Connessioni virtuali onnipresenti. Smartphone indispensabili. Smaterializzazione. Tutto sincronizzato. Chi lo avrebbe detto che in questi tempi digitalissimi c’è ancora chi crede nel potenziale della carta e delle sue tante forme, perché si possono toccare, annusare, stringere, sfogliare? Se anche voi respirate il profumo dell’inchiostro quando un libro nuovo si apre, o passate le dita sopra uno stampato particolare per sentire il rilievo gentile delle scritte allora mettetevi comodi e scoprite qui le storie di quattro progetti, tutti diversi, che raccontano visioni imprEnDITORIALIcontemporanee attraverso un mezzo antico come la carta.
Cosmopoli
Bottega Fagnola è un laboratorio artigiano nato nel 1955 nel centro storico di Torino che si occupa di legatoria, restauro e cartotecnica. Paola, figlia del fondatore, racconta che da tempo desiderava “provare a unire il mondo della legatura d’arte – poco conosciuto e ristretto a una nicchia di bibliofili, librai e intenditori – a qualcosa di più accessibile ed allargato, per creare piccole opere da collezionare, sperimentali anche nel contenuto, a un prezzo contenuto, realizzate a più mani, in cui tutti gli elementi (testo, illustrazioni, carta, tecnica di stampa, legatura) contribuissero in ugual misura alla percezione complessiva dell’oggetto. Immaginavo opere che originassero stupore e curiosità tanto da far esclamare a chi le raccontasse ad amici o conoscenti devi averlo in mano e sfogliarlo per capire.”
Rimasta nel cassetto per dieci anni, questa idea ha poi trovato occasione di realizzarsi per caso proprio l’anno scorso. “Quello che è iniziato come un escamotage per incuriosire i partecipanti alla mostra mercato cui abbiamo esposto dei prodotti realizzati dalla Bottega è diventato un gioco creativo coinvolgente: i visitatori pescavano due parole e dovevano creare, lì sul momento, un disegno di una chimera, per esempio nonnanello, tastiera-tulipano… a fine fiera abbiamo raccolto tutte le chimere e le ho rilegate, in diretta, in un unico libro di tanti artisti. In un giorno e mezzo abbiamo raccolto più di 60 chimere. Visto l’interesse suscitato, abbiamo pensato di far evolvere l’idea e quelle chimere sono state il punto di partenza per la prima serie di volumi firmati Cosmopoli. In una seconda fase, infatti, abbiamo chiesto a degli autori di pescare un’immagine e un genere letterario per creare il loro testo breve: ogni coppia chimera-testo è diventata un libro, rilegato con materiali e tecniche diverse per dare senso al contenuto anche attraverso la forma del libro stesso. Così è nata Co-me·ta: COllezione di chiMEre sperimenTAli, ed è diventata l’oggetto di tesi di Arianna Taretto e Lorenzo Mauro”.
Cosmopoli oggi si propone come un contenitore editoriale che permetta di produrre libri d’artista, un po’ legature d’arte e un po’ fanzine: le edizioni sono limitate e numerate (136 copie per titolo), a un prezzo popolare (meno di 20€ ad esemplare), in cui ogni elemento di contenuto e produzione materiale contribuisce ad arricchirne il significato.
