Credo che nel viaggio incompiuto risieda la sostanza di questa storia, vagante e dura come selce. Un uomo che cammina attraverso la vita, lungo una strada polverosa, di una tristezza infinita e grigia, come può esserlo un cielo di guerra. Thesar Lumi, tesoro di fiume, passa attraverso le vicende della sua terra e della propria storia e la loro violenza, sospinto da una corrente triste, dagli anni di studente alle proprie radici, incomprese e svilite, nel tentativo di dare un significato all’inutilità, una direzione al suo vivere. E gli avvenimenti si succedono silenziosi o profetici, l’avvelenamento del cane Max, segno di cose che verranno, l’università e il segreto e la vergogna di uno zio disertore. Le minacce, i silenzi, l’amicizia e l’amore. L’unico amico. L’unica amante. La libertà negata e le cave di pietra.

Demoni danzano tra le parole, la solitudine e l’amarezza. E non c’è soluzione di continuità in un circolo che unisce una partenza, una vita ed il desiderio di restare. Dove sono i propri morti. A guardia di un cimitero, in mezzo al vomito. In compagnia di un pazzo, che veglia il corpo della figlia suicida.

«Ma era scritto che dovessimo trascorrere insieme i nostri giorni, uno la maledizione dell’altro, finché non ci saremo più, né io, un uomo da nulla, né tu, un pazzo.»

La meccanica che sviluppa e conduce alla risposta è proprio il viaggio non intrapreso, il coraggio e l’ignavia di una nave non salpata. Non sembra una scelta, quanto piuttosto la sua negazione. Il protagonista sperimenta il tono e l’ingiustizia ma decide ugualmente di restare. Una desolata disperazione ne muove i gesti, un’ assenza, il vuoto orrendo. Credo che tutto, la delusione, il rimpianto e la rabbia odiosa, siano caduti sull’attesa come polvere.

Anche la speranza è sepolta nel suo sepolcreto.

Gli orrori senza giudizio e le ferite si cronicizzano, diventano normalità. È incredibile come mutino i criteri secondo le convinzioni comuni, come si possa manipolare l’esistenza e negare la felicità a causa di un’idea collettiva. Come la pazzia che alberga in ciascuno e che ciascuno nasconde, sia regola nelle circostanze che ne sono occasione. E sia mostrata come muscolo, forza che muove e sposta le storie degli uomini e allontana chi amiamo e ci perde lungo la vita. Occhichiari sorride e digrigna i denti. Ha potuto tanto. Ha spezzato una volontà, ne ha plasmato i confini. Ma quello che insegna e conduce è inarrivabile, e muove ad un viaggio verso un mondo diverso, che sia un’altra terra o la morte. E l’uomo da nulla resta. Ridotto ad altro da sé, si siede. Motivi validi non ce ne sono. Solo il rincorrersi inarrestabile delle partenze. Thesar Lumi si siede. In tasca coltello e lecca-lecca. A compiere un destino che altri hanno scelto. Tutto diviene simbolo, segno di vite ulteriori, implorate e rimosse. Il presente resta una calma e folle mancanza.

Loretta Geslao

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Fatos Kongoli
Un uomo da nulla

Argo, 1994
Collana: Il pianeta scritto
Traduzione di Eugenio Scalambrino
178 p., brossura
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