L’immagine più famosa correlata al saggio sulla sessualità di Freud è la testa di un uomo che si fonde con la forma di un corpo femminile nudo, ovvero, l’ossessione maschile.

«Le sue labbra s’erano bagnate / allora lei ha preso un tovagliolo e con delicatezza l’ha appoggiato alla bocca: piccola, carnosa, morbida. Se qualcuno m’avesse chiesto che cosa vuoi fare dopo l’università in quel momento gli avrei detto il tovagliolo.»

In ogni cellula del corpo e della mente del protagonista, studente ventiquattrenne, s’annida un surplus di testosterone che gli appanna la lucidità, gli brucia il cervello, gli procura ondate di sperdimenti. Una parte della sua mente cerca di dare una direzione alla vita, tenta di prenderne possesso con la ragione ma i pensieri deragliano e finiscono sempre per prendere la forma di un sedere o di due tette generose. Pochi amici con i quali condividere divertimenti e stordimenti, tante amanti occasionali, un ex fidanzata che lo ha tradito e lasciato, sesso facile per divagare dagli studi e soddisfare bisogni d’amore, questo è il mondo del protagonista. Un mondo nel quale la maggioranza delle ragazze si concede ad una velocità pazzesca e lui, grazie alla loro complicità spudorata o velata, gioca a fare il seduttore schiacciato dalla costante necessità di dominarle sessualmente.

Alcune digressioni restituiscono frammenti remoti grazie alle quali il lettore può frugare nell’infanzia del protagonista, figlio unico di ragazza madre. Una madre che, figlia della sinistra, disinvolta nei rapporti con gli uomini, appare sì presente ma distratta. Gli unici ricordi positivi sembrano quelli allacciati all’immagine dei nonni e del mondo contadino al quale appartengono.

Nel protagonista si sprigiona la voglia di ricerca di un punto fermo al quale aggrapparsi e che finisce per guastare; come nell’incontro casuale ma incisivo con Laura, una bella e famosa indossatrice, di cui lui s’innamora perdutamente. La strada imboccata sembra quella giusta ma poi il protagonista abdica agli istinti propulsivi violenti, cede all’urgenza di concludere l’atto sessuale in modo brutale anche di fronte all’esitazione di lei, sfumando il buono di sé, distruggendo ciò che ama, sfilacciando presente e futuro.

Passo e chiudo si avvale di una prosa frammentata, si dipana attraverso un tessuto giornaliero, un percorso scadenzato che la voce narrante fissa sulle pagine di un diario vero e proprio. L’autore tenta di adattare al protagonista, che in momenti estemporanei della sua vita ha percepito delle voci, un accenno di schizofrenia, ma il disturbo psichiatrico è cosa ben più grave e opprimente di qualche vocina, non tradotta al lettore e spruzzata qua e là.

La storia del protagonista riflette come una superficie d’acqua attraverso la quale il lettore non scorge mai veramente il fondo.

L’originalità dell’esposizione narrativa, che potrebbe spaventare il lettore, è invece il pregio maggiore. Apolloni si è dimostrato spigliato nella scansione della trama, compiacendosi di una scrittura serrata e scarnificata all’estremo, peccato che non abbia voluto scavare abbastanza nella convulsa personalità del protagonista glissando i momenti focali. Non quelli che possono esaltare la trasparenza di un gesto cruento, piuttosto, quelli in grado di illuminare i meandri oscuri della coscienza.

Antonella Martini

In libreria

Francesco Apolloni
Passo e chiudo. Diario di un giovane violento

Minimum Fax, 1997
Collana: Sotterranei
202 p., brossura

Il libro attualmente è fuori catalogo