160 cosche, 4389 affiliati, lo 0,24 per cento della popolazione. Una sola regione: la Calabria. Culla di cosche malavitose che nel 1970 danno vita alla dote di “Santa”, un’elevazione che consente a quella che era stata fino ad allora la sorella stracciona delle più note mafia e camorra di imporsi nel sistema male-affaristico a livello mondiale. Se ha senso provare a redigere una hit parade delle associazioni criminali (forse hot parade in questo caso sarebbe più appropriato), la scalata della ‘ndrangheta segue questo corso.

La criminalità quando la si guarda dritta in faccia colpisce di più delle armi che usa per minare, avvertire, annientare. Per uccidere. E questo lavoro ce la fa vedere proprio così, nuda e cruda, come direbbe il buon Alan Bennet.

Dopo 14 altre collaborazioni, Nicola Gratteri e Antonio Nicaso, magistrato tra i più esposti nella lotta contro la ‘ndrangheta il primo, storico delle organizzazioni criminali e della ‘ndrangheta in particolare il secondo, si rimettono al lavoro ricostruendo a quattro mani con certosina attenzione la storia evolutiva di una delle più potenti organizzazioni criminali al mondo. Storia segreta della ‘ndrangheta, edita da Mondadori, ripercorre la lunga vicenda di sangue e potere dal 1860 e oggi, facendo una rassegna puntuale di tutti i passaggi, gli omicidi, le alleanze, le faide, gli iter processuali, che hanno contribuito a tessere la ragnatela usata come immagine di copertina: una rete pastosa che invischia crimine e legalità, ricercati e forze dell’ordine con il collante appiccicoso del potere corrotto.

Se Gomorra ha svelato, attraverso una narrazione romanzata, i meccanismi attraverso i quali esercita la camorra nella sua logica illegale e imprenditoriale, questo libro si presenta come un lavoro di ricerca di tutti i momenti che hanno determinato la nascita, la diffusione e lo sviluppo della malavita organizzata in seno a una delle regioni più naturalmente fertili, più economicamente depresse del sud Italia, facendo dell’Aspromonte il suo drammatico baricentro. Un manuale di storia con il segno meno, dove alle grandi gesta, alle imprese memorabili, alle guerre cruciali e ai mirabili condottieri si sostituiscono briganti, picciotti e camorristi, Musolino, Don Michele Campolo, i sequestri di persona, il summit di Montalbano e la nascita della Santa, la prima e la seconda guerra di ‘ndrangheta. Il recente colonialismo e la multinazionale del crimine attraverso il suo prodotto di punta: la cocaina.

Mentre tutti i momenti storici dall’Unità d’Italia a oggi fanno da sfondo agli intrecci della malavita, al suo proliferare quasi indisturbato, i suoi protagonisti si muovono sempre più in sinergia con le mani che orchestrano il potere, formando un connubio di interessi, e relativa tutela, in chiave opportunistica.

Quello che ci rimane, leggendo una serie fitta di date e crimini che si susseguono in una cronaca a tratti fredda, volutamente puntuale, è un senso di angoscia per un certo aspetto non curabile. Nella misura in cui non è possibile eliminare la corruzione come corollario della furbocrazia.

Le vicende partono dal carcere di Favignana e dal mito fondativo della ‘ndrangheta, già investigato da molti scrittori come Alexandre Dumas, Primo Levi, Marco Monnier, solo per citarne alcuni. Un mito sa che di antico, del quale onestamente è assai difficile non subire fascinazione. E che vale la pena di riportare. “Il racconto è incentrato sulla vicenda di tre fratelli, Osso, Mastrosso e Carcagnosso, membri di una mitica associazione cavalleresca spagnola denominata Garduña, fondata a Toledo nel XV secolo. Per lavare nel sangue l’onore della sorella stuprata, Osso, Mastrosso e Carcagnosso uccidono un nobile, protetto dalla corona aragonese. Riconosciuti colpevoli di omicidio e condannati a scontare una lunga detenzione, i tre vengono rinchiusi nel carcere di Favignana. Osso si vota a Gesù Cristo, Mastrosso a San Michele Arcangelo e Carcagnosso a San Pietro. Nei ventinove anni trascorsi nelle viscere dell’isola, scrivono codici, regole e riti di ammissione a un’organizzazione che esalta i valori della forza, del coraggio e dell’onore. Scontata la pena, prendono strade diverse. Osso resta in Sicilia e fonda la Mafia, Mastrosso va in Calabria e dà vita alla ‘ndrangheta e Carcagnosso si spinge fino a Napoli e crea la Camorra.”  Da un incipit ancestrale e mitico, gli ultimi capitoli snocciolano dati e numeri odierni relativi agli interessi della ‘ndrangheta all’estero, agli affiliati, ai soldi elargiti dall’Unione Europea sapientemente rintracciati dai boss per appalti e grandi opere. In mezzo l’ascesa costante di un’associazione sempre più tentacolare. 

Questo libro ha un sapore amaro perché gli autori attraverso dati e fatti, riportati in forma giornalistica, ci regalano la loro visione, quella di una politica, che se davvero volesse, sarebbe in grado di abbassare dell’80% la tela degli interessi criminali. Ma non vuole, perché le mafie sono fucine fabbrica-voti e fabbrica-consensi.

Questo libro ha un sapore amaro perché ci mostra quanto l’etica e la morale si siano vertiginosamente contratte nella cultura occidentale, soprattutto in Italia, dove è sempre più spesso l’economia a dettare legge, sia quella legale, sia quella che va ripulita per rientrare nel circuito delle agenzie di rating.

Questo libro ha un sapore amaro perché, attraverso la storia della malavita calabrese dai primi omicidi per sottrarre beni primari alla creazione di società offshore in paradisi fiscali, ci rendiamo conto che oggi le mafie sparino molto meno perché sanno che non è necessario colpire per corrompere.

Che non hanno bisogno più di urlare per farsi sentire.

Angela Vecchione