Dunque, siamo partiti col proporre la nostra lista dei 20 migliori libri degli ultimi 20 anni per poi chiedervi di partecipare e scrivere la vostra.
Ecco come è andata:
Le correzioni | Jonathan Franzen |
Pastorale americana | Philip Roth |
L’amica geniale | Elena Ferrante |
Stoner | John Williams |
Trilogia della città di K. | Ágota Kristóf |
La strada | Cormac McCarthy |
Espiazione | Ian McEwan |
L’eleganza del riccio | Muriel Barbery |
La versione di Barney | Mordecai Richler |
La casa del sonno | Jonathan Coe |
Middlesex | Jeffrey Eugenides |
Ogni cosa è illuminata | Jonathan Safran Foer |
Olive Kitteridge | Elizabeth Strout |
Open | Andre Agassi |
Accabadora | Michela Murgia |
Caos calmo | Sandro Veronesi |
Dance Dance Dance | Haruki Murakami |
Una cosa divertente che non farò mai più | David Foster Wallace |
Underworld | Don DeLillo |
Venuto al mondo | Margaret Mazzantini |
È l’ora quindi delle riflessioni e vedremo dove ci condurranno. Chiariamo che sono riflessioni personali di Lea e Simone, riflessioni in qualche modo qualitative e quindi soggettive. Abbiamo però deciso che oltre a questa riflessione, a breve, ne condivideremo anche una basata sui numeri quindi più oggettiva e la domanda sarà: i libri che ci dicono essere i più venduti sono davvero quelli più letti e amati?
Ma intanto cominciamo.
Per primo affrontiamo le cose complesse così le lasceremo subito: perché abbiamo provato a voler guardare dentro un’ipotetica “classifica” dei migliori libri degli ultimi 20 anni? Perché suonava bene “I migliori 20 libri degli ultimi 20 anni”? Certo, anche per quello, ma soprattutto perché negli ultimi 20 anni conviviamo stabilmente con fenomeni apparentemente contrastanti nel mondo dell’editoria che ovviamente hanno riflessi importanti nelle vite di noi lettori.
Ad esempio, dalla metà degli anni ’90, i libri progressivamente hanno cominciato a essere distribuiti in tutte le librerie più o meno da un unico distributore, cioè in regime sostanziale di monopolio.
Prima non era così.
Da lì è cominciata anche la crisi delle librerie indipendenti e a farla breve la crisi anche di molti piccoli e medi editori e via via quelle che voi vedete come miriadi di case editrici e marchi editoriali di fatto fanno parte di due o tre grandi gruppi e uno di questi è proprietario anche della distribuzione che prima dicevamo, strano no?
Nel frattempo, mentre il costume di pagare gli spazi delle vetrine si diffondeva tra gli editori prendeva anche piede in maniera massiccia la consuetudine dei festival, festival dei libri e del librame trasformando sempre più il mondo della letteratura in un modo di intrattenimento culturale; il che non vuol dire che sia il male, ma semplicemente che spesso si perde di vista una reale “selezione” della qualità a vantaggio del mainstream per attirare più persone possibili (che poi non è detto siano i veri lettori, quanto piuttosto consumatori!).
Ma insomma non vogliamo annoiarvi, torniamo alle cose serie e manteniamoci nel nostro piccolo mondo di carta senza spingerci troppo in là altrimenti apriamo discorsi veramente senza fine. Senza contare che poi è venuta al mondo Amazon… e le cose sono diventate ancora più ingarbugliate, dato che sembra che ci sia più scelta ma quando aprite la vetrina di Amazon e la confrontate con la vetrina della vostra libreria standard di città, o se preferite di catena, vi accorgete che i libri in vetrina lì e i libri in “vetrina” sulla prima pagina di Amazon sono gli stessi, o no? Non è strano anche questo?
Ma insomma, direte, tutte queste informazioni buttate lì va bene ma cosa ci dice la nostra lista definitiva di gradimento sui 20 migliori libri degli ultimi 20 anni?
Intanto alcune cose semplici.
Le osservazioni di Simone:
- Non ci sono libri di saggistica. Sì, eravamo anche partiti con qualche libro di saggistica ma poi… poi che è successo? Ve ne siete dimenticati? Nessun libro che non fosse di narrativa era degno di stare dentro questa classifica? Automaticamente il vostro cervello li ha esclusi per una questione di approccio emotivo che tende automaticamente alle storie? Solo voi potete dirlo ma comunque la saggistica non è nei vostri pensieri e nei vostri gradimenti e questo è un dato di fatto.
