Nella lettera a Meneceo Epicuro afferma: “La ricchezza non consiste nel possedere grandi beni, ma nel godere di piccole cose.” Credo che il male che affligge i personaggi della vicenda narrata nel libro di Valerio Aiolli 🔗Portofino blues sia proprio l’incapacità di essere felici né godendo di grandi mezzi né tantomeno accontentandosi di piccole cose.
I fatti sono noti: nel tardo pomeriggio dell’8 gennaio 2001 la contessa Francesca Vacca Graffagni Agusta scompare nel parco di Villa Altachiara, la sua villa sul promontorio di Portofino. Sono giorni di vento, pioggia e burrasca in Liguria, le barche sono alla fonda e nessuno sa dove sia finita la contessa, notissima per le sue frequentazione del jet set e vedova dell’industriale Corrado Agusta, re degli elicotteri.
Il 22 gennaio due ragazzi francesi, partiti da Tolone per un’escursione sulla costa, avvistano un cadavere, ma solo una decina di giorni dopo si appurerà che si tratta davvero del cadavere della sfortunata contessa.
Disgrazia, suicidio o omicidio?
La vicenda si chiude il 14 settembre 2002 quando la giovane sostituta procuratrice deposita la richiesta di archiviazione dell’indagine: disgrazia o suicidio, nessun delitto.
Questi i fatti che all’epoca tennero impegnate le pagine di quotidiani e rotocalchi e le scene di molti programmi televisivi.
Tuttavia il romanzo di Aiolli non si limita a raccontare i fatti, racconta le persone, protagonisti e comprimari: Francesca, la famiglia Agusta, Maurizio Raggio, Tirso Chazaro, Susanna Torretta; racconta i retroscena: le cene degli Agusta con lo Scià di Persia per vendere elicotteri, Tangentopoli, il tesoro di Craxi custodito da Maurizio Raggio, la fine della prima repubblica e l’inizio di un nuovo capitolo della storia italiana in cui se si vuole che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi.
Ma in questa storia non c’è un principe Salina, autorevole e munifico, piuttosto ci sono dei Gatsby dissoluti e megalomani e infelici.
Portofino blues ha davvero l’andamento malinconico ed evocativo della musica blues trasmettendo i sentimenti e le emozioni dei protagonisti con una musicalità che ricorda il flusso del blues e senza mai ergersi a giudice.
Ogni parte della vicenda viene esaminata da diversi punti di vista in un caleidoscopico collage di opinioni.
Aiolli non possiede la verità riguardo la fine della contessa Vacca Agusta, ma il suo bel romanzo ci fornisce uno spaccato di un mondo dorato solo in apparenza.
Rita Garzetti
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