Le ultime confessioni di Sylvia P., Lee D. Kravetz trad. Stefano Tummolini, Fazi Editore
Il regalo perfetto per chi legge e rilegge Plath, per chi non l’ha mai letta, per chi interpreta le biografie letterarie come specchi riflessi.
Nel 2019, a più di cinquant’anni dal suicidio di Sylvia Plath, Estee, la curatrice di una casa d’aste del Massachusetts, ritrova per caso il manoscritto originale dell’esordio in prosa di Plath: La campana di vetro. La scoperta sorprendente la porterà a capire di essere legata alla grande scrittrice in un modo che mai avrebbe potuto immaginare. Le tre narratrici, in tempi storici diversi, sono ugualmente ossessionate da Plath e pur essendo frutto della finzione narrativa, come i quaderni e il loro ritrovamento, le loro voci si intrecciano in modo credibile e appassionante a quella che fu la vera vita di Plath. Kravetz romanza come un reportage giornalistico una vita privata e soprattutto emotivamente sedotta dalla vena poetica. La psichiatra Ruth Barnhouse segna nel suo diario l’arrivo nel 1953 di una giovanissima Plath in psichiatria (“La pelle intorno all’occhio era color prugna, gonfia e umida di lacrime come se fosse reduce da un paio di round contro Beau Jack”); la poeta Boston Rhodes, ispirata ad Anne Sexton, si sente soffocare nel gruppo di poesia confessionale diretto da Lowell (persona reale) all’arrivo di Sylvia e sviscera un tema creativo fondamentale quello dell’invidia che nasconde l’amore o viceversa (“Avrà avuto trent’anni, così mi parve, ed era vestita in modo elegante, con un abito rosso, delle scarpe francesi dello stesso colore e labbra velate da un rossetto opaco, rosso anche quello”); infine Estee da cui parte la scintilla narrativa (“Mi considero piuttosto una specie di archeologa, una promotrice di restauri, un maggiordomo della storia, anche se il mio ruolo è essenzialmente quello di una custode”) e che tiene insieme passato presente e infinito di una creatura che nessuno ha mai compreso e che infatti continuiamo a leggere anche per questo.
Gli incarnati, Alessio Caliandro, Rubbettino
Il regalo perfetto per chi legge storie eccentriche che si impongono senza scampo per profondità e raffinatezza.
«È paradossale che si vivano eterni giorni, tutti uguali, (…) in un eterno presente e come invece qualche ora possa squadernare un’esistenza.» Un giovane uomo senza nome avvilito dalla routine quotidiana incontra una sconosciuta e ne resta ossessionato, vivendo una sorta di ipnosi da veglia. «La osservai ancora per un po’, mi resi conto che quella figura non affiorava semplicemente dal passato, ma forse da un’altra vita, o da un sogno, o da un’esistenza solo possibile che non si era mai realizzata». Il sogno come rimedio alla frustrazione quotidiana diventa il mezzo per modificare la realtà fino a trasformare la conformazione fisica del protagonista. È quanto accade ne Gli incarnati, l’esordio potente di Alessio Caliandro, finalista al XXXVI Premio Calvino con la seguente motivazione: “L’incandescente Gli incarnati potrebbe definirsi un romanzo analitico, campo di azione di un Es sfrontato e incoercibile e delle sue gesta: un cervello tumorale si sviluppa in un testicolo del protagonista trasformandolo in una pura macchina desiderante. Dopo il superamento di una serie di prove si arriva a un happy ending estremo, ovvero alla liberazione dell’eroe da ogni ceppo sociale (matrimonio, lavoro) e da ogni inibizione sessuale imposti dal Sistema. Singolare è il linguaggio pornografico ondeggiante tra erotismo e misticismo.” Il desiderio erotico ci trasporta in una lynchiana ridefinizione dell’identità sentimentale che riflette su cosa sia realmente vivo e cosa no nella quotidianità e quali rimedi si devono cercare per incarnarsi in una vita che ci assomigli un po’.
Mia zia non è un pesce, Carmen De Nisi, Revolver
Il regalo perfetto per chi legge racconti dove niente è come sembra e tutti i personaggi sono connessi agli altri soltanto nello splendore dell’unicità di ognuno.