- La seconda cosa semplice. Mancano dei libri, degli autori. Manca ad esempio l’autore italiano che credo abbia venduto di più negli ultimi 20 anni, ossia Camilleri. Nessun suo libro figura nella top 20. E guarda caso manca anche nei primi venti il libro più celebrato, Gomorra, di Roberto Saviano. Manca Io non ho paura di Ammanniti e che so, io per esempio mi sarei aspettato vedendo le pile nelle librerie ogni volta anche un libro almeno di Erri De Luca. E invece libri di autori italiani come vedete sono altri. Cosa significa?
- La terza cosa è che c’è molta letteratura anglosassone, la metà dei libri citati, cosa ampiamente prevedibile.
Ora, partendo da queste tre semplici osservazioni, vi dico cosa ho notato io (Simone) rispetto alla mia lista. L’unico libro che condivido con il risultato finale è la Trilogia della città di K. che se andiamo a vedere bene è comunque un libro che fa parte del decennio precedente al 1997 anche se poi da noi è arrivato come è arrivato, mentre per il resto ci sono libri che non avrei messo tra i primi 20 nemmeno sotto tortura (Underworld, Stoner per dire) e ce ne sono parecchi che non ho nemmeno letto, perché in nessun modo fanno parte di un mio percorso di lettura o perché ho già letto altri libri di quell’autore e non ci tengo a leggerne altri o perché dalla mia selezione pre-lettura che viaggia su diversi input e output e un regime flessibile di droghe per mantenere la mente lucida (questa è ovviamente una citazione dal film Il grande Lebowski) sono libri che difficilmente si faranno spazio tra le priorità di lettura, insomma c’è tanta roba, persino roba che ho già letto che mi fa meglio alla vita. E questo risponde almeno da parte mia a una domanda che era già affiorata nei commenti: io stesso sono un famigerato lettore forte ma non è detto che legga i libri che tutti sembrano aver letto e preferiscono.
Dopo le tre osservazioni di Lea citerò una cosa, che riguarda i libri “famosi” che mi lascia particolarmente interdetto, come se ci fosse una tela avvolta attorno ai lettori, qualcosa che li imprigiona obbligatoriamente a quei libri, senza quasi capacità di giudizio.
Ecco le osservazioni di Lea:
- Mi ha colpito che non sia entrato in classifica un autore che è stato citato da quasi tutti i lettori, ma con libri diversi: Diego De Silva. Un autore prolifico che evidentemente è amato da molti ma per libri diversi appunto. Questo per me è un grande pregio, di un autore. Vuol dire che De Silva ha un proprio percorso letterario solido e riconoscibile e che riesce ad attrarre lettori in più momenti del suo viaggio.
- L’altra cosa che mi ha colpito è la presenza in classifica del libro Venuto al mondo di Margaret Mazzantini. Come dice anche Simone, non è un libro che avrà mai spazio nelle mie priorità di lettura, e non perché abbia dei pregiudizi sulla Mazzantini, ma semplicemente perché ho provato a leggere un suo libro e non mi è piaciuto. Allora cos’è che mi ha colpito? È che a segnalare questo libro siano stati dei lettori forti e colti, molto più di me. E allora ho cercato di capire il perché. In maniera istintiva ho pensato che il motivo fosse l’ambientazione del libro, ovvero che fosse un libro che parlava della guerra nei Balcani. Poi ho chiesto a uno dei lettori e riporto una parte della conversazione: “Il libro mi piacque perché raccontava una storia drammaticamente legata al conflitto in Yugoslavia che ha segnato la mia giovinezza. Ho studiato per un po’ in Cecoslovacchia per la mia tesi e molti studenti provenivano da Serbia, Bosnia, Croazia. Li ricordo quegli anni, il ’92, il ’93, i visi di quei giovani dell’altra parte che avidamente cercavano sulle carte geografiche pubblicate dai quotidiani occidentali di capire la situazione nelle loro terre; ricordo l’immobilismo occidentale; la visita ridicola di Mitterand; i cecchini serbi che puntavano alle persone per strada su dalle colline; ricordo l’attentato al mercato di Sarajevo; ricordo il concorso di Miss Sarajevo fatto sotto le bombe di cui si vedono immagini nel video di una canzone degli U2! Il libro a me ha ricordato tutto questo raccontandomi una storia d’amore a tratti drammatica ma bella.” Pochissimi libri raccontano di quella guerra così vicina e così lontana, allo stesso tempo; e questa sua presenza mi fa pensare che abbiamo bisogno di letteratura che possa tramandare storie e Storia, che possa far capire con la finzione quello che non siamo riusciti a capire con le notizie del momento.
