Ex-Libris-0-6-6

Anno 0 | Numero 6 | Marzo 1997

“Ci sono tanti motivi che mi hanno fatto preferire La Tempesta ad altre splendide commedie scespiriane, una dei più importanti è la tolleranza, la benevolenza che pervade tutta la storia.” A dirlo è Eduardo De Filippo nel prologo della traduzione in napoletano secentesco del testo inglese. La scelta è ricaduta su questo dialetto perché perfetto nel dare concretezza e duttilità al verso: con la sua musicalità il lettore è rapito dall’atmosfera magica e irrealmente sognante che caratterizza La Tempesta.

L’isola, dove si svolge l’azione, è abitata da spiriti che obbediscono ai comandi di Prospero. Il più solerte e delicato tra gli spiriti è quello dell’aria, Ariel (Eduardo lo trasforma in uno scugnizzo monello e simpatico).

Non ci sono notevoli cambiamenti nella traduzione napoletana, salvo il maggior rilievo comico in alcune scene, come quella dell’incontro tra Calibano (servomostro di Prospero) con due marinai napoletani, Stefano e Trinculo. “Calibano: Dimmela veritade arapeme ’o core: nun si scennuto ’nterra da fu cielo? – (Hast thou not dropped from Heaven?) Stefano: Gomme no io songo l’omme de la luna! – (Out o’th’moon, I do assure thee. I was the Man i’th’Moon when time was) Trinculo: -Addavero stu mostro è nu pachiocchio. – (A very weak monster)”. L’ironia è l’arma impugnata più frequentemente sia da Shakespeare che da Eduardo: un’ironia sottile, sagace a volte sublimamente spietata che mette a nudo l’uomo, lasciandolo inerme, vittima dei propri difetti e manie. In tal modo il teatro assume un valore “educativo”, per cui lo spettatore si proietta nei personaggi, liberandosi, protetto dalla maschera, di tutto ciò che non direbbe mai apertamente. Un poeta irlandese, Yeats scriveva: “Give man a mask and he will tell the truth” (Dai all’uomo una maschera e ti dirà la verità). L’attore si fa portavoce degli uomini e delle coscienze, che spesso scuote, facendole vibrare senza sosta. Artaud chiama questo tipo di teatro “Teatro della peste”, sottolineando l’importanza della partecipazione attiva dello spettatore che deve difendersi e capirsi, attraverso quella catarsi che permette di guardare la propria esperienza dal di fuori. Il teatro come metafora della vita. L’uomo è il protagonista che si muove sulle scene di un universo immenso, cercando di combattere per sopravvivere in una vita sentita come tragedia. Uscire da questa tragedia è trovare un palliativo: il sogno. Prospero dichiara: “We are such as stuff that dreams are made on, and our little lift is rounded with a sleep.” (Siamo fatti della stessa sostanza dei sogni, e la nostra breve vita è circondata da sonno). Differisce di poco dall’affermazione di Sigismondo nella Vida es sueño di Calderón de la Barca: “La vida es illusión, una sombra, una jicción, es sueño” (La vita è un’illusione, un’ombra, una farsa, è sogno). Un sonno dal quale non ci si vorrebbe mai destare. Ma il tempo fugge inesorabile soggiogando anche il potente Prospero. I costanti riferimenti al tempo che scorre divengono un ‘memento mori’ e non è da escludere che in questo caso Prospero sia una stand-in (controfigura) di Shakespeare.

La Tempesta segna l’addio alle scene, il commiato del drammaturgo alle sue creazioni (Prospero abbandona i suoi poteri magici, come Shakespeare la sua penna!). Anche per Eduardo quest’opera è preludio della fine: pochi anni dalla traduzione Eduardo muore, lasciandoci le sue inimitabili creazioni e “con un testo incantevole da tradurre, una lingua affascinante da adoperare e con la gioia di ritrovare intatta la mia grafia che invece temevo fosse invecchiata insieme a me…”

Tiziana Masucci

 

In libreria

tempestaWilliam Shakespeare
La tempesta
Feltrinelli, 2014 (Universale economica. I classici)
A cura di A. Lombardo
Testo inglese a fronte
XI-239 p., brossura  

€ 9,00

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