Numero 14 | Novembre 1998

Ogni guerra lascia una contabilità sporca – di attentati, rappresaglie, tradimenti, odi, fanatismi… – che la Storia non riesce a liquidare fino a quando fra le parti in causa prevale un computo ragionieristico delle violenze perpetrate e subite. Perciò l’arte deve accendere la fantasia: per offrire appigli alla generosità. Come, per esempio, un eroe in cui identificarsi. Tutti. L’inverno dei mongoli, libro d’esordio del piemontese Edoardo Angelino (pubblicato da Einaudi nel ’95), è stato, in questo senso, un grande libro di pace. Ancor più sorprendente ed efficace perché si presentava nella veste semplice e dimessa di un giallo scarno ed essenziale, scritto all’insegna di quel precetto americano che suggerisce di mostrare la cosa in azione (show it) anziché dirla o declamarla (don’t tell it).

A distanza di tre anni Angelino ci riprova, spostando le coordinate temporali un po’ in avanti: dal ’44 (anno di ambientazione de L’inverno dei mongoli) con Binario morto (ed. Besa 1998, pp. 164, L. 24.000) ci ritroviamo sbalzati nel ’48, ma sempre in compagnia dello spigoloso e amabile capitano Contini, che nel primo romanzo era un ufficiale dell’esercito della Repubblica sociale di Salò al seguito dei tedeschi in un paesino di montagna delle Alpi liguri con trentasei ore a disposizione per scovare l’assassino di un vecchio gerarca ed evitare così la rappresaglia dei nazisti che ritenevano responsabili i partigiani e ora invece è un commissario di Pubblica sicurezza impegnato nell’indagine sulla morte di un capotreno fascista ritrovato cadavere nello scalo merci della stazione ferroviaria di una città del Piemonte meridionale.

Coadiuvato dal vecchio maresciallo Pautasso, esperto conoscitore della mala locale, le ricerche di Contini portano dapprima ai bassifondi cittadini, poi si orientano verso un gruppo di ferrovieri comunisti, subito incarcerati. Il loro arresto fa salire la tensione in città e provoca duri scontri tra polizia e manifestanti di sinistra. Il questore e il capo della divisione politica vorrebbero strumentalizzare il caso in vista delle imminenti elezioni e cogliere l’occasione per vietare un comizio di Togliatti.

Contini, però, poco convinto della colpevolezza degli indiziati, segue anche altre piste. Gli è di aiuto la figlia della sua padrona di casa, giovane militante comunista, che lo mette in contatto con gli ambienti della sinistra locale.

Sempre più osteggiato dai superiori, il commissario porta avanti con testardaggine l’inchiesta (tanto poliziesca quanto sociale e di costume) svelando gli inquietanti retroscena d’un passato prossimo che molti vorrebbero dimenticare. Contini, quindi, riesce a scovare il vero colpevole all’ultimo minuto, in un finale che gli consentirà anche di consumare una sottile vendetta di sapore anarchico contro l’autorità costituita.

Dopo il lusinghiero successo de L’inverno dei mongoli in questo suo secondo romanzo – con un plot di geometrico rigore, serrate battute di dialogo e fulminanti connotazioni epocali – di nuovo Edoardo Angelino (classe 1950) intreccia le microstorie quotidiane di un’anonima comunità con le grandi vicende nazionali: e, parlando di ciò che è stato, ci racconta ciò che oggi, sta accadendo.

Binario morto è, infatti, il tumultuoso affresco della transizione di fase d’un mondo ancora lacerato dalle vecchie contrapposizioni politiche ma già scosso dai nuovi ed eccitanti fremiti della ricostruzione: con i pescecani di sempre che intravedono all’orizzonte il boom economico che verrà e si predispongono ad acrobatici trasformismi per afferrarne al volo il succulento strascico di affari e corruzione.

Da fascista buono, stanco e disilluso, giocato in contrapposizione ad ogni concezione manichea della Storia, nella sua nuova veste di commissario con ancor più evidenza Contini si rivela ai nostri occhi l’antenato e l’archetipo di quell’oscuro eroe borghese dei nostri giorni in lotta non contro il fato avverso (come quello romantico) ma contro chi lo ostacola nel compimento del proprio dovere: cui attribuisce un valore assoluto, affidando ad esso la propria identità. Contini, dunque, è a buon diritto cittadino di quell’Olimpo minore di teste matte che con il loro silenzioso sacrificio fanno grande una letteratura.

Prima ancora che un Paese.

Michele Trecca

 

«Da quando i giornali avevano avuto l’infelice idea di battezzare Il castello della morte un passaggio a livello all’entrata della città, tutti gli aspiranti suicidi venivano lì. Sei in quattro mesi: uno addirittura da Bologna.»

In libreria

Binario morto di Edoardo AngelinoEdoardo Angelino
Binario morto

Besa, 1998
Collana: Nuove lune
160 p., brossura
€ 14,00

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