Baba, Mohamed Maalel, Accento Edizioni
«Ogni volta che arrivavo a Tunisi, la mia lingua sembrava narcotizzata. Non riconoscevo i gusti. (…) Di cornetti in Italia ne mangiavo tanti, ma nessuno mi lasciava dietro un ricordo. Iniziai a catalogare i ricordi in base ai cornetti mangiati a Tunisi.» Ahmed, protagonista e voce narrante, nasce e cresce ad Andria, da madre pugliese e padre tunisino. Andria è il luogo in cui odori e sapori materni si mescolano nella sua infanzia, così come nell’adolescenza, a una costante richiesta di definizioni da parte del contesto. Sei italiano? E allora perché ti chiami così? Sei musulmano? E allora perché mangi il prosciutto fingendo che sia tacchino? Ahmed vive di mimetizzazioni, contiene due identità in relazione: il couscous e patate riso e cozze. Non è il contesto a ospitare la doppia identità di Ahmed ma è lui che ospita le due culture, come fossero due cuori. La storia di Ahmed è anche la storia dell’accettazione del proprio orientamento sessuale: “Il femminile di Ahmed non esiste”, recita il titolo di uno dei capitoli toccanti del romanzo. Netto come la polpa di un frutto appena raccolto, è una lettura che resta sulla pelle. Merito di una voce che sussurra il dolore con la lievità dei cuori puri. In ogni passaggio Maalel si fa carico responsabilmente di ciò che racconta, senza urlare la denuncia o stigmatizzare l’orrore. I colpevoli sono tali eppure non basta, come suggerisce il finale struggente.
Per chi ha pensato nella vita: non ce la faccio, per chi ha mollato prima di provarci, per chi cerca una storia in cui vita e scrittura si fondono.
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Mosaici Sepolti, Marta Pavesi, Fides Edizioni
«Abbiamo messo quelle carte in cantina per dimenticarcene e non parlarne mai più. Se ce ne dimentichiamo, sembreremo delle persone normali.» Un esordio luminoso quello di Marta Pavesi, già apprezzata per i suoi racconti in giro (da non perdere questo racconto nel blog di Paolo Zardi). Lavinia Motta aveva quattordici anni quando il 16 giugno 1998 le diagnosticarono la Sindrome di Turner – una malattia genetica rara – in una forma lieve, un mosaicismo con unica manifestazione nella bassa statura. La mancanza di complicazioni consente a Lavinia e all’intera famiglia di nascondere in cantina i referti medici nel tentativo di dimenticarsi della patologia. Ora Lavinia, di anni, ne ha venti e trova nello studio di suo padre una parte della propria cartella sanitaria con una lettera di accompagnamento indirizzata al primario di Endocrinologia. Disabituata a esternare il proprio male, decide di preservare il segreto rubando dalla scrivania paterna le carte sanitarie. Le porta nella mansarda in cui è appena andata a vivere, un’abitazione all’ultimo piano della palazzina che sorge al numero civico successivo alla villa in cui è cresciuta. Pavesi scrive la storia di Lavinia, una bambina affetta da una malattia rarissima e genetica, di cui non si capisce l’origine e la prospettiva e che la fa restare bambina fisicamente, cresce in ogni aspetto tranne in quello fisico. Lontana dall’essere una fatina del bosco, Lavinia diventa invece prima una ragazza e poi una donna che vuole scoprire la verità, andare al fondo delle persone e delle relazioni, smascherare ipocrisie. Mentre lei solo in apparenza non cresce, la travolgono i segreti e i cambiamenti della casa di famiglia, elemento centrale e filo conduttore. Le diverse stanze, scantinato incluso, diventano un simbolo perturbante nella gestione familiare della vita, tutta, nel suo complesso e complessità. Un romanzo tragicomico senza morale, vorace e feroce, soave e sincero.
Per chi sta scrivendo una storia per la prima volta e non sa ancora che voce darle, per chi non sopporta la retorica nei romanzi di formazione.
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Tua figlia Anita, Paolo Massari, Nutrimenti
«Mi sono immaginato Anita su una bella poltrona gialla, Dio seduto accanto a lei tutto vestito di bianco, una lampada soffusa e il tavolino da té. Neanche Anita pensava alla luce del Signore. Ha solo accettato il suo destino. Con una calma che non ho mai capito da dove le potesse arrivare.» Le storie di famiglia piacciono alla maggior parte dei lettori e delle lettrici. Sono torce nel buio della quotidianità. L’esordio di Massari, dall’impianto tradizionale e una voce narrante intimistica, riprende un topos letterario insaziabile: cosa accade quando una famiglia viene guastata da una tragedia? “Ti ha cercato tanto. Ha passato pomeriggi interi a sgolarsi. Dalle case vicine qualcuno ha gridato: e basta”. La storia di Anita è raccontata dal punto di vista del marito, rimasto vedovo, in seguito alla malattia incurabile della moglie. Nel dolore la famiglia e il suo legame invece di diventare prossimi diventano soffocanti, limiti che si vorrebbe superare per cancellare il dolore. Massari sa intrecciare con garbo la minaccia di una storia riconoscibile ai più, focalizzandosi non tanto su chi resta ma su chi se ne va e lo accetta. Una questa scelta intraprendente, affluente della buona narrativa che non lascia scampo.
Per chi cerca nei libri i legami di famiglia, per chi sta superando un lutto improvviso, per chi attraversa il dolore per salvarsi.
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Le grandi dimissioni. Il nuovo rifiuto del lavoro e il tempo di riprenderci la vita, Francesca Coin, Einaudi
«Milioni di persone si sono rese conto che il luogo in cui lavoravano non era una grande famiglia. Il sacrificio e la devozione richiesti non ricevevano un adeguato riconoscimento. Spesso, anzi, chi lavorava è stato usato come agnello sacrificale.» L’espressione ‘grandi dimissioni’ è un termine coniato da Anthony Klotz, psicologo del lavoro inglese che, tra le altre cause dell’abbandono del posto di lavoro (stress, burn out), annovera il bisogno di riappropriarsi di sé dopo il trauma pandemico. L’eterna mancanza di contratti e stipendi adeguati e l’inconciliabile inferno del sottostaff imperante, soprattutto nelle professioni culturali, invece di essere un cattivo esempio sono annientate dall’essere il paradigma. Francesca Coin scrive con saggezza, non tralascia la rabbia senza proclami politici di chi nasce sfruttato e sottomesso. Il libro ha una struttura che unisce dati fattuali, prove e controprove a esperienze personali in cui è difficile non riconoscersi, a prescindere dal lavoro che si svolge. La vita è una i lavoro sono tanti, potrebbe essere il sottotitolo enfatico ma efficace come le argomentazioni della studiosa.
Per chi studia le tematiche sociali ed economiche legate al mondo del lavoro, per chi crede che la passione per il lavoro si riduce al patimento, per chi non ha mai visto un contratto serio ma conosce il burn out.
Alessandra Minervini
E tu cosa ne pensi?