Una raccolta di racconti che si riconnette alla migliore idea di racconto letterario. Leggendolo si ritorna a credere nel potere delle voci indisciplinate dei personaggi, nella libertà narrativa di tempo e di luogo delle situazioni, nella creazione di una lingua che crea un’atmosfera narrativa personale e universale, nella scioltezza delle trame paradossali e dunque terribilmente realistiche. Niente è impossibile nelle storie scritte di Carmen De Nisi. E se non è questo ciò che accade nella vita, allora cos’è? A cominciare dal racconto che dà il titolo alla raccolta, tutte le donne narrate hanno il dono della tridimensionalità. L’innocenza e la colpa del corpo femminile è una delle componenti tematiche principali; qui messa in scena senza strilli in una versione chiaroscurale, senza pretese di indottrinamento. Ci sono bambine, ragazze, donne imperfette e confuse che scoprono il presente attraverso il passato di legami familiari e situazioni imprevedibili.
«Se fossi mia zia mi scorticherei la pelle dai gomiti, ma sono io così cerco di lasciarmi attaccato ogni strato. Non saranno le scaglie bianche che scendono dal corpo, eppure qualcosa di lei ce l’ho dentro.»
La scrittura pulita dell’autrice trafigge il loro cuore senza enfasi, come se non fosse possibile fare altrimenti. L’atmosfera napoletana di molte storie raggiunge l’eco dei bassi di Anna Maria Ortese in particolare ne Il mare non bagna Napoli.
«Napoli è la città del risentimento per i posti che non conosco, non so dove vanno quelli della mia età, né come si fa ad arrivare prima a un appuntamento percorrendo le stradine interne, non ho idea di quali siano i locali dove si spende meno.»
Alla scrittura chiara come un orizzonte su cui scende la nebbia senza preavviso fa compagnia una visione fantastica della vita quotidiana che fa pensare all’irrequietezza pacata delle storie di Guadalupe Nettel nel suo Bestiario sentimentale e che esercita una gratitudine immensa in chi non sapeva qualcosa di sé prima di leggere.
Cronache da Meridania, Stefano Palmisano, Giazira Scritture
Il regalo perfetto per chi legge storie pendolari, nei treni o nei brevi viaggi, e desidera ritrovarsi nell’assurdo narrativo come riflesso della vita.
Tra gli esordi che la mia Casa di Scrittura ha accompagnato in libreria nel 2024, consiglio la raccolta di flash fiction di Stefano Palmisano. Intanto non mi aspettavo potesse essere così divertente editare storie brevissime e spesso cattivissime ma nello stesso tempo ingenue come solo la finzione letteraria sa essere. Poi perchè è raro trovare un autore al primo libro in grado di eservitare una tale pressione narrativa e immaginifica in pochissime righe. Può la vita svolgersi in maniera così assurda che soltanto l’invenzione di un Paese immaginario riesce a giustificarne l’esistenza?
«Aureliano Torloni De Pasqualis era un praticante e soprattutto aspirante avvocato, nonostante una carta d’identità non più proprio da teenager. Discendeva da un’antica stirpe di principi del foro, che iniziava secoli prima e arrivava fino al padre ma che minacciava di interrompersi proprio a lui. Anche perché l’avvocato padre, nonostante reiterati maneggi e disperati magheggi, non era riuscito a ottenere il superamento dell’esame di abilitazione per il rampollo forense nei suoi primi sei, vani, tentativi. In quella mattinata agostana, nelle calde acque adriatiche, De Pasqualis si giocava le ultime carte per provare a non diventare il primo avvocato mancato della sua dinastia.»
Uomini e donne così diversi e così uguali tra loro; così vicini e così lontani da noi, sono piccoli archetipi contemporanei rappresentativi di alcuni caratteri sociali; sia nel senso che sono autentici fuoriclasse di quei medesimi tratti e di quelle stesse dinamiche sociali per portarli alle estreme conseguenze nel bene e nel male. Meridania è un luogo dove si avvera quotidianamente la profezia di un genio che ha narrato quella grande Meridania che è l’Italia: la situazione è grave, ma non è seria. Quella gravità molti degli abitanti di questa città inventata se la sentono addosso, in tanti momenti della loro vita, nelle loro storie di tutti i giorni e riescono a sopravvivere nonostante ogni esperienza sia tanto vicina alla verità.
Alessandra Minervini
E tu cosa ne pensi?