Quando proviamo a immaginare Charlotte, Emily Jane e Anne Brontë non possiamo non tener conto del ritratto realizzato dal fratello Branwell Brontë, il Pillar Portrait (del 1834 circa), l’unico che le raffigura tutte e tre insieme e l’unico probabilmente più somigliante (o almeno così scrive Elizabeth Gaskell nella sua biografia su Charlotte). Fino al 1914 nessuno era in grado di associare alle famose sorelle Brontë, pioniere della letteratura, un volto. Ma il 6 marzo 1914 il “Daily graphic” riportò la notizia: The romantic recovery of long lost Bronte portraits. Mary Nichols, seconda moglie del reverendo Arthur Bell Nicholls, che aveva sposato Charlotte nel 1854, ritrovò il ritratto delle sorelle e anche un dipinto di un volto di profilo, il Profile Portrait, associato a Emily. Nicholls era morto ormai da otto anni, ma Mary prontamente aveva venduto le tele alla National Portrait Gallery di Londra e quando il Daily ne aveva dato la notizia il museo era stato preso d’assalto.

Sorelle Brontë

Elizabeth Gaskell scrive: “Potei giudicare la fedeltà con cui le altre due erano state ritratte basandomi sull’impressionante rassomiglianza dell’immagine col modello nel caso di Charlotte che stava ritta dietro la tela, tenendola alta per mostrarmela; eppure dovevano essere passati almeno dieci anni, se non più, da quando il ritratto era stato dipinto. La composizione è divisa, quasi al centro, da un grande pilastro, a fianco della colonna illuminata dal sole, siede Charlotte vestita alla moda di quei giorni, con le maniche a grande sbuffo sulle spalle e un largo colletto. Dall’altro lato della colonna, profondamente in ombra sta ritta Emily con appoggiato alla spalla il viso gentile di Anne. L’atteggiamento di Emily mi ha lasciato una impressione di grande forza, quello di Charlotte un’impressione di sollecitudine, quello di Anne, di tenerezza”. In realtà la colonna che dà il titolo al ritratto, un tempo, era lo stesso Branwell che però in un impeto di rabbia si era cancellato, lasciando al suo posto una macchia gialla, nella quale si può ancora intravedere la sua giacca e la sua camicia. Già da allora Branwell sapeva, molto probabilmente, che non avrebbe raggiunto la potenza delle sue sorelle e si era eliminato da solo, come poi aveva fatto anche nella vita vera, uccidendosi con l’alcool e l’oppio, legati a una profonda depressione e a un inguaribile mal d’amore.

La storia delle sorelle è alquanto diversa dalle altre storie e spesso è caratterizzata dalla morte e dalla solitudine. E comincia quando Patrick Prunty cambia il suo cognome in onore dell’ammiraglio Horatio Nelson duca di Bronte, in appunto Brontë, la città siciliana, aggiungendo la dieresi alla lettera finale per la pronuncia. Comincia quando il reverendo Brontë nel 1812 sposa Maria Branwell e nascono sei figli: Maria (1813), Elizabeth (1815), Charlotte (1816), Branwell (1817), Emily (1818) e Anne (1820). Comincia quando nel 1820 Maria si trasferisce con il marito e i figli a Haworth, nella brughiera inglese, e pochi mesi dopo muore di cancro. Quella è la prima volta che la morte fa visita alla famiglia Brontë e non smetterà mai di aleggiare fra le loro mura.

Il reverendo distrutto cerca di trovare un’altra madre per i suoi figli, ma viene respinto da due pretendenti, così Maria ed Elizabeth, le maggiori, diventano delle piccole madri per i loro fratelli, sino a quando Patrick decide di trasferire le sue figlie al collegio Cowan Bridge, sospinto dalle lettere col fondatore, il reverendo William Carus Wilson. “Rispettivamente di dieci e nove anni, Maria e la piccola Elizabeth erano andate in collegio per tornare più alte, più intelligenti, più forti, e invece alla fine a tornare erano stati i loro corpicini morenti e le loro anime esauste”. Ecco la morte che prende le maggiori di casa Brontë nel 1825; la tubercolosi la contraggono nel collegio dove avevano vissuto nel freddo, negli stenti, sbeffeggiate e costrette al silenzio. Il reverendo Brontë recupera le sue altre figlie da quell’inferno (l’unica a salvarsi è Anne, ancora troppo piccola) e la zia, Elizabeth Branwell, decide di trasferirsi a Haworth per badare ai suoi nipoti e finanziare le tasche vuote della canonica.

