Era uno di quei periodi lì, avete presente?
Si, uno di quei periodi lì che ve li ritrovate addosso senza accorgervene e la vostra vena di lettore che fiuta i libri è ritrosa, stizzita, saccente. Più che altro, annoiata.
Ecco, uno di quei periodi lì. Quando vi accorgete, dopo un po’, che prima di dormire (perché voi dovete leggere comunque la sera, fosse anche l’etichetta dei pantaloni che vi levate alle tre del mattino) vi ritrovate costretti a prendere per la trentasettesima volta una storia qualsiasi di Ken Parker, con il terrore di farvi blandire ancora dalla bellezza e rileggervi dall’inizio alla fine tutta la serie. Oppure quando eccovi intenti a fissare la libreria mugugnando che, morisse e resuscitasse Berlusconi, le Confessioni di Sant’Agostino non le rileggerete mai, e quindi prendete con fare deciso Watchmen o V for Vendetta, pensando alla foto di Alan Moore che vi traguarda con capelli e barba lunghissimi e nerissimi e che ormai non sarà più quello ma sarà nonno forse o, peggio ancora, quando ancora, eccovi, non resistete proprio, estraete dall’ordine un libro del B.C di Parker e Hart con l’idea ingenua di sorridere a decine, centinaia di strisce che avete consumato con gli occhi in qualsiasi momento della vostra vita dai sei anni in avanti. Ecco, giusto uno di quei periodi lì, dicevo, da cui non sapete come ne uscirete e siete convinti che, in fondo, non ne uscirete mai.

Perché in quei periodi lì (ma a ben pensarci praticamente sempre tranne eccezionali eccezioni) per voi i gialli, i noir, i thriller o come li volete chiamare non esistono, e non potete attingere a questa oggi inesauribile fabbrica di soap opera dell’intrigo e della suspense. Perché voi vorreste leggerete un bel libro, anzi ne vorreste, in quei periodi lì, uno sconvolgente come quando avete letto…

Perché i libri appena usciti, voi, in quei periodi lì, li guardate in libreria, li sfogliate speranzosi, li leggiucchiate dove potete e vi sembrano drammaticamente, incomprensibilmente, tutti uguali, uguali nel senso che quando quello scrittore prende la parola invece di non potergliela togliere più, la parola, voi gliela vorreste tirare in testa lettera per lettera urlando come un ayatollah i nomi di tutti quelli che hanno il suo stesso stile e la medesima voce  in quella ca**o di libreria che vi sta provocando un inizio di nausea solo a guardare le pile di libri inutili che vi soggiornano. Ecco, quei periodi lì insomma, in cui arrivate a pensare cose come: voglio un libro grosso, che mi duri almeno un mese, tanto per darvi una luce sulla strada.

Gioco forza, dopo aver speso i vostri due neuroni superstiti in questo modo per più o meno una settimana, la nostalgia del tempo che fu vi assale. Presto vi cullate nel ricordo di quel tempo che vi appare lontanissimo in cui, siete sicuri, dovevate ancora leggere tutto e ogni scoperta e piacere erano dietro l’angolo e adesso invece…
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Adesso i classici, che in genere sono belli grossi, cosa volete, li avete letti tutti, sicuro, e quei due o tre che non avete letto non vi interessano perché già avete visto che non vi piacciono. Dostoevskij basta, forse, a pensarci, un suo libro almeno vi manca. È grandioso però… qualcosa di diverso magari e, certo, Proust: sarebbe bello poter leggere La Recherche come fosse la prima volta, ma ormai ve la siete giocata. Basterebbe anche un bel Genij Monogatari, e chissà perché quel cavolo di libro di Barth non lo trovate e gli altri della lista neppure. Mah… e i saggi? No, ora no, gli ultimi due erano saggi. Ci vorrebbe proprio un bel romanzo, di quelli di una volta.

Alla fine, ecco, siete arrivati a confessarvelo. Non avete più fiducia nella letteratura: duemila e passa anni di libri e voi non avete nulla da leggere!

E in una mattina luminosa invece, proprio dopo pochi grugniti, accendete la radio e per caso, da una radio che non capite neanche che radio sia (ma nella vostra zona tutto è disturbato da Radio Maria che puntualmente maledite in grammelot) arriva la voce di un esaltato che vi pare avere affinità vocali con voi e che s’infervora rispondendo ad un acido interlocutore: “E lo zio Toby eh? Quel gran personaggio dello zio Toby dove lo metti?

