2001, Wigtown (Scozia).
Riapre la libreria dell’usato Book Shop.
Il proprietario è Shaun Bythell stesso, che abita proprio sopra il negozio.
Condizione ideale questa, per organizzare varie iniziative collaterali che contribuiscono a mantenere viva la piccola comunità del paesino, che vede in Book Shop un punto di socializzazione e ritrovo.
Così Shaun ospita a casa sua un gruppo di signore anziane appassionate di pittura; o ancora, nei locali della libreria un piccolo concerto di una band musicale, autrice di canzoni che parlano di libri.
E, poiché i libri parlano anche e soprattutto alle e delle vite delle persone, Shaun invita i clienti a sedersi su una poltrona e a leggere un passo dei loro libri preferiti; il tutto, ovviamente, ripreso e postato sui social, per dare visibilità a un luogo e un’attività che sembrano minacciati proprio dalla Rete, dove ormai si trovano libri di ogni genere, spesso a prezzi molto più bassi rispetto a quelli di una libreria.
Ma non solo: il web è anche il luogo dove si trovano i micidiali ereader che minacciano di licenziare libri e librai.
Tranne quelli come Shaun, ovviamente; che, infatti, riesce a fare dell’ironia anche su questo.
Ironia che viene condivisa dai suoi clienti più affezionati i quali, essendo tutti forti lettori, apprezzano lo spirito con cui Shaun espone, all’entrata della libreria, un ereader preso a martellate.
E sono sempre loro a gradire molto il Random Book Club, l’iniziativa grazie al quale ogni mese, Shaun spedisce a casa di ciascuno di loro, un libro scelto a caso tra quelli del negozio.
Perché, se è piacevole scegliere personalmente la storia da cui farsi trascinare, lo è altrettanto farsi sorprendere da un titolo scelto da altri per noi.
L’ho provato io stessa quando facevo parte di un gruppo di lettura presso una biblioteca.
Al termine dei nostri incontri, a coloro che ne facevano richiesta, la bibliotecaria consegnava una busta contenente un libro scelto da lei, ma di cui il destinatario non sapeva nulla; un’esperienza che mi ha permesso di arricchire il mio orizzonte con letture che, molto probabilmente, se fosse dipeso da me, non avrei mai fatto.
C’è un ultimo aspetto interessante nel racconto di Bythell: fare il libraio è anche fisicamente faticoso, perché gli scatoloni pieni di libri che recupera dalle varie abitazioni che i proprietari, spesso dopo essere rimasti soli, sono costretti a lasciare.
A tal proposito, ho trovato particolarmente toccante la seguente citazione:
“Le fotografie appese alle pareti […] infondono una malinconia che non si prova quando ci sono dei discendenti diretti, e smantellare una biblioteca privata diventa quasi l’atto finale del processo di distruzione dell’individualità: stai cancellando l’ultima prova tangibile di ciò che quelle persone sono state.”
Ho amato questo libro per molte ragioni: perché è un’autobiografia (genere che apprezzo particolarmente) e perché è un diario vero e proprio (non come capita spesso con il genere diaristico che viene usato come semplice espediente letterario, per esempio all’interno di un romanzo.
Infine, ho trovato originale anche il fatto di aver posto l’accento sugli aspetti ‘negativi’, perché è noto che le passioni sono tanto più forti quanto più sanno resistere alle critiche.
Loretta Del Tedesco
E tu cosa ne pensi?