- Un’ultima osservazione: non sono citate case editrici piccole. Nonostante le liste siano state stilate da lettori forti, pochissimi libri sono pubblicati da piccole case editrici indipendenti. In questo specifico caso il motivo non può essere perché la casa editrice è poco visibile o poco distribuita. Che è anche vero: ma un lettore forte è in grado di scovare un libro buono anche se non è in una pila altissima all’ingresso di una libreria. Qual è il motivo allora? Anche qui ho una sensazione che ha a che fare con le competenze delle persone che lavorano nell’editoria, ma non azzardo un ragionamento preciso. Voi che ne pensate?
Ma torniamo all’osservazione sui libri “famosi” di Simone.
Trovo incredibile che un libro come Stoner abbia incontrato tutto questo successo qui da noi. Certo l’autore è morto da un bel po’ e questo favorisce sempre ma il libro, be’ per me quel libro è quasi irritante, quasi quanto la pletora di Tom Hanks, critici, registi, scrittori che strillano dal retro di copertina quanto bello sia il libro, pletora da cui salvo solo Ellis perché naturalmente l’avrà fatto per soldi e in preda alle solite droghe. Non trovo nessuna delle qualità che gli altri decantano in Stoner, e se poi parliamo di letteratura anglosassone sembra il prototipo della letteratura anglosassone, come temi, come stile, ambientazione, plot come tutto insomma. Poi in Stoner c’è pure una cosa che non ho mai sentito rilevare, cosa che mi sconvolge alquanto, cioè un errore madornale nella definizione del personaggio.
Allerta spoiler, dato che citerò alla lettera le parole del libro e il finale.
A pagina 9, la prima dell’edizione italiana dove comincia il romanzo, nelle poche righe a fondo pagina e in quelle subito prima Williams delinea il suo personaggio come dovrà essere per tutto il libro, un senza traccia. “I colleghi di Stoner, che da vivo non l’avevano mai stimato gran che, oggi ne parlano raramente; per i più vecchi il suo nome è monito della fine che li attende tutti, per i più giovani è soltanto un suono, che non evoca alcun passato o identità particolare cui associare loro stesi o le loro carriere”. Parole chiare sul fatto che questo sia un uomo che non lascerà traccia e così lo vivremo per tutto il libro grazie alla scrittura che ha mandato in visibilio tanti lettori (?). Peccato che poi, verso la fine del libro a pagina 265 Williams si sia dimenticato come debba essere il personaggio che ha “tenuto” fino a quel momento e siccome deve dar rilievo a un episodio che accade le prime tre quattro pagine del capitolo quindici del libro sono costellate di paroloni sul fatto che “Stoner dovette riconoscere di essere diventato… Una figura quasi mitica…”, “Alimentata da simili eventi la leggenda crebbe, finché ci furono aneddoti a dar consistenza a quasi tutte le attività più tipiche di Stoner, e si allargò fino ad espandersi anche oltre l’università”, e così via dicendo, andatevi a rileggere l’edizione italiana da pagina 265 a pagina 267 e vedrete come un personaggio improvvisamente diventa altro, l’opposto di quello che fin lì si è narrato per gli occhi di tutti e su cui lo scrittore ha fatto perno. È talmente inaccettabile questa cosa per me in un libro, perché è evidente che sia una caduta e non un espediente, che nemmeno la bellissima descrizione finale della morte del protagonista, una cosa stupefacente da leggere (ma anche lì rovinata dalle ultime due righe che contraddicono il pathos del resto…), non basta a salvarmi il libro.
Fosse accaduto ad uno scrittore italiano non avrebbe passato neanche la prima lettura in casa editrice altro che pubblicazione nel mondo. O forse no? Sono pazzo io? O c’è qualcosa che non quadra nel modo in cui stiamo re-imparando a leggere? Stiamo leggendo veramente o stiamo facendo altro che assomiglia ad una mediazione dei medium?
E ora tocca a voi. Se vi va. NOI ABBIAMO FATTO, ci rendiamo conto, un sacco di domande senza dare praticamente alcuna risposta, ma in fondo è quello che dovrebbe fare la grande letteratura e quindi va bene così per iniziare una discussione che più che le nostre idee vorrebbe raccogliere le vostre.