Charlotte, Emily, Branwell e Anne crescono da soli, aiutandosi l’un con l’altro, sorretti da una profonda fantasia che dà vita a veri e propri personaggi le cui avventure vengono narrate da Emily e Anne nella Cronaca di Gondal e da Charlotte e Branwell nella Saga di Angria. Le sorelle e Branwell crescono con una zia metodista improntata alla rinuncia e alla privazione e con un padre assente, preso dalla sua vita alla canonica, che sfoga la sua ira sparando colpi di pistola fuori dalla loro casa. Un padre che ama la solitudine e la brughiera, passioni che trasmette alla figlia che si diceva le assomigliasse di più, Emily. Dal carattere difficile, il reverendo però si occupa dell’educazione delle sue bambine dando loro la libertà di leggere ciò che volevano, di dibattere di temi di attualità, religione, questioni sociali e politiche. Certo, aveva preferito il figlio maschio, sperando che diventasse una luce nel buio di Haworth, ma “non le privò mai del diritto di andarsene in giro senza essere accompagnate da un adulto o da un uomo, cosa che le bambine e le ragazze di buona famiglia normalmente non facevano, e che segnò il loro mondo personale e letterario. Permise a Emily di non partecipare alle funzioni domenicali. Non si oppose mai ai loro viaggi, anche da sole, come nel caso di Charlotte quando si trasferì a Bruxelles per la seconda volta. E, anche se non si sa per certo quando avesse scoperto che le sue figlie stavano pubblicando le loro opere, se ne mostrò sempre orgoglioso, cosa che non tutti i genitori o parenti di scrittrici dell’epoca facevano”.

Le sorelle diventarono istitutrici, ma il loro amore per il focolare domestico le riportò a momenti alterni a Haworth, soprattutto quando Charlotte, compreso che Branwell non avrebbe prodotto niente di buono dalla sua vita, propose a Emily e Anne di aprire una loro scuola. Charlotte aborriva insegnare, e in particolare Emily odiava essere lontana dalla famiglia e dalla sua amata brughiera, nella quale spesso passeggiava da sola, accompagnata dal suo cane Keeper. Tutte e tre le sorelle amavano la natura, le distese di erica che potevano ammirare dalle finestre della loro casa, la foschia e la nebbia dell’inverno, tutti elementi che torneranno nei loro romanzi, assieme all’amore, al lavoro e all’emancipazione. La scuola avrebbe potuto aiutare le loro finanze ma il progetto non andò in porto proprio per colpa del fratello. Dopo essere tornato a casa per aver avuto una relazione con la sposata Miss Robinson, si autodistrusse, ed Emily gli rimase accanto giorno dopo giorno sino alla morte.

Ma lei (Charlotte) […] non riusciva a perdonarlo per la stupidità con cui aveva sprecato il suo talento e le sue occasioni. La vita gli aveva permesso di dispiegare le sue ali da uomo e volare lontano quanto avesse voluto, mentre lei e le sue sorelle erano costrette ad amputarsele e a trascinarsi dietro quel dolore”.

Tre sorelle, tre anime diverse ma legate da una corda invisibile, affini alla scrittura e alla letteratura, costrette a nascondersi dietro delle maschere, dietro degli pseudonimi. Branwell avrebbe potuto con facilità, sorretto dal suo essere uomo, prendersi ciò che voleva dal mondo, ma lo aveva ripudiato. Le sorelle invece avevano lottato contro il loro Dio, contro la società dell’epoca, per dimostrare il loro valore e il loro ingegno. Il poeta Robert Southey scrive a Charlotte, dopo che lei gli aveva inviato le sue poesie, “la letteratura non può essere l’occupazione della vita di una donna, non deve esserlo. Quanto più Lei sarà presa dai Suoi compiti, tantomeno avrà tempo da dedicarle, quand’anche fosse solo un’attività ricreativa o una gratificazione personale”. Ma Charlotte, Emily e Anne non si arrendono, sanno di avere una scintilla dentro di loro, di possedere il dono della scrittura, vogliono poter esprimere chi sono. Charlotte con la sua timidezza, che nasconde un animo ardente e ambivalente che oscilla tra la solitudine e la socialità. Emily sfuggente, strega della brughiera, selvaggia. Anne dolce e comprensiva, dalla mente brillante.