“Oltre alle chimere” conclude Paola “c’è un quinto libro in progetto, realizzato insieme a Nicoletta Daldanise, che si occupa di arte contemporanea, a Portmanteau, centro di accoglienza culturale nella città di Torino, e a Cecilia Campironi, illustratrice. È un libro-mappa intitolato La contrada dei bisbigli, ambientato nella contrada dei Guardinfanti, zona del centro storico di Torino dove la Bottega Fagnola e altre attività storiche sono nate e operano. Questo libro è un primo esperimento di quello che abbiamo chiamato La città invisibile: è inserito in un crowdfunding insieme ai primi quattro titoli di Co-me·ta. Nel caso in cui la campagna raggiungesse l’obiettivo avremmo la possibilità di produrre effettivamente questi titoli e, se dovesse esserci interesse, produrne di nuovi: nuove chimere, sempre create attraverso il gioco di estrazione (la prossima occasione sarà la mostra-mercato dei Graphic Days Torino 2019), oppure pensare ad altri titoli della città invisibile, ambientati in altre zone di Torino meno conosciute che hanno storie interessanti. O magari in altre città…”
Littera Antiqua Lab
La scintilla è scoccata nel 2012, quando Bianca e Giovanna hanno frequentato lo stesso corso di approfondimento e hanno scoperto che piuttosto che farsi concorrenza era più interessante collaborare. È così che nasce Littera Antiqua, laboratorio di legatoria che si occupa di conservazione e recupero dei libri nel cuore di San Salvario. “Io e Giovanna abbiamo competenze diverse ma complementari. Entrambe vogliamo mantenere vivo un mestiere che si sta perdendo” spiega Bianca Maria Bordone. “Rispetto agli esordi la nostra attività si è molto ampliata, al recupero dei libri abbiamo aggiunto anche i corsi, le attività per il pubblico, la produzione di gioielli e altri oggetti in carta che ci inventiamo noi, come per esempio il Peter Diary, un’agenda che offre tanti contenuti extra (to do list, lista della spesa, memo delle date importanti) confezionata con una legatura snella di tipo orientale, Midori, con elastico. Abbiamo deciso di dedicarci anche alla trasmissione delle competenze di questa professione con corsi annuali che forniscono le conoscenze necessarie a chi vuole avvicinarsi al mondo della legatoria in modo più professionale”. Siccome da cosa nasce cosa, proprio da questa attività è nata l’idea che contraddistingue Littera Antiqua dagli altri laboratori di legatoria. “Su richiesta dei nostri stessi studenti abbiamo deciso di allestire uno spazio di lavoro che consentisse loro, una volta terminato il percorso di studio, di continuare a praticare ciò che hanno imparato. L’idea si è evoluta e il 18 ottobre inauguriamo Littera Antiqua Lab, il nostro coworking, un laboratorio dedicato alla legatoria che accoglie tutti coloro che vogliono realizzare i loro lavori in uno spazio meglio attrezzato e più comodo di casa propria. Con il valore aggiunto della condivisione con altre persone che hanno la stessa passione”. Littera Antiqua ha pertanto trovato il modo di svecchiare l’immagine della legatoria e di proporla al pubblico con un’immagine dinamica e contemporanea. “La nostra offerta si articola su questi tre servizi innovativi: il coworking, l’affitto dello spazio per chi voglia tenere dei workshop in giornata, l’affitto delle pareti come vetrina espositiva per piccole mostre”. Bianca e Giovanna non si fermano qui e pensano in grande e a lungo termine. Oggi aprono il coworking, ma domani vorrebbero aprire una scuola di arti cartacee, per far nascere un polo culturale e sociale con il comune denominatore della carta.
Print Club Torino
Dall’incontro di due associazioni culturali, Plug – che si occupa di comunicazione sociale e progettazione sostenibile – e TAL, Try Again Lab, associazione fondata da due graphic designer e uno psicologo serigrafo, è nato 5 anni fa il Print Club Torino, un laboratorio creativo di stampa e arti grafiche con base in ToolBox Coworking dove sperimentare e condividere idee, tecniche e processi. La sua missione è quella di offrire a illustratori, designer, studenti e semplici appassionati gli strumenti, i materiali, gli spazi necessari per dare forma a idee e progetti con l’aiuto di consulenze professionali. O, come lo ha spiegato il presidente Fabio Guida, il suo obiettivo è quello di “fare incontrare persone brave per consentire loro uno scambio e una contaminazione con esperienze differenti, a metà fra il contemporaneo e la tradizione. La caratteristica principale del Print Club è quella di essere un luogo aperto al pubblico: attraverso l’iscrizione al club si ottiene l’accesso a spazi e strumenti di uso autonomo o assistito dal nostro staff. I soci possono anche iscriversi ai corsi per imparare direttamente le tecniche di stampa più diverse, i nostri workshop solitamente abbinano un tecnico a un creativo per fornire un approccio completo al tema. In questi 5 anni abbiamo fatto più di un centinaio di workshop, lavoriamo molto sul territorio in collaborazione con altre associazioni che si occupano di ambiti diversi. Print Club è un posto dove si imparano cose nuove e soprattutto è un luogo di incontro. La nostra idea è che si vive meglio se circondati da gente brava”. Rispetto ad altre stamperie, il plus del Print Club sta nella possibilità di realizzare un progetto editoriale/tipografico con le proprie mani, dalla fase di progettazione fino alla stampa, stabilendo una relazione personale con l’esperienza. “L’innovazione che abbiamo apportato con il Print Club” prosegue Fabio Guida “è quella sul processo: abbiamo avuto l’idea di costruire una rete e di legare – attraverso flussi, azioni, progetti – persone e competenze. L’innovazione vera oggi è incontrarsi nella realtà: con questo timing sfrenato, con il wi-fi che ti permette di baciarti a distanza non ci si bacia più dal vivo. La nostra non è innovazione di tecnica o di tecnologia, perché possiamo passare dal metodo di stampa più contemporaneo e moderno a quello più antico. Quello che ci interessa sperimentare è tutto ciò che sta in mezzo, è la contaminazione”. Print Club Torino è anche il cuore pulsante della manifestazione Graphic Days Torino, una 4 giorni dedicata alle arti grafiche e visive con l’intento di diffondere questa cultura a livello più ampio possibile. Perché obiettivo a lungo termine del Print Club è “allargare la nostra rete sempre più fra le persone, cambiare idea continuamente, forse anche esportare questo modello in altri contesti, ma sicuramente per farlo sono necessarie le relazioni prima delle competenze, perché noi cerchiamo storie, non vendiamo servizi”.