Simone Battig e Lea Iandiorio
6 Febbraio 2018 at 12:25
Grazie ragazzi, è stato bello pensare ai libri, bello e difficile stilare una classifica, e bellissimo leggere le vostre riflessioni. E me ne vengono alcune.
Sulla saggistica avete ragione, ma temo che ci siamo fatti influenzare (io almeno) dalla lettura delle liste precedenti, perchè io ad esempio dopo aver scritto la mia ho ripensato a libri che avrei messo e mi sono venuti in mente due saggi. Così come mi sono venuti in mente libri che ho amato tanto e che non ho inserito. Le tredici vite e mezzo del capitano Orso Blu, per citarne uno facile facile. E poi, proprio la sera di capodanno a tavola con amici ho riproposto la lista (confesso con anche un amico che lavora in Einaudi e che con i suoi autori ha preso 2 Nobel) e sono venuti fuori nomi incredibili, e discussioni, urla, parole…. sembrava si parlasse di politica e non di libri. E questo grazie a voi!
Il libro sopravvalutato per me invece è L’Amica geniale della Ferrante. Sicuramente il più bello dei 4 ma troppo acclamato. Comunque grazie, è bello riflettere sui libri, arricchirsi con nuovi titoli da scoprire e vedere le cose da altri punti di vista.
13 Febbraio 2018 at 13:13
Ho letto con interesse tutte le classifiche
pubblicate e, in alcuni casi, sono state fonte di ispirazione. Nel compilare la mia ho privilegiato memoria e istinto, nel senso che ho cercato di modificare il meno possibile la prima stesura, partendo dal presupposto che se un titolo mi è venuto in mente prima di altri, ci sarà un motivo. Questo, ovviamente, ha fatto sì che restassero esclusi libri che avrebbero sicuramente meritato maggiore considerazione (mi vengono in mente Geografia commossa dell’Italia interna o La leggenda di Redenta Tiria). Non so se posso definirmi un lettore forte, amo leggere da che ho memoria, ma non ho letto gran parte dei libri citati. Anch’io, però, come Simone, seguo personalissimi percorsi nella scelta delle letture, ho i miei riti, non amo i consigli diretti, odio le mode, non mi piace neanche che mi vengano regalati i libri, tranne rare eccezioni. Amo cercare i libri nei loro luoghi naturali: le librerie e la biblioteca di mio padre. È uno dei pochi articoli che non acquisto su internet, non rinuncerei mai a frugare tra gli scaffali e scegliere attratto da un titolo, una copertina, un risvolto. La crisi delle librerie indipendenti, però, ha cambiato anche i miei comportamenti di acquisto. Fino a qualche anno fa, quando tornavo ad Avellino, la libreria di Tonino Petruzziello era una tappa obbligata, ora gran parte dei libri li compro alla Feltrinelli, che ho snobbato per anni. E questo mi porta ad una delle osservazioni di Lea: la scarsa presenza di piccole case editrici nella classifica finale. Se compri nelle grandi ‘catene’, trovi soprattutto le grandi case, quindi il prevalere di Mondadori, Einaudi o Feltrinelli è anche un fatto statistico. Come l’assenza di saggi (si leggono, indubbiamente molti più romanzi) o la massiccia presenza di letteratura di lingua inglese. Su questi ultimi punti, faccio due riflessioni personali.
1. Leggo pochi saggi, spesso ne leggo solo alcuni capitoli, molte volte si tratta di libri pubblicati ben prima del 1997 e, oltretutto, toccando argomenti specifici, è difficile che incontrino gli interessi di tutti (magari ce n’erano in molte classifiche, ma di argomento e genere diversi). È molto più probabile che la maggior parte dei lettori che hanno partecipato all’iniziativa abbia letto Le Correzioni o L’amica geniale, piuttosto che Il rumore dell’anima o Etica ed economia (se musica ed economia non rientrano tra i tuoi interessi). Poi, probabilmente, tendiamo a privilegiare quello che ci trasmette emozioni.
