Parlare, scrivere, raccontare Oriana Fallaci per me è difficile. Mi sento inadeguata, come se ogni parola rischiasse di banalizzare le sue. Come se non sapessi mai abbastanza di lei, di ciò che ha scritto, di ciò che ha vissuto.
L’ho scoperta un inverno, svuotando la casa che era stata di mia nonna Teresa. La libreria è stata l’ultima cosa che ho portato via.
Fra i suoi scaffali ho trovato 🔗Un uomo. Mai visto prima. Non avevo mai letto nulla di Oriana Fallaci. L’ho aperto, mi sono seduta per terra, nella casa vuota dove io e mio padre siamo cresciuti, e ho letto fino a sera.
Ci sono libri che si leggono e libri che si vivono. Un uomo è uno di questi.
Non è una biografia, né un romanzo, né un memoir. È una dichiarazione d’amore urlata con la voce rotta. Una preghiera laica. Un grido di rabbia. È scritto con il sangue e la verità di chi ha amato davvero. Fallaci racconta Alekos Panagulis — poeta, partigiano, ribelle greco — non solo come figura storica, ma come uomo. L’uomo che ha amato fino a rompersi, che ha combattuto fino a sfinirsi. Un amore totalizzante, lacerante, narrato con una lucidità spietata e un coraggio che fa tremare. Niente romanticismi, nessuna indulgenza: parole taglienti, crude, necessarie. Oriana non si risparmia. Non risparmia lui. Non risparmia noi.
Racconta intimità e strazio con la stessa penna con cui racconta politica e morte. E arriva dritta al cuore.
Il libro si apre con i funerali di Alekos. Una folla immensa, descritta come un serpente ipnotizzato: obbediente, privo di volontà. Non è solo una scena, è un manifesto. Per Fallaci, la massa è corpo senza mente, facilmente strumentalizzabile. Già da queste righe, il libro pone le sue domande radicali: cos’è la libertà? Cos’è il potere? Che fine fa il dissenso, una volta inghiottito dalla retorica collettiva?
Al centro c’è lui: Alekos. Uomo difficile, frammentato, geniale. Torturato per anni, ma mai piegato. Ogni tentativo di fuga è un fallimento, ma anche un rialzarsi. È pieno di crepe, eppure attraversato da una forza quasi disumana. Quando potrebbe salvarsi, sceglie invece di tornare in Grecia. Sceglie il dovere, il suo ideale, il suo popolo. E con essi, anche la propria fine.
Fallaci non lo santifica. Non lo trasforma in eroe. Lo racconta nei gesti quotidiani, nelle sue ossessioni, nei silenzi, nelle contraddizioni. È un uomo intero. E proprio per questo, incomprensibile. Ma nella sua scrittura, ogni frammento trova posto. Come accade quando ami fino a spezzarti. Come accade quando lotti per qualcosa più grande di te.
Un uomo è molto più di un libro. È una meditazione cruda sull’amore che toglie il fiato, sulla libertà che costa la pelle, sulla solitudine di chi non tradisce se stesso.
È forse il libro in cui Oriana Fallaci si mostra più nuda, più vera.
Leggerlo oggi significa confrontarsi con un’idea di impegno che fa paura.
Ma anche con una scrittura viva, muscolare, che ti scuote dentro e ti ricorda che, sì, sei ancora vivo.
Alessia Lingua
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