I’m the magician girl who does not finch*
Fuori dal comune. Ho letto spesso questa definizione attribuita a Sylvia Plath, volta a trasporre la sua voce fuori da un contesto che ci ostiniamo a definire normale.
Fuori dal comune è il luogo in cui abita chiunque viva molte esistenze in maniera complessa, frequentando connessioni intime tra il pensiero e la natura che si finge muta intorno a sé, spingendosi al di là dello sguardo per affacciarsi su buchi neri pur rimanendo a una scrivania o dietro i fornelli. Siamo gli stessi atomi di un universo così vasto da contenere in nuce tutta la sua infinità. Creature come Sylvia questo lo avevano capito. Sylvia amava l’occulto, lo aveva conosciuto letterariamente attraverso Auden, Yeats e la poesia dei primi anni del Novecento; l’attrazione per certe tematiche va intesa anche come dimostrazione della sua conoscenza della letteratura e della storia americana, infatti, oltre che della retorica della caccia alle streghe ai tempi di McCarthy e del suo interesse antropologico per le arti oscure. Ogni sua lirica cita, nasconde e svela, traccia con il gesso barriere contro profanazioni e consente di volare liberamente anche aprendo varchi tra mondi, ignorando il confine tra la vita e la morte, tra il passato e il presente, tra l’esperienza e la sofferenza personale e il sentire collettivo verso la violenza di certe regole sociali che profanano libertà.
Un’ape regina dai poteri magici che si nasconde nel profondo dell’alveare.
“Fumo si spande e serpeggia nella radura.
La mente dell’alveare pensa che questa è la fine.
Ecco le api operaie sui loro isterici elastici:
Ma se sto ferma mi scambieranno per un arbusto,
Un innocuo fantoccio che il loro furore non tocca.
Senza far piega, un personaggio in una siepe.
Aprono i favi paesani, cercano la regina.
Si nasconde? Mangia miele? È astutissima.”
(Il convegno delle api, 1962)
Il suo amore per la letteratura è connaturato all’impiego poetico del soprannaturale poiché entrambi gli ambiti sovrastano le ragioni e le regioni affettive dei vivi. E non per un morboso fascino nei confronti di un qualsiasi al di là: le sue poesie non sono quegli epitaffi scritti in vita da una persona che tutti immaginavano prima o poi suicida. Non sono (solo) le note dolenti di una persona sempre molto vicina alla distruzione e questo non sarebbe né da giustificare né da chiarire. Come potremmo spiegare la morte se a malapena riusciamo a farlo con la vita?
Se ci imbattiamo nella parola occulto sussultiamo, ci spaventiamo o perlomeno diffidiamo: il significato profondo di questo aggettivo va aldilà delle comuni possibilità di intuizione, si coglie come un’ombra con la coda dell’occhio, qualcosa di enigmatico, inscrutabile eppure nascosto semplicemente dietro le quinte di quella che noi chiamiamo realtà. La magia nasce da un Abracadabra. È una parola che sostanzia dando corpo e verità a ciò che è fugace, indefinito, dolente e insieme desiderato, un atto di vita non casuale e perciò potente. Doveva necessariamente amare i tarocchi, Sylvia, quel primigenio tentativo di raffigurare la sorte rendendola premonizione e presagio sotto forma di un gioco molto serio che metteva in relazione immagine e significato. Come la scrittura che è intrinsecamente magica così i tarocchi le offrono la possibilità di leggere il futuro.
“Abbiamo festeggiato il mio compleanno ieri: Ted mi ha regalato un bel mazzo di carte dei tarocchi è un caro biglietto con esso, così, una volta terminati gli obblighi di questo trimestre, tua figlia inizierà il suo cammino per diventare una veggente e imparerà a fare anche gli oroscopi, un’arte molto difficile che significa ripassare la mia matematica elementare.”
(Lettera alla madre Aurelia, 28 ottobre 1956)
Si trattava del suo ventiquattresimo compleanno e circolavano dicerie maliziose sui commerci con l’esoterismo del giovane marito Ted Hughes. Qualche giorno dopo acquistò un libro sui tarocchi, The Painted Caravan di Basil Rakoczi, un artista che condivideva le origini con quegli zingari perseguitati dal regime nazista il quale riteneva che anche gli ebrei avessero poteri magici: il padre di Sylvia era tedesco e sua madre ebrea e la sua poesia riflette spesso quei pregiudizi che associavano le identità semitiche alla magia.
È attratta dal potente simbolismo dei tarocchi, che hanno poi ispirato diverse delle sue poesie al rientro in America.
