Quando Ava arriva in aeroporto sta per lasciare Hong Kong per prendere un aereo verso Francoforte, per raggiungere Julian. È la fine di Tempi eccitanti e c’è Edith che l’aspetta all’entrata del gate. Ada si sente finalmente un’adulta.
Tempi eccitanti è il romanzo d’esordio della scrittrice irlandese Naoise Dolan, non è dunque possibile fare paragoni con libri precedenti, ma risulta quasi immediato paragonarla ad un’altra scrittrice irlandese, Sally Rooney. Entrambe scrivono della generazione millennials, di Dublino, di relazioni con finali aperti, ma lo fanno in maniera differente.
La prosa della Dolan è ricca di ironia amara, la protagonista, Ava, ha un linguaggio sempre pungente, pieno di sarcasmo. Arriva ad Hong Kong subito dopo la laurea, senza avere un piano preciso, parte alla ricerca di qualcosa, senza nutrire grandi aspettative. Qui trova un lavoro malpagato che nemmeno le piace: deve insegnare l’inglese ai bambini ricchi della città, quelli che per le vacanze di Natale lasciano il continente mentre lei non può permettersi nemmeno un viaggio di ritorno a Dublino. Proprio lei, comunista e in continuo contrasto con la classe sociale cui appartiene, si rende conto di amare i ricchi. Infatti si imbatte in Julian, un banchiere inglese che lavora a Hong Kong e che le offre di vivere gratuitamente nel suo appartamento. Julian rappresenta tutto ciò che lei non è: una carriera brillante, alte prospettive di vita, uno stipendio elevato e l’appartenenza ad una classe sociale agiata.
Ciò che nasce tra Ava e Julian è la non relazione tipica dei nostri tempi: viviamo insieme, ma non stiamo insieme. Andiamo a cena insieme, ma non siamo fidanzati. Non sono nemmeno amici. Qualcuno parlerebbe di “relazione tossica”, in cui la parte tossica potrebbe essere vista inizialmente in Julian, per poi rendersi conto che il problema è proprio di Ava. È lei a illudersi di non desiderare una relazione, è lei a scegliere di farsi bastare un amore così. Sono davvero tempi eccitanti scanditi da quella confusione interiore tipica dei giovani che non hanno ancora trovato il loro posto nel mondo e mentre si interrogano sul “chi sono davvero io?”, accettano di vivere con la filosofia di Here now, con l’intento di provare a godersi ciò che si ha, senza pensare agli effetti collaterali.
«Era stato chiaro sul fatto che gli piaceva avermi attorno, ma non voleva niente di serio. La sua onestà feriva il mio orgoglio, così mi dicevo che era un bugiardo. E non potevo neanche sentirmi veramente, sfarzosamente dispiaciuta per me stessa, perché non era di reciprocità che ero affamata. Il mio desiderio era che i sentimenti di Julian fossero più forti dei miei. Nessuno avrebbe provato empatia per qualcosa del genere. Volevo uno squilibrio di potere, e volevo che andasse a mio vantaggio».
I sentimenti si nascondono dietro giochi di potere, tenerezze nascoste e, talvolta, sensazioni soppresse. È l’indisponibilità emotiva di Julian ad avere potere su Ava: le fa desiderare di essere amata proprio da lui. Dall’altra parte c’è un giovane con tutti i suoi privilegi che non è disposto ad avere una normale relazione, cerca soltanto compagnia al posto della profonda solitudine. È un narcisista, come lo è anche Ava, l’egocentrismo di chi non è diposto a mettersi a nudo, ad ammettere di avere bisogno dell’altro, continuando con un atto di prepotenza a desiderare amore proprio da chi non chi non è disponibile ad amare.
«La mia posizione si riduceva a: sono contenta che Julian non pretenda un’intimità emotiva da me, e sono infastidita perché non me la offre.[…] Detesto avere bisogno di lui e affronto la cosa non assumendomi la responsabilità della mia felicità, ma facendo il suo gioco, che potrebbe essere anche il mio gioco, dato che non so chi lo ha iniziato».
In questa guerra interiore senza vinti né vincitori, arriva Edith. Anche lei è una donna in carriera, brillante e ricca. E anche lei subisce il fascino della fragilità di Ava, dal suo aspetto cinico e il suo totale distacco emotivo, Ava inizia a fare i conti con la sua debolezza: ha paura dei sentimenti. La sicurezza di Edith la spaventa, così come la possibilità di una relazione stabile. Il timore di Ava è sempre quello di sentirsi rifiutata non appena provi a mostrarsi per chi è davvero, è vittima di un profondo senso di inferiorità che la rende una persona insicura. Sono tantissimi i messaggi WhatsApp non inviati che diventano note sul suo telefono. Anche in questa relazione ci sono giochi di potere, ma sono differenti. Perché Edith non scappa, non la allontana, non si lascia desiderare, le dichiara i suoi sentimenti ed è pronta a viverli apertamente, questo è il suo potere. Un potere che terrorizza Ava, perché si rende conto che Edith ha il potere di farla soffrire. E scappa.
In questi tempi eccitanti Naoise Dolan mette nero su bianco la vita di una giovane della generazione millennial, che va alla ricerca dell’io, a tratti insopportabilmente tagliente e schietta, comunista e vegana, femminista e con un lavoro precario, è la rappresentazione di tutto ciò che si cela dietro l’apparente distacco emotivo: il bisogno di amare e la paura di farlo. Il libro è così ricco di sensazioni descritte e tradotte poi brillantemente da Claudia Durastanti, che tutto il resto fa da sfondo, la città, le ambientazioni risultano secondarie. Sono le non relazioni di Ava a muovere l’intero libro.
«Cosa siamo noi?»
«”Non sono abituato a stare con persone come te”, ha detto. A volte ero brava con lui, a volte lui era bravo con me, a volte eravamo bravi l’uno con l’altra, e altre volte nessuno di noi due era bravo a fare niente. Tutta la faccenda era così confusa che mi auguravo che uno di noi due avesse tutto il potere dalla sua parte, e non mi importava nemmeno se sarebbe toccato a lui, anche se chiaramente questo non era vero, altrimenti lo avrei lasciato vincere e basta, e a quel punto lui avrebbe perso interesse per me e mi avrebbe sostituita con una modella perché sono più magre o con un bassotto tedesco perché perdono meno peli».
Giusy Esposito
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