Dunque, siamo partiti col proporre la nostra lista dei 20 migliori libri degli ultimi 20 anni per poi chiedervi di partecipare e scrivere la vostra.

Ecco come è andata:

Le correzioni Jonathan Franzen
Pastorale americana Philip Roth
L’amica geniale Elena Ferrante
Stoner John Williams
Trilogia della città di K. Ágota Kristóf
La strada Cormac McCarthy
Espiazione Ian McEwan
L’eleganza del riccio Muriel Barbery
La versione di Barney Mordecai Richler
La casa del sonno Jonathan Coe
Middlesex Jeffrey Eugenides
Ogni cosa è illuminata Jonathan Safran Foer
Olive Kitteridge Elizabeth Strout
Open Andre Agassi
Accabadora Michela Murgia
Caos calmo Sandro Veronesi
Dance Dance Dance Haruki Murakami
Una cosa divertente che non farò mai più David Foster Wallace
Underworld Don DeLillo
Venuto al mondo Margaret Mazzantini

 

È l’ora quindi delle riflessioni e vedremo dove ci condurranno. Chiariamo che sono riflessioni personali di Lea e Simone,  riflessioni in qualche modo qualitative e quindi soggettive. Abbiamo però deciso che oltre a questa riflessione, a breve, ne condivideremo anche una basata sui numeri quindi più oggettiva e la domanda sarà: i libri che ci dicono essere i più venduti sono davvero quelli più letti e amati?

Ma intanto cominciamo.
Per primo affrontiamo le cose complesse così le lasceremo subito: perché abbiamo provato a voler guardare dentro un’ipotetica “classifica” dei migliori libri degli ultimi 20 anni? Perché suonava bene “I migliori 20 libri degli ultimi 20 anni”? Certo, anche per quello, ma soprattutto perché negli ultimi 20 anni conviviamo stabilmente con fenomeni apparentemente contrastanti nel mondo dell’editoria che ovviamente hanno riflessi importanti nelle vite di noi lettori.
Ad esempio, dalla metà degli anni ’90, i libri progressivamente hanno cominciato a essere distribuiti in tutte le librerie più o meno da un unico distributore, cioè in regime sostanziale di monopolio.
Prima non era così.
Da lì è cominciata anche la crisi delle librerie indipendenti e a farla breve la crisi anche di molti piccoli e medi editori e via via quelle che voi vedete come miriadi di case editrici e marchi editoriali di fatto fanno parte di due o tre grandi gruppi e uno di questi è proprietario anche della distribuzione che prima dicevamo, strano no?

Nel frattempo, mentre il costume di pagare gli spazi delle vetrine si diffondeva tra gli editori prendeva anche piede in maniera massiccia la consuetudine dei festival, festival dei libri e del librame trasformando sempre più il mondo della letteratura in un modo di intrattenimento culturale; il che non vuol dire che sia il male, ma semplicemente che spesso si perde di vista una reale “selezione” della qualità a vantaggio del mainstream per attirare più persone possibili (che poi non è detto siano i veri lettori, quanto piuttosto consumatori!).
Ma insomma non vogliamo annoiarvi, torniamo alle cose serie e manteniamoci nel nostro piccolo mondo di carta senza spingerci troppo in là altrimenti apriamo discorsi veramente senza fine. Senza contare che poi è venuta al mondo Amazon… e le cose sono diventate ancora più ingarbugliate, dato che sembra che ci sia più scelta ma quando aprite la vetrina di Amazon e la confrontate con la vetrina della vostra libreria standard di città, o se preferite di catena, vi accorgete che i libri in vetrina lì e i libri in “vetrina” sulla prima pagina di Amazon sono gli stessi, o no? Non è strano anche questo?

Ma insomma, direte, tutte queste informazioni buttate lì va bene ma cosa ci dice la nostra lista definitiva di gradimento sui 20 migliori libri degli ultimi 20 anni?

Intanto alcune cose semplici.

Le osservazioni di Simone:
  1. Non ci sono libri di saggistica. Sì, eravamo anche partiti con qualche libro di saggistica ma poi… poi che è successo? Ve ne siete dimenticati? Nessun libro che non fosse di narrativa era degno di stare dentro questa classifica? Automaticamente il vostro cervello li ha esclusi per una questione di approccio emotivo che tende automaticamente alle storie? Solo voi potete dirlo ma comunque la saggistica non è nei vostri pensieri e nei vostri gradimenti e questo è un dato di fatto.
  2. La seconda cosa semplice. Mancano dei libri, degli autori. Manca ad esempio l’autore italiano che credo abbia venduto di più negli ultimi 20 anni, ossia Camilleri. Nessun suo libro figura nella top 20. E guarda caso manca anche nei primi venti il libro più celebrato, Gomorra, di Roberto Saviano. Manca Io non ho paura di Ammanniti e che so, io per esempio mi sarei aspettato vedendo le pile nelle librerie ogni volta anche un libro almeno di Erri De Luca. E invece libri di autori italiani come vedete sono altri. Cosa significa?
  3. La terza cosa è che c’è molta letteratura anglosassone, la metà dei libri citati, cosa ampiamente prevedibile.

