Il sole è tramontato da un paio d’ore. È sera. Osservo il mio corpo nudo e pulito davanti allo specchio dopo una doccia rinfrescante.
L’algoritmo di Spotify decide di far partire inaspettatamente “Una vipera sarò” di Giuni Russo.
Sento che il lento ondeggiare dei miei fianchi, poi incalzato da un ritmo d’indiavolata esaltazione, si trasforma in impulsi frenetici ed elettrici.
D’altronde è il mio pezzo preferito.
Inizio a ridere accettando che il mio corpo decida di risvegliarsi proprio prima di andare a dormire. Dal mio grembo e dal mio seno sento crescere un’energia che, come un tamburo battente, viene da lontano, è forte, si innesta in suoni atavici, ha qualcosa che è senza tempo. Contemplo compiaciuta, nell’intimità della mia stanza, il mio corpo come un sacro tempio.
Sono presente ai miei capelli in pieno scompiglio che battono come fruste sulle clavicole; partono dalla testa, dal mio intelletto, si diramano dappertutto come una pianta rampicante e la loro forza avrebbe forse la capacità di occupare il mondo, di capovolgerlo, di metterlo in disordine, di scuoterlo, di invaderlo e, magari, di cambiarlo.
Provare a cambiare il mondo partendo della libertà di essere.
Mi sono lasciata ispirare e attraversare dalla lettura dei tanka di Akiko Yosano, scrittrice e poetessa attiva dalla fine del XIX secolo e gli inizi del XX secolo, tra le più importanti voci che hanno irrorato l’emancipazione della coscienza femminile giapponese. Sulle tracce di una fitta rete di simboli intorno alla sfera del femminile – l’amore, la primavera, la giovinezza, l’erotismo – e di scelte poetiche che traggono ispirazione dalle arti figurative, calcheremo insieme alcuni aspetti del “femmineo” presenti nella raccolta poetica Midarekami.
ゆあがりの みじまひなりて い 袋見に 笑みし昨日の 無きにしもあらず。
Yu agari no mijimai narite sugata mini emishi kinò no naki ni shi mo arazu
“Non sono mancati i giorni in cui, nel prender cura del mio aspetto dopo un bagno, sorridente contemplavo il mio corpo.”
Il componimento suggerisce l’immagine di una donna che, con onestà intellettuale e un pizzico di vanità, si guarda compiaciuta allo specchio. Nella sua pacata essenzialità, lo scenario proposto stilizza i tratti di una femminilità nuova – consapevole e pertanto audace – vocata a sfidare l’ambiente sociale e culturale in cui è immersa. È un messaggio dalle note punk che, senza tempo, attraversa gli specchi di tutte le donne e trova il proprio istinto di affermazione nell’opporsi al peso della secolare stigmatizzazione del corpo femminile. La carriera artistica e la vita di Akiko Yosano furono profondamente influenzate dagli eventi e dalle trasformazioni del Giappone di fine ‘800. Il governo Meiji (1868-1912) intraprese riforme radicali per trasformare il paese da una società feudale a una moderna potenza industriale e militare, apportando cambiamenti significativi nella politica, nell’economia e soprattutto nella società e nella cultura giapponese. Le donne anelavano il loro posto in una società patriarcale e fortemente gerarchica dove l’accesso all’istruzione e alle opportunità lavorative era limitato e le aspettative sociali nei loro confronti erano spesso confinate ai ruoli di mogli, madri e educatrici.
Akiko Yosano risponde al suo tempo con i suoi “capelli scomposti”;
その子ギに ながるる 黒髪の おごりの春の うつくしきかな
Sono ko hatachi kushi ni nagareru kurokami ogori no haru no utsukushikana
“Soave è quella ventenne! Fiera è la sua primavera dai neri capelli che scorrono attraverso il pettine.”
罪おほき男こらせと肌きよく黒髪ながくつくられし我れ
Tsumi oki otoko korase! To hada kiyoku kurokami nagaku tsukurareshi ware.
“Castigherò gli uomini per le loro numerose colpe! Esclamai. È per questo che son stata creata, con la mia pelle candida, con i miei lunghi capelli neri.”
I tanka della poetessa sferzano via il tradizionale ritratto di donna giapponese – timida, pudica, ordinata – che, invece, abita gli orizzonti d’attesa di un pubblico che vive tale contesto storico. Yosano non ha avuto timore di confrontarsi con le inesplorate vette liriche della sessualità e del narcisismo femminile, sfidando le convenzioni sociali e culturali del suo tempo. La femme fatale non è nient’altro che una donna che nella ritrovata autocoscienza del proprio corpo, comprende il valore del suo poter essere attrice tagliente della propria realtà storica.
Da questa prospettiva tematica, dunque, la raccolta Midarekami si configura certamente come un’opera di transizione che dalla poesia giapponese tradizionale si apre alla modernità.
A testimonianza di questo atteggiamento moderno che opera una feconda frattura con la tradizione, lo studioso Luca Capponcelli in “La poesia di Yosano Akiko: seduzione e Art Nouveau” descrive come alcuni tratti della poetica di Midarekami mostrino affinità con lo spirito estetico dello stile liberty, movimento artistico e di design che fioriva proprio in quegli anni. Quest’ultimo influenzò molte discipline artistiche – tra cui architettura, arredamento, grafica – e promuoveva l’idea di una totale fusione tra arte e vita, con un’attenzione particolare alla bellezza e all’armonia delle forme naturali. Le affinità che intercorrono tra i tanka di Yosano e l’Art Nouveau si concretizzano proprio nella rappresentazione del corpo femminile sospeso, in entrambi i casi, tra tangibilità fisica e suggestioni di carattere sovrannaturale. L’illustrazione sulla copertina di Midarekami, dipinta dal pittore Fujishima Takeji, è da definirsi all’avanguardia proprio perché integra elementi dell’iconografia femminile tipica dell’Art Nouveau; è un dialogo estetico interessante se si mette in conto che quest’ultima, a sua volta, si sia ispirata all’estetica giapponese, ricalcando l’esotismo di linee curve e ornamentali.
L’illustrazione ritrae un volto femminile, incorniciato in una forma a cuore, trafitto da una freccia. Le gocce di sangue che colano formano il titolo “Midarekami” in caratteri stilizzati. Come pone in evidenza Capponcelli, l’angolazione del volto della donna sembra ricalcare la stessa del quadro “Donna con piuma” (1899) di Alfons Mucha.
I capelli “scomposti” trovano perfetta espressione estetica nel coup de fouet “colpo di frustra”; quest’ultima, linea attiva e caratteristica nel ricalco dello stile liberty, incarna in sé la voce di una modernità che supera la tradizione.
La chioma femminile, dunque, prende forma diramandosi in linee curve sinuose e parallelamente si fa metafora di una donna che cerca di farsi spazio come una rosa rampicante nel proprio tempo.
E tu cosa ne pensi?