Ci sono storie e storie. Le versioni ufficiali di un fatto, quelle rivisitate dello stesso. Ci sono storie modificate storpiate riviste riorganizzate dai regimi. Storie inventate e impacchettate pronte per indottrinare. Esistono le storie parallele, quelle che toccano le vite degli ultimi mentre i grandi firmano trattati e accordi. C’è la Storia istituzionale che viene insegnata al liceo e gli eventi che tra i banchi di scuola non vengono neppure sfiorati. Storie di prospettive diverse, angolature dalle quali osservare l’accaduto, che modificano un evento a seconda della posizione di chi lo guarda.

E poi ti capita questo libro tra le mani, che rispetto a quello che hai già visto, sentito, studiato e dibattuto è decisamente “Tutta n’ata storia”, come suggerisce il titolo. Ed è per via della sua voce. Bisogna sempre trovarne una prima di immaginare la storia che si vuole raccontare, come afferma il seguitissimo Fernando Aramburu. Ed eccola qui, la voce.

Pubblicato dalla giovane e vibrante casa editrice inKnot (esperti in comunicazione, in catalogo numerosi titoli corredati di video-trailer scaricabili dal loro sito, grafica accattivante, andate a scovarli in rete) Tutta n’ata storia è un volume concepito con l’approccio della public history; ha uno stile accattivante, ironico, brillante, intelligente. Scritto da Diego Davide, autore tra le altre cose del programma radiofonico Colazione da Tiffany in onda su Radio Rai 2 e collaboratore alla cattedra di Linguaggi della Storia presso l’Università degli Studi di Napoli Suor Orsola Benincasa, questo volumetto geniale ripercorre i fatti del capoluogo partenopeo nell’età moderna, quel lasso di tempo che va quindi dalla scoperta dell’America alla caduta di Napoleone Bonaparte, e lo fa attraverso i luoghi perché, come lui afferma nelle note di lettura, “la toponomastica ci racconta i luoghi e i fatti, molto meglio di quanto non facciano quattro numeri messi uno dietro l’altro.

Da via Toledo, che prende il suo nome dal famoso vicerè spagnolo Pedro Alvarez de Toledo, descritta come la strada del pariamiento napoletano e raccontata attraverso le cronache del tempo che coinvolgono sconosciuti impegnati in travestimenti e accirimienti vari o per mano di intellettuali come Goethe e Stendhal, a piazza del Plebiscito che diventa il pretesto per raccontare le poco edificanti gesta di Ferdinando di Borbone, capetto di una baby gang ante-litteram, una paranza a tutti gli effetti, passando per la Pignasecca, Piazza Triste e Trento, Monte di Pietà. Ogni posto con la sua storia. I suoi personaggi sono tratteggiati da una penna irriverente e mai banale, una comicità esilarante ma dosata, una filosofia della leggerezza mediata dalla consapevolezza di chi la storia la conosce bene. Ogni riferimento è corredato da note esplicative e citazione di fonti. Tutte puntuali.

Nessuna recensione di questo libro parlerebbe meglio della voce autentica del suo autore. E quindi vi offro un assaggio del suo modus operandi per investigare i luoghi e parlare dei fatti accaduti.

Avete presente quelle enormi bomboniere di ceramica che si regalavano una volta ai testimoni di nozze? Uscivi di casa che le vedevi in un posto e tornavi che stavano in un altro, così quando ne chiedevi conto a tua mamma quella ti rispondeva: “Sto cacaturo accussì enorme, non ho ancora capito dove lo devo mettere. Un bel giorno lo butto da sopra a basso e ci togliamo il pensiero”. A me la fontana del Nettuno, ha sempre fatto venire in mente quelle bomboniere là. Non che sia un cacaturo, anzi ma dal Cinquecento a oggi ha fatto avanti e indietro non so nemmeno quante volte: dall’Arsenale a largo di Palazzo, poi Santa Lucia, a via Medina, a piazza Nicola Amore, a piazza Borsa, di nuovo a via Medina e ora, per ora, in piazza del Municipio.”

Questo manualetto per studenti che vogliono pariare, per curiosi che si vogliono acculturare, per turisti che vogliono una guida per un’insolita visita di Napoli, è scritto tutto così. Accussì. In un italiano regionale nel quale i termini partenopei vengono abilmente dosati attraverso un occhio dissacrante che inserisce oggetti e scenari contemporanei nel passato remoto in modo così inverosimile da sembrare reale. Più della storia, quella vera.

Dopo l’incipit che l’autore stesso definisce avvertimento, dopo aver ripercorso le tappe di una città che si può odiare o amare ma certamente non si può ignorare, dopo aver sorriso e riflettuto per i salti temporali che ci riconducono spesso al presente, non posso fare altro che consigliare di procurarvene una copia.

Fidatevi, leggete. E pure una materia ostica come la storia farà da spunto per una retrospettiva piacevole delle letture imposte al liceo.

Fatelo, e non vi resterà che ridere.

Angela Vecchione