Nel 1946 pubblicano le loro poesie sotto pseudonimo, diventano Currer, Ellis e Acton Bell, con la Aylott and Jones, casa editrice a pagamento. Charlotte fu costretta a stanziare 31 sterline e 10 pence dall’eredità della zia Elizabeth. Il libro vendette pochissimo ma questo non scalfì il loro animo. Le tre sorelle, ormai tutte stanziate a Haworth, ogni giorno, dopo le faccende domestiche, si sedevano nella loro sala da pranzo e scrivevano, una vicino all’altra. Emily lavorava a Wuthering Heighs (Cime tempestose), Anne ad Agnes Grey, e Charlotte a Jane Eyre (o al Professore, opera che poi uscirà postuma perché rifiutata dagli editori). Emily narra di un amore impossibile e tormentato, Anne della sua vita da istitutrice e della felicità del matrimonio che non ha potuto provare, e Charlotte basandosi sulla sua forza e indipendenza dà vita a una delle eroine più famose. Cime tempestose è ghiaccio e fuoco, Jane è libertà, Agnes è vita in tutte le sue forme.

Nell’ottobre del 1847 Jane Eyre esce per il piccolo editore londinese Smith, Elder & Co. Nel frattempo Emily e Anne inviano i loro romanzi, Cime tempestose e Agnes Grey, a un altro editore, Thomas Cautley Newby che decide di pubblicare entrambi nel dicembre del ’47. Purtroppo, a differenza di Jane, Agnes Grey passò in sordina, e Cime tempestose divenne oggetto di dibattito proprio per le sua violenza, immoralità, crudezza, e per il suo linguaggio diretto, si trattava di un libro nuovo per l’epoca e non si riusciva a inquadrarlo. Cime tempestose però in futuro avrebbe consacrato Emily al mondo.

Ma le sole due a proseguire nella scrittura rimasero Charlotte e Anne con Shirley e La signora di Wildfell Hall, romanzo sorprendente per le descrizioni senza filtri della violenza domestica (che Anne prese dal fratello in preda alle crisi d’astinenza), e per la protagonista Helen. “La piccola Anne […] aveva scritto un’opera che, per la sua difesa della dignità femminile, del diritto delle donne di abbandonare un marito malvagio e della loro capacità di essere autonome ed esercitare professioni prestigiose, tradizionalmente riservate agli uomini, si sarebbe rivelata rivoluzionaria”. Ma l’editore di Anne spacciò il suo libro per il nuovo romanzo dell’autore di Jane Eyre, così Anne e Charlotte si videro costrette a chiarire all’editore di Charlotte, a Londra, la situazione. Sarà nel 1850 che la verità verrà resa pubblica, quando gli editori di Charlotte le propongono di preparare una terza edizione di Jane Eyre e Charlotte ha già conosciuto personaggi di spicco come Elizabeth Gaskell o William Thackeray. Sola, può gridare al mondo che a scrivere quei libri non sono stati tre fratelli, ma tre sorelle dalla mente eccezionale e impavida.

Intanto la morte, latente nella loro vita, torna a bussare a casa Brontë. Nel settembre del 1848 muore Branwell e il 19 dicembre lo segue Emily. Come una catena che non può essere spezzata e non può dividere i fratelli, l’anno dopo, il 28 maggio del ’49 ci lascia Anne. Charlotte è la sola a godere del successo meritato, a continuare a dedicarsi alla scrittura (con Villette e poi l’incompiuto Emma) e a sposarsi. Raggiunge la sua famiglia nel 1855 per complicanze dovute alla sua prima gravidanza.

Nonostante la morte abbia giocato con la vita dei Brontë e abbia lasciato il segno sorella dopo sorella, la potenza della loro scrittura è rimasta in vita sino a noi, rendendole anno dopo anno un esempio di indipendenza, volontà e intelligenza. Non erano i fratelli Bell, erano le sorelle Brontë e hanno rivoluzionato la letteratura dell’epoca vittoriana, ispirando gli scrittori e le scrittrici successive. Charlotte, Emily e Anne vivono nei loro romanzi, e nella nostra memoria, e me le immagino ritte e fiere come nel ritratto di Branwell, alla cui descrizione della Gaskell aggiungerei: in Emily vi era resilienza, magia, passione; in Charlotte curiosità, ardore, fierezza, in Anne forza, carattere, indipendenza. Ecco le vere sorelle Brontë, ecco le vere creatrici di storie.

Ilaria Amoruso

Bibliografia
Tutto questo fuoco. La rivoluzione delle sorelle Brontë di Ángeles Caso (Marcos Y Marcos)
Charlotte, Emily e Anne Brontë. Lettere a cura di Barbara Lanati (Se)
Vita di Charlotte Brontë di Elizabeth Gaskell (Neri Pozza)