Scoramento.
Potrebbe essere questo il sostantivo più adatto per riassumente il sentimento che attraversa The Artist, il fumetto di Anna Haifisch, pubblicato in Italia da Eris edizioni.
Anzi, il primo fumetto pubblicato Italia di Anna Haifisch, autrice tedesca che vanta prestigiose collaborazioni con alcune delle più innovative case editrici di fumetti del panorama internazionale – ad esempio, Fantagraphics e Drawn & Quarterly –, che ha pubblicato i vari episodi raccolti in The Artist su Vice e che nel 2018 è stata una delle dodici artiste al mondo a essere selezionate da Google per disegnare uno dei doodle celebrativi della giornata internazionale della donna.
Anna Haifisch, quindi, sa di cosa parla. Lo sa quando usa un gracilissimo pennuto antropomorfo per raccontare la vita di un giovane artista asservito alla propria ossessione, votato alla perdita di tempo, alla frustrazione, a slanci creativi e autocommiserazione, con la cronica tendenza a procrastinare le scadenze e a lanciarsi in progetti folli pur di attirare l’attenzione di galleristi, collezionisti e finanziatori.
Anna Haifisch lo sa e lo racconta popolando il mondo di quel pennuto, l’artista protagonista delle storie, di altri animali altrettanto euforici e scorati, altrettanto dediti alla dissoluzione e alla creazione, altrettanto votati alla visione, al sogno e allo scontro durissimo con una realtà che impone – o imporrebbe – di vivere una vita dignitosa, normale, accettabile. Una realtà che a un certo punto lo sovrasta e lo convince a provarci. Il pennuto, l’artista, tenta di abbandonare tutto e di vivere normalmente. Ma non ce la può fare, perché quando era piccolo e le piume gli scappavano impazzite da tutte le parti, aveva pronunciato una sorta di giuramento al cospetto di sua madre: “voglio diventare un artista”. Stando a quanto scritto da Kurt Vonnegut in Un uomo senza patria, quelle quattro parole sono le uniche davvero in grado di terrorizzare un genitore. E, almeno in parte, è quel che accade ai genitori del pennuto, che comunque lo assecondano e tentano solo di salvargli la vita, quando la sua ossessione rischia di svuotarlo e lasciarlo a terra sfinito.
Scoramento, appunto. Un sano scoramento, però, in cui il grottesco, gli episodi paradossali, la pervicacia con cui il giovane pennuto disegna serpenti da anni nel tentativo di farne il suo marchio di fabbrica, le feste da sballo, i piccoli successi e i grandi insuccessi vissuti nella solitudine di una camera spoglia, compongono un mosaico vero, vivo, senza romanticismo, ma incredibilmente sentimentale.
Un sentimento spoglio – così come spoglio, essenziale e sbilenco è il tratto della Haifisch, e piatti e ricorrenti i colori – che fa sorridere, amareggia e mette voglia di andare dal giovane artista a urlargli ‘Basta, smettila! Diventa un onesto cittadino e salvati!’.
Ma la Haifisch sa di cosa sta parlando. E, mentre inserisce tra un i brevissimi episodi autoconclusivi che compongono il libro rimandi ad artisti e opere che vanno da Chagall e Matisse, fino ai Simpson e al Re Leone, ci fornisce – senza fornircela esplicitamente – una risposta: l’Artista non può smettere. Ananke, destino, ossessione sono i motori che lo muovono, che alimentano il suo scoramento e le sue gioie. E senza scoramenti e gioie non si vive e non si muore. Si sopravvive.
E lei sa di cosa parla, essendo un’artista che ha tenuto duro, no?
Jacopo Masini
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