Anno 1 | Numero 9 | Giugno 1998

In un contesto monotematico dedicato all’erotismo in letteratura, sarebbe troppo scontato dare spazio ad autori per i quali l’erotismo costituisce la fonte principale, se non esclusiva, di ispirazione. Penso, fra i tanti, a Manara, Crepax, Saudelli, Eleuteri Serpieri, Frollo, oltreché a maestri stranieri come Pichard, Stanton, Von Gotha, Taylor…

Andrea Pazienza non appartiene a questa schiera di specialisti. Non appartiene, per la verità, a nessuna schiera di specialisti: non è mai stato artista di genere; non si è mai elettivamente imbrigliato in filone letterario preferito.

Ha sviluppato, invece, fin da giovanissimo, uno stile narrativo molto complesso, ma anche originalissimo ed inconfondibile, capace di raccontare di sé e della sua ricca umanità a prescindere dai generi letterari codificati. Oppure, attraverso qualsiasi genere letterario, inventandone però canoni e rifuggendone i luoghi comuni.

Non potendosi riconoscere nella sua opera una dominante nota erotica, pure si rinviene, nelle successive tappe di maturazione, un riferimento costante, ora esplicito, ora allusivo, ai temi della sessualità e dell’eros.

Quasi, è però l’impressione, senza intenzione, senza badarci troppo. Asseconda, a tutta prima, un sentimento erotico estemporaneo e privo di struttura.

Troppo frammentario per connotare un universo interiore.

Troppo disimpegnato per risultare credibile.

In tutte le cose che ha realizzato – tavole, disegni, storie con o senza narrazione (la narrazione era una specialità del Nostro), vignette – Pazienza ha sempre sacrificato la componente erotica a tematiche, evidentemente più sentite, politiche, sociali, esistenziali.

Eppure questa componente c’è. Soffusa, visibile magari solo in controluce, ma c’è. In pillole, o meglio, in perle disseminate in Pentothal, in Zanardi, nelle vignette satiriche e in tutta la vasta produzione confluita nelle varie raccolte, da Cose d’Apaz a Sturiellet, a Tormenta.

Materiali sparsi, insomma, di cui sarebbe arduo cogliere il filo, se Pazienza stesso non ci avesse dato una mano, proponendosi, appena prima di lasciarci per sempre, per la prima volta, quale autore completamente e consapevolmente erotico.

È del 1987 l’opera Pazeroticus, pubblicata da Glamour International, nella collana The secret book of glamour.

E finalmente affiora sgorgante la vena sotterranea. Finalmente Pazienza ci consegna senza più eludere, la sua ispirazione erotica.

Per chi conosce e ama l’Autore, Pazeroticus costituisce una conferma: un artista sempre fuori dagli schemi non poteva che offrirci il suo proprio, non convenzionale, sentimento erotico. Un erotismo sui generis, che se, da un lato, coerentemente, si sostanzia di seduzione, di eccitazione, di desiderio, di ossessione sessuale, dall’altro, arditamente, si sdrammatizza e si dissacra in uno sberleffo, in una caricatura, in una giocosa nota grafica di fondo che sembra ammonire “Non prendiamoci troppo sul serio”.

Così, Pazeroticus, risulta il frutto di un’alchimia temutissima dagli autori di genere, di un funambolico equilibrio tra ironia ed eros.

I maestri consacrati del fumetto erotico, per lo più lo evitano – Crepax e Serpieri, ad esempio, non ci hanno mai provato – o, se osano, ne ottengono vistose forzature – non va oltre il grottesco il Manara de Il gioco o de Il profumo dell’invisibile -.

Il motivo è chiaro: tradizionalmente ironia ed erotismo si elidono a vicenda; l’ironia mette a nudo il mistero, scopre l’artificio, svela le miserie dell’animo; l’erotismo è mistero, è (anche) artificio, deve darsi sovrastrutture rispetto al puro istinto.

Sia chiaro che per Pazienza quest’unione di opposti non rappresenta né sfida, né un esperimento. Piuttosto un risultato naturale, per un artista che in fondo sorrideva a tutto. Anzitutto di sé.

Pazeroticus non è fatto di storie, ma di tavole. Tavole che rappresentano situazioni erotiche tipiche o, forse, esemplari. Situazioni allegre, spensierate, tristissime, depravate, ciniche, sane, meno sane.

È un breve, ma intenso catalogo di raffigurazioni della sessualità maschile e femminile, concepito come campionario del bello e del brutto. Senza però etichettare né l’uno né l’altro.

Si potrebbe supporre che la cifra dell’opera consista in un gelido distacco, se non in un totale vuoto morale.

Semplicemente, invece, si tratta di partecipante, comprensiva, condiscendente ironia.

Mimmo De Benedetto

 

Per informarsi, scoprire, riscoprire il genio di Andrea Pazienza ecco un sito interamente a lui dedicato http://www.andreapazienza.it/

In libreria

Andrea Pazienza
Pazeroticus
Fandango Libri, 2012
A cura di G. Ferrara
53 p., ill., rilegato con copertina rigida
€ 25,00

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