☀️ Per chi va in vacanza in Puglia: Di me non sai, Raffaele Cataldo, Accento Edizioni 2024
Si potrebbe coniare un’espressione perversa e fragile, come tale è la storia narrata, e dire che Di me non sai racconta un’ultrastoria d’amore. “Ultra” in quanto suggerisce che amare qualcuno comporti una dispersione naturale del sé. Una moltiplicazione oltre i freni del corpo e dell’anima. Un ultra sé spinge, Lucio a irradiare d’amore Davide, un pendolare che fa avanti e indietro dal paese a Bari, tra i confini ferroviari che in un batter d’occhio collegano le vetrine scintillanti del centro all’aperta campagna dei dintorni, sotto il beneplacito del sorrisone reiterato di Moira Orfei sui manifesti scorticati. È lo scenario che sublima la storia tra Lucio e Davide che nel giro di pochi giorni diventa la fame e la sete, la malattia e la guarigione, la luce e il buio. Cos’è tutto questo buio?, si chiede a un certo punto la voce narrante in terza persona che si appoggia, alternando trame e punti di vista su Lucio e l’altra su Davide. È la questione cruciale del romanzo, quella piccola insignificante ferita che diventa cicatrice. Di me non sai racconta senza filtri cosa fa godere e cosa fallire una storia d’amore legata alla paura, all’attesa e all’istinto carnale dei vent’anni. Un sentimento figlio di un immaginario che viene da Un amore di Buzzati passando per le Camere Separate di Pier Vittorio Tondelli e i Meno di Zero di Bret Easton Ellis. L’amore come ossessione e la letteratura come maledizione di un sentimento scorretto e intenso, una lettura raffinata e selvaggia per chi sceglie una vacanza in Puglia ma lontano dalla giungla turistica e vicino alla spiritualità del verde e dell’azzurro del suo mare e della sua terra.
☀️Per chi alterna il litorale sabbioso alle piscine (termali e non). Le emozioni illustrate di Pupillo, Sabrina Pugliese, E.co. Edizioni
Sabrina Pugliese è un’artista e illustratrice lucana che esordisce con un libro pensato, disegnato e scritto in poco tempo, cioè da tutta la vita. L’acqua e la fauna e la flora che la abitano sono da sempre le suggestioni alla base di un’ispirazione ipnotica, tutt’altro che già vista e già sentita. Siamo dentro atmosfere molto riconoscibili, l’amore per il mare e la predilezione dell’acqua come elemento salvifico e meditativo, che si esprimono in maniera personale. I disegni hanno tratti acquerellati e densi; le onde così come le squame di Pupillo sono quasi tridimensionali, complice la scelta di colori vivaci, senza esitazioni, e la tratteggiatura dadaista. È lui infatti il pesce fuor d’acqua protagonista di una storia perfetta per chi ama narrare ai propri figli non solo trame avvincenti ma punti di vista che solleticano riflessioni e conoscenza di sé in relazione al mondo. Pupillo il mondo lo riconosce solo attraverso le sue emozione, una per ogni lettera dell’alfabeto e a ogni emozione l’illustratrice affianca una didascalia testuale come reazione all’emotività. Ciaì come i disegni ammiccano alla sincerità di un difetto che può diventare un pregio, anche i testi sono stranianti mai consolatori. È un bellissimo albo illustrato, adatto ai piccoli e ai grandi. Non ha la pretesa di insegnare o metaforizzare la vita. Dice proprio le cose come stanno quando non sappiamo cosa dire perché la rabbia ci sottomette, quando siamo entusiasti e il mondo ci abbraccia senza motivo. Una lettura adatta ad accompagnare le lunghe giornate estive tra genitori e figli sotto l’ombrellone di un lido tradizionale con la sabbia fine come sull’adriatico ma anche di una sessione diversa in piscina, per chi la preferisce. Pupillo sa organizzarsi in entrambe le situazioni, purché ci sia dell’acqua da cui scappare e tornare.