“Ho iniziato a leggere Painted Caravan: è il mio libro preferito. Provo un amore stranissimo nel tenerlo in mano, fissando le immagini: ho letto l’introduzione in cui l’autore sostiene che gli Zingari hanno incorporato nei loro Tarocchi (una sorta di Libro-Mondo) i rituali di tutte le religioni e i culti e che l’Iniziato può penetrare al di là del superficiale simbolismo, come se di velo in velo potesse arrivare al Solo. Ho meditato sul Matto, Sul Giocoliere, guardando con attenzione le immagini, leggendo e rileggendo le descrizioni lucide e piacevolmente scritte di esse e del loro significato. Andrò avanti in questo modo, scorrendo lentamente l’intero libro, così da arrivare a saper disporre il mazzo con una conoscenza di base tale che le carte fluiranno, si incroceranno e si mescoleranno, grazie ad una grande concentrazione e molta pratica. Non vedo l’ora di dedicargli il mio più profondo amore e attenzione: mi sento molto affine alle carte, in un certo senso.”
(Lettera a Ted Hughes, 16 ottobre 1956)
Il suo mazzo di tarocchi di Marsiglia le è sopravvissuto ed è stato venduto per la cifra record di 150.000 dollari nell’estate del 2021.
Sylvia disponendo i suoi tarocchi ha fatto collidere le dimensioni: le figure delle carte hanno rivelato l’inconvenzionalità delle relazioni. Il padre Mago è il supremo inganno di chi con giochi di prestigio controlla il destino altrui, impugnando il potere finché il trucco non viene scoperto, hanno sempre saputo che eri tu; la Luna madre, falce che sorride e ferisce, è il lato oscuro che svela abissi, sogno che diventa illusione e mistero che diventa menzogna, non è dolce come Maria; il Diavolo è Lucifero ma anche la stella del mattino con il nome di donna che segue un’orbita diversa dalle altre; l’Impiccato appeso ad una forca elettrica ci fa vedere le cose al contrario ma spesso è il punto di vista corretto sulle cose. Ha consultato i suoi Arcani così come da fattucchiera ha usato il linguaggio, imprecando e maledicendo gli stereotipi che creano fissità di genere e dominazioni, credendo con convinzione ai portentosi poteri della parola, lanciando un incantesimo creativo estetico che ha ammantato i suoi scritti di elementi rituali. Le streghe che svolazzano tra i suoi versi, i rituali e gli esorcismi in rima che si trovano per esempio nella raccolta Ariel sono immagini che rivelano squilibri e offrono rovesciamenti, dinamiche di potere da sovvertire, narrazioni di rinascita attraverso trascendenze, si trattasse pure di crolli di Torri o Carri fuori strada.
Molti suoi versi sono spesso definiti da tecniche poetiche usate in questa stregua, ripetizioni e allitterazioni che evocano un effetto formula, espedienti retorici che liberano il potere generato dalla parola. Chiamarla performatività del linguaggio non è la stessa cosa: pronunciare le parole significa agire, fare ciò che non si riesce, esorcizzare, abbattere, sconfiggere, allontanare. Lei amava leggere ad alta voce le sue poesie per trasmettere l’energia, la passione, perché si trattava sempre di prodigio, come se sfogliasse grimorii. I tarocchi fanno parte dello stesso sortilegio della poesia, attraverso il quale si cerca di trovare una liberazione, una redenzione o solo il coraggio. Mentre si pronunciano le lettere ad una ad una o si voltano le carte sul tavolo, si favoriscono metamorfosi che azzerano confini e limiti e riaffermano autonomie e indipendenze, ridisegnano identità in una tormentata ricerca di cambiamento che prevede anche anticipazioni ed affermazioni estreme.
Lei è la figlia dello stregone: non può tirarsi indietro.
La Luna non ha motivo di essere triste, è abituata a queste cose.
Emma Cannavale
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*“Sono la figlia dello stregone che non può tirarsi indietro”, The Bee Meeting, ottobre 1962 (in Ariel, 1965)
Bibliografia:
Sylvia Plath, Tutte le poesie Testo inglese a fronte, Mondadori 2019
Julia Gordon Bramer, The Occult Sylvia Plath, Destiny Books, 2024
Alejandro Jodorowsky, Marianne Costa, La via dei Tarocchi, Feltrinelli 2014
Sylvia Plath, Quanto lontano siamo giunti. Lettere alla madre, Guanda, 2024
Immagini tratte da https://www.sothebys.com
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