In breve accade il miracolo. Voi che avete un’età così insulsa per poter dichiarare di aver letto tutto (vi rendete conto all’improvviso) vi rendete conto che a novantasei anni potreste tentare di fare una simile stupida dichiarazione e per intanto non sapevate neppure che esisteva un classico della letteratura intitolato La vita e le opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo, scritto da Laurence Sterne che al momento di questa scoperta vi ricorda solo (è mattina e il caffè non è ancora versato) Lawrence Olivier e qualche minuto dopo un Viaggio sentimentale, che non avete mai letto.
Ma lasciate perdere, la questione importante ora è un’altra: quanto costa, che edizione c’è di questo bellissimo titolo da gentiluomini quali voi siete e che l’esaltato, parlando dello zio Toby, vi ha già convinto a prendere?

Alla fine non è stato difficile, il libro di Sterne l’avete trovato facilmente, abbastanza, avete dovuto fare solo 60 chilometri per averlo subito. E in due settimane piene di notti ve lo siete goduto entusiasmandovi, seppure giocandovi i due neuroni superstiti per stare dietro a Sterne.

Ancora non capite come un libro scritto e pubblicato a puntate tra il 1759 e il 1767 possa sembrare scritto l’altro ieri, per la lingua, lo stile, le idee, l’ironia e l’iperbolico andare di Sterne in ogni direzioni tenendo il tutto assieme come un fiore che sboccia assatanato di api.
E sì, ora lo potete dire anche voi: lo zio Toby è un gran personaggio, indimenticabile. Un uomo totalmente avulso dalla possibilità di dialogare con il fratello o con chiunque in genere, essendo solamente concentrato sulla teoria militare dopo il suo pensionamento in seguito ad una ferita all’anguinaia o inguine che dir si voglia. Un uomo che ogni mattina, nel suo giardino, con l’aiuto del suo ex-attendente ora maggiordomo legge i giornali e cerca di riprodurre in scala i campi di battaglia dove francesi e inglesi si scontrano in quel periodo in Europa erigendo bastioni, opere a corno, cortine e qualsiasi opera di fortificazione messa in atto in continente, simulando infine piani di azione in controscarpe avanzate, di battaglie recenti o di battaglie a cui egli stesso aveva preso parte. Insomma un uomo colto nell’epopea del suo cavalluccio di legno[1].

Lo zio Toby è solo il più assiduo (e l’unico che alla fine, straordinariamente, riveli dell’emotività sensata) dei personaggi storici o inventati che questo libro vi fa rivivere attraverso, per lo più, i deliri dialettici del padre di Tristram Shandy o le debordanti puntualizzazioni di Sterne che interviene spesso come voce dell’autore a dipanare questioni che lui stesso ha da poco ingarbugliato fino al parossismo mentre lo zio Toby, probabilmente, stava fischiando Lillabullero. Come l’epico quesito che viene proposto ai dotti della Sorbona per capire se il metodo inventato per battezzare un bambino che rimane incastrato nell’utero materno e muore sia lecito o no secondo il rito cristiano. O la violentissima scomunica esibita in un duello di pensiero per affermare taluni principi di tolleranza. O mille altre storie che Sterne ci obbliga a seguire nei punti più impensati della storia che si scoprirà molto “breve”.
E certo, qualche segno ortografico poco ordinario e qualche licenziosità ardita per i tempi, qualche lieve salto temporale e narrativo del tutto ingiustificati e qualche licenza letteraria di sapore anarcoide, nonché diverse pagine marmorizzate o nere o bianche non vi hanno distolto da questo libro incredibile che per oltre 600 pagine vi ha…
Come dite, prego?
Non si capisce di cosa parla questo libro, se c’è uno straccio di trama, che diavolo succede a chi quando per che cosa e dove?  Cos’è questo libro insomma, per l’amor del cielo?

Anche voi non avete torto, seppure dovreste essere più pazienti e meno accidiosi nella vita di tutti i giorni, come io per esempio non riesco a fare, ma certo non è il caso di dilungarsi sulle qualità necessaria ad un essere umano nella sua quotidiana lotta per la vita e forse è il caso di chiudere celermente per permettervi di correre in libreria a scuotere il vostro libraio che quasi sicuramente comincerà a dire spropositi almanaccando mentalmente sulla vostra statura di lettore snob e mal disposto verso i poveri librai pieni di tutti quei Dan Brown. E quindi.
La vita e le opinioni di Tristram Shandy, gentiluomo è una splendida, imperiosa, fagocitante digressione continua sul genere umano e la sua lucida follia. Che finisce così, a parlare di una storia di un toro che doveva essere un gran montatore e non riesce ad inseminare una vacca:
D—o! disse mia madre, ma di cosa parla questa storia? —
Di BALLE, disse Yorick — ed è una delle migliori del suo genere che abbia mai sentito.

Simone Battig

 

[1] Per la definizione di Cavalluccio di legno vedere Sterne nel libro in questione, o il trattato di Cornelius Ante legnum ibridatione.

 

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