2. Amo da sempre la letteratura americana e anche in alcuni scrittori contemporanei ritrovo la grandezza dei classici. Pastorale americana o Libertà mi hanno riportato alla mente Steinbeck, Bellow e Dos Passos. Sono romanzi densi, profondi, ariosi, complessi, mentre in molta letteratura italiana trovo piattezza e banalità (e non è un problema solo degli ultimi anni). Allo stesso modo, nutro una forte diffidenza nei confronti della letteratura sudamericana, per cui faccio una gran fatica ad approcciare i vari Sepulveda, Coelho o Allende. Ovviamente anch’io ho le mie perplessità su alcuni autori: per aver letto un libro e aver giurato a me stesso che mi basterà per le prossime tre vite (Mazzantini, Ammaniti, ma anche Murakami e De Silva), o per non essere neanche riuscito a finirne uno (ho iniziato tre volte Rumore bianco di De Lillo, di Survivor di Palahniuk non sono riuscito a leggere più di cinque pagine)o, più semplicemente, perché non ho abbastanza tempo per leggere libri che mi danno la sensazione di non poter far parte della mia vita.
Chiudo, prima di diventare eccessivamente noioso, ringraziando Lea e Simone per questa iniziativa e, in generale, per il loro impegno con ex libris (che ho avuto la fortuna di seguire fin dalla nascita) e Simone per aver citato Il Grande Lebowski.
Scusate se ho scritto una riflessione così lunga, ma non ho avuto il tempo di scriverne una più breve.
Fabio
14 Febbraio 2018 at 7:10
Caro Fabio, ringrazio te per aver condiviso le tue riflessioni che vanno ad arricchire il lavoro condiviso.
Personalmente, il tuo post mi ha fatto fare un viaggio nel passato citando due persone che sono state fondamentali anche per me. Entrambi hanno alimentato la mia passione per i libri.
Tonino Petrozziello che tanti di noi avellinesi non finiremo mai di ringraziare per il lavoro che ha svolto negli anni, facendoci toccare da vicino cosa vuol dire essere un libraio appassionato e competente, davvero una boccata d’ossigeno della nostra provincia.
E poi tuo padre: uno degli professori più colti che io abbia mai conosciuto. Colti e generosi. Mi ha trasferito mondi letterari pazzeschi.
Grazie ancora Fabio.
18 Febbraio 2018 at 14:40
Anche a me le riflessioni di Raffaella e Fabio hanno suggerito ancora tanti pensieri e tante riflessioni sul come andiamo alla ricerca dei libri ….. sono delle riflessioni importanti quelle che avete fatto … e nelle idiosincrasie e “gestualità libresche” di Fabio mi riconosco molto … di Raffaella sarei curisoso di aver un resoconto completo e iperbolico di quella sera di capodanno a discutere di libri, credo sarebbe divertente e istruttivo.
E bisognerà magari un domani affrontare approfonditamente l’aspetto delle librerie, o in generale della distribuzione…
Sarebbe interessante sapere per esempio in ogni città dove abitano i lettori di exlibris20 (come ha accennato Fabio) dove vadano ad acquistare i libri, che tipo di librerie esistono e di conseguenza se si usa o meno l’acquisto on line.
Poi un magnifico giorno discuteremo anche del perché i criitici letterari e le pagine culturali dei giornali recensiscano i libri che si materializzano sui loro tavoli e se il fatto di NON scegliere i libri in libreria, di non pagarli, di non fare praticamente nulla nello scegliere un titolo a differenza di quello che DEVE fare un lettore normale provochi uno sfasamento nelle nostre letture, oppure se c’è una correlazione tra l’analfabestisimo di ritorno da social media e un analfabetismo letterario funzionale correlato al fatto che a furia di cercare o perpetrare in tutti i passaggi della catena (scrittori, editor, editori, distributori, librai di catena sopratttto ma anche altri critici e giornalisti …) un presunto “gusto” medio di abbastanza facile lettura non si stia impoveredno in maniera esponenziale il panorama dei testi italiani che si possono leggere mentre altri non escono nemmeno perché non si è più in grado di leggerli … e intendo nemmeno gli editor o i critici dopo non sono più in grado di legggerli perché è come se conitnuassero a leggere sempre lo stesso libro medio rimasticato e sputato fuori alla vendita…. cioè come se frequentassero sempre lo stesso tipo di letteratura piana e di consumo legata ad altri aspetti e non più alla scrittura.
Insomma, tante cose vengono da pensare attorno a queste liste.
Grazie ad entrambi intanto, e anche al Grande Lebowski ovviamente.
23 Febbraio 2019 at 0:02
prima di tutto grazie di esistere. leggo solo cazzate su internet…è bello conoscere un’isola felice!
