de “Il Foglio”. Con Adelphi ha pubblicato il reportage narrativo Steve Jobs non abita più qui e con la casa editrice Quodlibet, un saggio di critica letteraria sullo scrittore Alberto Arbasino, Stile Alberto. Non è la prima volta che Masneri scrive un romanzo di narrativa non di genere. Il precedente, edito da Minimum Fax, Addio, Monti, può sembrare per sinossi, solo in apparenza, similare a Paradiso. Non possono tuttavia essere considerati due prodotti editoriali analoghi, in quanto ogni personaggio, di ogni trama di Masneri, è la concausa della grande conoscenza e presa di coscienza del suo ambiente, in cui l’indagine psicologica e sociologica diventa lucida e mai di ingannevole giudizio.

Federico Desideri, giornalista con un carattere idealista, incastrato tra le maglie di una Milano dalla spregiudicatezza lavorativa arrogante, riceve un nuovo incarico dal suo capo: intervistare il regista italiano più acclamato dalla critica, vincitore del premio Oscar, Mario Maresca.

Federico parte quindi per Roma, pronto per incontrare il regista di “America Latrina” e, a una festa, incontra un personaggio romano che, a detta degli invitati, sarebbe lui il vero ispiratore di Maresca, un italiano amante dell’America, un ex giornalista, Barry Volpicelli.

Maresca pare inafferrabile quanto le ombre dei pini di Roma e Federico, irretito, affascinato da Volpicelli, lo segue in una città che piano piano inghiotte il giornalista milanese, fino a farlo giungere, insieme a questo nuovo mentore, a Paradiso.

Diceva Friedrich Nietzsche in “Così parlò Zarathustra”: “chi va dal prossimo, perché cerca sé stesso, e chi, perché vorrebbe perdersi”.

È quello che capita a Federico a Paradiso, si perde e si ritrova in questo luogo del litorale romano, una sorta di comunità chiusa in cui il tempo, come canta Venditti, “sembra se sia fermato qui”; in cui gli occupanti hanno personalità diverse, molto ben caratterizzate, anime legate da diversi tipi di aggreganti: l’eccentricità, il cinismo, la sofferenza dei sogni infranti, e un minimo comune denominatore paralizzante, il fallimento.

In questo romanzo si possono individuare diversi strati di lettura o differenti chiavi di interpretazione mai celati dall’autore. La sempre eterna lotta atavica tra le “capitali” italiane: Milano, la grande generatrice di una borghesia produttiva che non si è mai piegata, “Milano non si ferma”, che neanche una pandemia è riuscita a sottometterla; e Roma, generatrice, a detta di Masneri, di una borghesia che, a fronte di una impattante decadenza, si inventa ogni tipo di ingegnoso stratagemma per campare fingendo di lavorare.

L’autore illumina, come un seguipersone da teatro, anche tutti gli anfratti in cui il talento artistico può spegnersi innanzi a un mondo spregiudicato e pullulante di cialtroni, sia Roma che Milano ne fanno purtroppo troppo spesso un triste palcoscenico.

Vi sono tanti rimandi e tributi cinematografici in questo libro, note di Sorrentino, Scola, Fellini; come tanti riferimenti letterari, Arbasino e non ultimo, a mio avviso, Calligarich in L’ultima estate in città, per alcuni toni agrodolci nostalgici della indolenza romana. Paradiso è un romanzo indubbiamente autoreferenziale, quindi la domanda può nascere genuina: Masneri ha portato una sua originalità?

L’autore è riuscito in questo intento. Masneri ha raccordato uno scontro culturale e generazionale, due civiltà che provano a innestarsi: il mondo degli influencer e quello della comunità decaduta arenata di Paradiso; portando alla luce le storie e i risvolti umani delle persone coinvolte.

Masneri, gestendo gran parte delle scene con estrema disinvoltura, applicando i crismi della grande commedia italiana, con una prosa sciolta e sicura, svela le carte di mondi che già oggi sono entrati in collisione, il tutto condito con ironica durezza.

Caterina Incerti