Numero 13 | Ottobre 1998

C’e uno scambio di battute in Rancid Aluminium che racconta molto del modo di vedere di James Hawes sia come autore che come persona. Nel breve flash di un ricordo ci sono lui e sua madre che guardano la televisione. C’è un programma tipo «Più sani e più belli» e la conduttrice, che sembra una rinsecchita maestra di ginnastica, sta illustrando gli effetti dell’alcool sulla salute mostrando il fegato distrutto di un bevitore. Poi:

RINSECCHITA MAESTRA DI GINNASTICA (mostrando un secondo fegato): Questo invece è il fegato di un uomo sano.

MIA MADRE (versando lo cherry): Se davvero è così sano che ci fa il suo fegato alla tele?

Eccolo qua, James Hawes. In queste due battute, come in ogni pagina di Rancid Aluminium e del libro precedente, Una Mercedes bianca con le pinne, ci sono due dei tre elementi che fanno la forza di Hawes.

Uno è questa lucida, laica, dissacrante e fedele ironia che lo accomuna ad altri scrittori anglosassoni della sua generazione editoriale come il Tibor Fisher di «La gang dei filosofi», a quelli della generazione precedente come Martin Amis e Ian Mac Ewan e a tutto il cinema inglese della rinascita come «Quattro matrimoni e un funerale» o meglio «Piccoli omicidi tra amici». Un’ironia che arriva a strappare la risata e che emerge dappertutto, anche nei momenti più drammatici o in quelli più poetici e intimisti, come quello, bellissimo del gioco delle cose nella Mercedes con le Pinne.

L’altro elemento contenuto nella battuta del fegato è quello della digressione, che Hawes, come Fisher, sa usare con grandiosa efficacia. Mentre ti sta raccontando della rapina che ha progettato improvvisamente il protagonista della Mercedes comincia ad esporti i suoi problemi di trentenne calvo che vive in un monolocale e poi tutti quelli della sua generazione di Giovani Adulti Imperfettamente Avviati che sciamano verso le mamme in cerca di soldi, poi arriva il Gioco delle Cose e via così. Mentre sta precipitando in un affaraccio di spie, finanzieri e mafiosi russi, il protagonista di Rancid Aluminium si ferma e ti racconta del suo rapporto con il Grande Arbitro, di come i telefonini brucino il cervello con le radiazioni e di quando si mette a cantare dopo aver bevuto. Sembra che la narrazione esploda, prenda impensabili direzioni diverse e invece poi torna, tutto quadra di nuovo e senza essertene accorto hai fatto un passo in più e sei dove Hawes voleva che tu fossi, tra gli yuppie e i balordi dell’Inghilterra post Thatcheriana, nella Russia post comunista, nell’anima di una generazione in crisi che fa della calvizie e della pinguetudine incipienti il simbolo di una intima decadenza. E ansioso di leggere la prossima riga.

Sì, perché il terzo elemento che la battuta del fegato nella sua brevità non riesce a rivelare, è la suspense, la capacità di Hawes di mantenere sempre intatta la tensione di quelli che tra le tante cose sono due grandi, avvincenti e ironicamente torbidi romanzi noir. Sia nella Mercedes, che soprattutto in Rancid Aluminium, non c’è un capitolo che non si chiuda con un mistero, con un e poi? che costringe a leggere il capitolo successivo e poi quello dopo e così via fino alla catarsi finale di un mondo immorale, che pensa solo ai soldi ma in cui forse una piccola romantica scintilla di speranza c’è.

Inutile dire che i romanzi di Hawes sono molto cinematografici e che la narrazione procede per scene e sequenze. Attualmente è impegnato nella sceneggiatura di Rancid Aluminium e si capisce parlandoci come è successo al Festival di Mantova che mollerebbe la narrativa per mettersi a fare lo sceneggiatore. Sarebbe un peccato, perché oltre alle scene nei romanzi di Hawes ci sono davvero le parole. Parole che giocano, che si rincorrono tra le righe, che si spezzano in A) B) e PRIMO, SECONDO seguendo anche strutturalmente la sua naturale tendenza alla digressione e all’ironia.

«In realtà non dovrebbero mandare all’università quelli come noi. […] Per tre anni studi cose che ti interessano e alla fine ti dicono: Okay, ragazzo o ragazza, la buona notizia è questa: adesso hai legalmente il diritto di portare uno stupido tocco e una fottuta toga (per dimostrare che sei intelligente). E la brutta notizia è: tutto qui».

Resta con noi Hawes.

Carlo Lucarelli

 

James Hawes è nato nel 1960. Dopo essersi diplomato all’Hertford College di Oxford, ha lavorato come insegnante di inglese in Spagna e come archeologo in Galles. Ha insegnato in Irlanda tra il 1989 e il 1991 prima di insegnare tedesco all’Università di Swansea. È autore di sei romanzi. Il primo, Una mercedes bianca con le pinne (1996), racconta la storia di una rapina in banca che va storta. Segue Rancid Aluminium (1997). I protagonisti di Dead Long Enough (2000), il terzo romanzo di Hawes, si incontrano ogni anno nella stessa notte armati solo di uno spazzolino da denti e di soldi, pronti per l’avventura. White Powder, Green Light (2002) è descritto dal suo editore come “un viaggio comico dalle eccentricità del Galles al mondo da film di Soho”. Il suo quinto romanzo Speak for England è stato pubblicato nel 2005; il sesto, My Little Armalite, è del 2008. Il suo ultimo libro è Englanders and Huns: how fifty years of enmity led to the First World War (2014). Dal 2008 James Hawes è docente di scrittura creativa presso la Oxford Brookes University.

Il libro nel 1998

Rancid Aluminium di James HawesJames Hawes
Rancid Aluminium
Bompiani, 1998
Traduzione di E. Capriolo
p. 302, brossura
L. 29.500

 

Il libro oggi è fuori catalogo. Puoi acquistarlo usato qui