The Paper Lab
Avete mai pensato alla carta come veicolo materico della logica digitale? Daniela Calisi sì, durante un percorso di evoluzione iniziato più di venti anni fa. L’idea comincia a formarsi con le sue prime sperimentazioni sul testo risalenti al 1993, in cui ha indagato le capacità delle parole e dei testi di modificarsi nel momento in cui incontrano la dimensione virtuale e digitale. Seguono anni di studi sugli ipertesti, sulle interfacce di lettura, produzione di opere artistiche digitali che la portano, nel 2006, a osservare che tutta l’esperienza elettronica fino ad allora da lei acquisita cominciava a restituirle il desiderio di portare la stessa logica su oggetti fisici. “L’editoria degli ultimi anni è cambiata molto anche a seguito delle innovazioni tecnologiche che si sono affermate” spiega Daniela. “Con l’arrivo dei blog, per esempio, è cambiata anche la scrittura off line, che ha in parte assorbito le caratteristiche di velocità e brevità della scrittura online. Ritengo che oggi la tecnologia sia matura per consentire una contaminazione fra digitale e cartaceo a livello di progettazione di nuovi prodotti editoriali”. Per questo è nato Paper Lab, uno spazio che ha l’obiettivo di “indagare tutte le possibilità di testi interattivi ibridi fra cartaceo e digitale. A un estremo ci sono i testi solo cartacei, che devono la loro forma finale a un processo pensato da autori di formazione digitale. All’altro, ci sono testi puramente digitali ma che non prescindono da una cultura profondamente umanista e dove il contenuto torna ad avere il ruolo principale”. Nato nel 2017, Paper Lab ha terminato il suo periodo di incubazione ad agosto 2019 e ora è pronto per correre sulle sue gambe. “L’associazione che ha fondato questo progetto nasce come unità di produzione /luogo di prototipazione dove si raccolgono persone con un concetto di editoria nuovo, senza confini fra reale e virtuale. Secondo noi è questa l’editoria di oggi, per questo mettiamo le competenze di un gruppo di professionisti al servizio di progettualità e al fine di distribuire nuovi prodotti in un ambito più ampio”. Ma non è solo la mission del progetto il suo elemento di originalità. Sede di Paper Lab è infatti un’osteria, l’Osteria di Miranda, a fianco alla centenaria bocciofila del Fortino. “Abbiamo scelto l’osteria come sede del nostro laboratorio perché ci rifacciamo all’idea dei terzi luoghi del Novecento, quegli spazi che a quell’epoca riuscivano a mettere insieme persone di estrazione e provenienza diverse. Perché crediamo sia proprio dall’incontro di persone diverse che possa nascere un fermento culturale e artistico vivo e prolifico, un’esperienza integrata e generativa. Per questo ci definiamo anche come start up di innovazione sociale”.
E la morale qual è?
Questa carrellata di progetti accomunati dalla carta mette in evidenza due fenomeni interessanti.
Il primo è che la carta è come la Fenice, capace di rinascere dalle proprie ceneri in modi ogni volta inaspettati, nutrendosi degli altri media per diventare ancora più sfaccettata e piena di energia.
Il secondo è che – finalmente – ci stiamo tutti stufando di questa interconnessione virtuale costante. Poco per volta torniamo tutti ad apprezzare il valore della materia, della realtà. Non è questione di nostalgia anacronistica, anzi, è questione di evoluzione della specie. A parere mio non possiamo sopravvivere in una dimensione altamente virtuale senza ritagliarci abbondanti spazi reali, dove tornare a usare occhi, mani e voce. Tutti questi progetti raccontano una carta che non dimentica il passato, ma che sa trasformarsi in espressione contemporanea di un’esigenza quasi palese ormai: vogliamo tornare a socializzare e condividere nella vita reale. Qual è la vera novità che ci lasciano intravedere questi progetti? Che la carta è più social dei social.
Daniela Giambrone
E tu cosa ne pensi?