☀️ Per la vacanza di chi sceglie una capitale europea non convenzionale: Nicola Favaro, Là dove fischia il vento, Ensemble
Al primo romanzo di Nicola Favaro è facile affezionarsi. Ci sono tre personaggi, che rappresentano un po’ tre scintille che nascano dalla stessa sostanza lavica di un vulcano, che fanno una cosa che nei romanzi italiani oggi si fa meno di un tempo, eppure è una delle suggestioni letterarie più forti, rozze per quanto connaturate nella scrittura: lottano. Lottano non per se stessi ma gli ideali, per interpretare con le azioni un’esperienza che non può e non deve restare nel virtuale: l’ideologia. In una Torino che non è solo monumenti e bellezza, in una Torino che può essere Kiev come Bucarest o Exarchia ad Atene, tre generazioni si incrociano per fare i conti con il passato. Un sessantenne, ex dirigente del PCI, un quarantenne agli arresti domiciliari per un reato informatico, un padre e un figlio di vent’anni scarsi con un probabile lieve ritardo mentale. Il padre sparisce e il figlio si trova in un mondo improvvisamente indecifrabile. Non sa fare praticamente nulla, il padre era la sua interfaccia con il mondo e non ha nessun altro. Cerca aiuto nei vicini che, dopo qualche resistenza, si occuperanno di lui e lo aiuteranno a cercare il padre, non inteso come fallimento ma come radice a cui attingere per il futuro. Tre personaggi ben definiti, soprattutto nella gestione delle relazioni tra loro e con l’esterno fino al commosso epilogo. Là dove fischia il vento è un romanzo fiume in cui l’azione si trasforma in riflessione e viceversa. Un ritmo narrativo e lavico, messo in atto dall’autore con flashforward, rimandi, divagazioni che non appesantiscono la lettura anzi la rendono trasversale, come un gioco di ruoli puoi scegliere da che parte stare. Un romanzo perfetto da portare come viatico in una capitale europea poco patinata, insensibile o quasi al turismo, dove le radici di un’ideologia non si disperdono in rabbia passiva.
☀️ Per la vacanza di chi cammina in montagna: Quante cose ci ha rubato la guerra, Manuela Barban, Las Vegas Edizioni 2024
Non si sa mai cosa aspettarsi da un esordio, soprattutto se raccoglie pezzi di memoria autobiografica scoperchiando bauli ed epistolari privati risalenti alla Resistenza italiana, sopratttutto se coinvolge la vita reale dei nonni di chi scrive. Ci si può aspettare di tutto, ad esempio una specie di collage narrativo dove al posto delle immagini ci sono le storie, le voci, le parole, le descrizioni dei luoghi, l’evoluzione di sentimenti veri. È più o meno questa la struttura scelta da Barban per mettere insieme i pezzi della Storia e delle storie di famiglia. Una scelta che premia e rende questo esordio credibile e non solo per la corrispondenza tra narrazione e realtà. Ma per la scelta di non creare una cronaca spericolatamente aderente alla memoria (che è labila, si sa) ma per affiancare al lavoro di documentazione quello di invenzione. Quando c’è fantasia la realtà di un romanzo diventa finzione e dunque credibile. Infatti, il romanzo è pieno di ritmo, ricco di sfumature che accorciano un po ‘ le distanza tra i sentimenti di una coppia costretta a spaiarsi per la guerre, e poi per la Resistenza, e quella di una stessa coppia del 2024 costretta a dividersi per un’altra resistenza quella del lavoro precario e lontano dalla propria casa. Goffredo, Silvana e la piccola Egizia sono radicati nel loro tempo, e nei luoghi triestini così suggestivi come radici acquifere mai sazie e sempre all’erta, sono personaggi credibili non per il fatto di essere esistiti davvero. Forse questo diventa l’aspetto meno importante. Sono veri perché sono vivi. La resistenza, la fabbrica, l’emancipazione femminile così come la maternità sono temi che attraversano le vicende a prescindere, a parte le date dalla storia. Sembra di essere in montagna, cime non eccessive, un cammino lungo il Carso, un trekking sentimentale sulle falesie, insomma sembra di stare lì a sentire quelle storie dalla viva voce di chi le ha vissute e non cerca di capirle o di riviverle. Vuole portarle in dono, come un fiore di montagna.
Alessandra Minervini
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