Quando il cellulare di Helen squilla, in un mezzogiorno di metà settimana, lei ancora non sa che dall’altra parte si nasconde un fantasma. Un fantasma para-fisico, piuttosto che metafisico, ma pur sempre una presenza di spirito e memorie.

Helen scoprirà infatti che la sua amica di gioventù, Charlie, è deceduta – ufficialmente per un’encefalite causata da una malattia esantematica che serve a mascherare un suicidio assistito in una stato che non ne riconosce la legalità – un giorno prima che lei ricevesse la telefonata.

Da questo incipit, con la sapienza di una navigata esploratrice del tempo, l’autrice americana Nell Freudenberger imbastisce un ordito di ricordi che va a completare la trama del romanzo Perduta e attesa. Mentre scopriamo i primi passi dell’amicizia tra Helen e Charlie, nel piano principale del tempo della narrazione una ghost story razionale si dipana pagina dopo pagina, coinvolgendo Helen, il figlio Jack, ma anche la famiglia orfana di Charlie: il marito Terrence e la figlia Simmi. Uniti dal ricordo della donna, ma ripiegati in un dolore personale che non lascia spazio per quello degli altri, gli attori di questa storia – che non è tragedia, ma solo vita – si trovano attratti l’uno dall’altro da una forza gravitazionale impercettibile, ma pur sempre figlia minore di quella che lega la Terra al Sole.

Gravità, infatti, assieme a Entanglement e Indeterminazione, sono i titoli delle parti del romanzo, sorretto dalla voce di una donna delle STEM (Science, Technology, Engineering and Mathematics), più precisamente una professoressa di fisica teorica del MIT che bilancia successi e rimpianti. Helen e Charlie sono protagoniste contemporanee, alle prese con problematiche reali: la malattia, l’equilibrismo tra carriera e famiglia, il desiderio di essere amate e quello di essere rispettate, le molestie sessuali, tutto ciò che resta di irrisolto quando credi di avere tempo per chiarire e quel tempo, invece, esce improvvisamente di scena; perché quando una persona muore, una folla intera se ne va, e tutte le persone che hanno interagito con lei restano vive solo nella mente di chi rimane.

La morte, l’uscita di scena definitiva, impedisce qualsiasi tipo di pacificazione a posteriori e chi resta può solamente fare pace con questa mancanza, con quella bolla che scoppia e lascia gli altri a fare esperienza della morte altrui, come sostiene il medico e scrittore Robert Lanza in quella che Helen considera una teoria pseudo-scientifica.

A differenza della scienza,“nelle pseudo-scienze non c’è un pezzo che non si incastri alla perfezione nella teoria e lo scienziato non sbaglia mai.” Seppur profondamente razionale e avversa alle scienze alternative, Helen si troverà proprio a cercare di incastrare tutti i pezzi della sua vita, di quella ormai finita di Charlie e di coloro che le sono sopravvissuti, per dare una compiutezza alla sua storia, ma la vita – sembra volerci suggerire Nell Freudenberger – non è un romanzo né, tantomeno, una pseudo-scienza e ciò che resta, alla fine, sono solo particelle distanti nello spazio e nel tempo, legate da qualcosa che neanche la fisica è ancora in grado di spiegare.

Angela Bernardoni

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