Ex-Libris-0-8-9

Anno 0 | Numero 8 | Maggio 1997

Il personaggio pensa: forse finiamo per assomigliare alle prime storie che ci raccontano, magari le cose sono semplici fino a questo punto.

Ho qualche dubbio, ma sarebbe bello: assomigliare per sempre a una storia, a chi te l’ha raccontata, al modo in cui l’ha fatto. E allora, bambino in sala d’attesa, ti racconterei  L’ora senz’ombra, perché tu possa assomigliare a un uomo che costruiva utopie a forma di donna o di città, conquistava le prime raccontando, “armato di un lapis rosso e blu”, che le stelle sono “faville alla deriva”, progettava le seconde su isole deserte e piene di pantani, in onore di un tiranno che detestava e le vedeva poi distruggere dal primo atto insurrezionale dei liberatori.

Mi aspetterei da te che ti imprimessi nei geni e nelle vene l’eredità di quest’uomo, accettassi la sua ottusa temerarietà e ne facessi bandiera, la sua sfortuna guerrigliera e la vivessi senza recriminazioni. Andassi ovunque e comunque senza mai chiederti se la strada è giusta e se sì, allora, perché sei il solo a percorrerla, unico spettatore di una partita di pallacanestro con Bill Hataway in campo, e tu, per giunta, innamorato della sua donna e di quel mistero che portava dentro e che “le anime semplici potevano scambiare per qualcosa di sessuale”.

Mi piacerebbe che anche tu esprimessi la tua rabbia e disperazione, il tuo rifiuto dell’insolenza delle persone e dei destini ricorrendo al “linguaggio della tosse”, quello che espelle i sentimenti direttamente dal cuore, via esofago.

E che, infine, dopo aver speso la vita correndo sul vuoto, girando inutilmente intorno e dentro a te stesso, evitando di fermarti davanti a ogni domanda di cui conoscevi già la risposta, confessassi, in un momento triste, solitario e finale: “Ti voglio bene, figlio, sei tu il mio sogno” e poi via, nella notte su un’auto sgangherata come la storia che ti avrò regalato per prima e che tu avrai tramandato al bambino a cui avrai lasciato in eredità il mondo.

Gabriele Romagnoli