Dopodiché ho qualche riserva sulla lista dei top20….si parla di lettori forti…di cosa? di cazzate! Avete ben ragione a parlare di monopolio editoriale. E’ chiaro che il pubblico è manipolato e che oggi ci ritroviamo di fronte ad un pubblico di lettori sinceramente al di sotto della media della generazione precedente. Io ho 50 anni e non sono affatto un lettore ‘forte’. Pero’ lo sono stato ed ho fatto buone letture che oggi mi offrono una base per i miei giudizi. Ho una struttura a priori di tutta la pubblicità editoriale in cui siamo immersi e che, sinceramente, propone spazzatura. Ci sono delle eccezioni come Houellebecq o Ellroy, sempre pubblicizzati…ma nella lista non compaiono!!!!! Poi ci sono autori come Marias e Lobo Atunes che sembrano scomparsi da qualsiasi radar. Ma come è possibile? Per fortuna nella lista c’è Philip Roth, ma come si fa a metterlo insieme a De Silva o la Mazzantini????!!!!! E’ una lista folle, dove si mischiamo le pere con le mele. La sensazione è di essere in un grande frullatore. Per fortuna l’editoria per l’infanzia va a gonfie vele e ci regale deliziosi libri dove non c’è scritto nulla ma possiamo goderci meravigliosi fumetti!!!
23 Febbraio 2019 at 15:17
Caro Emiliano, non so se hai letto accuratamente tutti i post dedicati al tema di queste liste perché un po’ delle domande e delle considerazioni che hai fatto trovano qualche tentativo di risposta nei post e nelle considerazioni anche dei lettori.
Queste liste sono fatte direi quasi sicuramente da tutte persone che rientrano nella categoria “lettori forti” che secondo le statistiche sono persone che hanno letto almeno 12 libri in un anno (la biografia di Totti, il manuale di pesca e il “divaning” per principianti sono compresi nella statistica ovviamente, non si parla di sola narrativa o sola saggistica ..).
Sono abbastanza d’accordo con te che definisci, se ho ben capito, questa ultima lista “folle”. Sarà folle, ma è il semplice risultato sommatorio di libri più citati in un campione statistico…. sono abbastanza sicuro che se il campione statistico fosse esteso il risultato non sarebbe molto diverso… cioè, per intenderci, in questa lista nelle prime 20 posizioni non troveremo un sacco di autori per me fondamentali e immagino anche per altri (come per te sono fondamentali quelli che hai citato) che però… ecco: la domanda è proprio “che però???”.
Però non sono patrimonio comune nemmeno di quelli considerati lettori forti (figuriamoci degli altri..) perché sono… sono che cosa? Inferiori letterariamente? Meno promossi? Meno… ci sono varie risposte che messe tutte assieme provocano una lista del genere… e hanno a che fare con l’ansia quantitativa non solo delle statistiche ma anche del mercato cieco che ci coinvolge tutti.
Una cosa è certa: la gran massa di chi opera nell’editoria e produce libri sta cercando da ormai troppi anni di proporre una standardizzazione, una cosa molto semplice: se voglio vendere devo produrre letture sempre più accessibili e piatte, più simili in tutte le lingue del mondo, più “vendibili il prima possibile, più ripetibili il più a lungo possibile…. ed è questo che come un cane che si morde la coda provoca un impoverimento generale che renderà sempre più asfittica la situazione qui. Da altre parti c’è un bilanciamento culturale dato da altri fattori ma il discorso sarebbe troppo lungo… mi fermo qui.
Insomma, a volte, delle cose che sembrano delle cazzate, a guardarle davvero un po’ meglio nella loro semplicità ci restituiscono un’immagine più plastica e chiara della realtà che tante riflessioni pindaricheo punti di vista singolari, e questo secondo me è proprio uno di quei casi. Con tutte le riserve del caso che ho anch’io, soprattutto su me stesso.
24 Gennaio 2020 at 19:19
Penso che se vogliamo che la storia vicina come quella del conflitto dei Balcani ci venga raccontata da un romanziere, allora siamo in una botte di ferro, perché l’ha raccontato uno dei più grandi narratori contemporanei, Miljenko Jergovic. Purtroppo in Italia ha una storia editoriale vergognosa, ma è raro incontrare un narratore del suo calibro. Tra i suoi capolavori? Al di’ di pentecoste, La dimora del noce, Freelander, Le marlboro di Sarajevo. E lasciamo stare Mazzantini, per favore.