Ora, partendo da queste tre semplici osservazioni, vi dico cosa ho notato io (Simone) rispetto alla mia lista. L’unico libro che condivido con il risultato finale è la Trilogia della città di K. che se andiamo a vedere bene è comunque un libro che fa parte del decennio precedente al 1997 anche se poi da noi è arrivato come è arrivato, mentre per il resto ci sono libri che non avrei messo tra i primi 20 nemmeno sotto tortura (Underworld, Stoner per dire) e ce ne sono parecchi che non ho nemmeno letto, perché in nessun modo fanno parte di un mio percorso di lettura o perché ho già letto altri libri di quell’autore e non ci tengo a leggerne altri o perché dalla mia selezione pre-lettura che viaggia su diversi input e output e un regime flessibile di droghe per mantenere la mente lucida (questa è ovviamente una citazione dal film Il grande Lebowski) sono libri che difficilmente si faranno spazio tra le priorità di lettura, insomma c’è tanta roba, persino roba che ho già letto che mi fa meglio alla vita. E questo risponde almeno da parte mia a una domanda che era già affiorata nei commenti: io stesso sono un famigerato lettore forte ma non è detto che legga i libri che tutti sembrano aver letto e preferiscono.
Dopo le tre osservazioni di Lea citerò una cosa, che riguarda i libri “famosi” che mi lascia particolarmente interdetto, come se ci fosse una tela avvolta attorno ai lettori, qualcosa che li imprigiona obbligatoriamente a quei libri, senza quasi capacità di giudizio.

Ecco le osservazioni di Lea:
  1. Mi ha colpito che non sia entrato in classifica un autore che è stato citato da quasi tutti i lettori, ma con libri diversi: Diego De Silva. Un autore prolifico che evidentemente è amato da molti ma per libri diversi appunto. Questo per me è un grande pregio, di un autore. Vuol dire che De Silva ha un proprio percorso letterario solido e riconoscibile e che riesce ad attrarre lettori in più momenti del suo viaggio.
  2. L’altra cosa che mi ha colpito è la presenza in classifica del libro Venuto al mondo di Margaret Mazzantini. Come dice anche Simone, non è un libro che avrà mai spazio nelle mie priorità di lettura, e non perché abbia dei pregiudizi sulla Mazzantini, ma semplicemente perché ho provato a leggere un suo libro e non mi è piaciuto. Allora cos’è che mi ha colpito? È che a segnalare questo libro siano stati dei lettori forti e colti, molto più di me. E allora ho cercato di capire il perché. In maniera istintiva ho pensato che il motivo fosse l’ambientazione del libro, ovvero che fosse un libro che parlava della guerra nei Balcani. Poi ho chiesto a uno dei lettori e riporto una parte della conversazione: “Il libro mi piacque perché raccontava una storia drammaticamente legata al conflitto in Yugoslavia che ha segnato la mia giovinezza. Ho studiato per un po’ in Cecoslovacchia per la mia tesi e molti studenti provenivano da Serbia, Bosnia, Croazia. Li ricordo quegli anni, il ’92, il ’93, i visi di quei giovani dell’altra parte che avidamente cercavano sulle carte geografiche pubblicate dai quotidiani occidentali di capire la situazione nelle loro terre; ricordo l’immobilismo occidentale; la visita ridicola di Mitterand; i cecchini serbi che puntavano alle persone per strada su dalle colline; ricordo l’attentato al mercato di Sarajevo; ricordo il concorso di Miss Sarajevo fatto sotto le bombe di cui si vedono immagini nel video di una canzone degli U2! Il libro a me ha ricordato tutto questo raccontandomi una storia d’amore a tratti drammatica ma bella.” Pochissimi libri raccontano di quella guerra così vicina e così lontana, allo stesso tempo; e questa sua presenza mi fa pensare che abbiamo bisogno di letteratura che possa tramandare storie e Storia, che possa far capire con la finzione quello che non siamo riusciti a capire con le notizie del momento.
  3. Un’ultima osservazione: non sono citate case editrici piccole. Nonostante le liste siano state stilate da lettori forti, pochissimi libri sono pubblicati da piccole case editrici indipendenti. In questo specifico caso il motivo non può essere perché la casa editrice è poco visibile o poco distribuita. Che è anche vero: ma un lettore forte è in grado di scovare un libro buono anche se non è in una pila altissima all’ingresso di una libreria. Qual è il motivo allora? Anche qui ho una sensazione che ha a che fare con le competenze delle persone che lavorano nell’editoria, ma non azzardo un ragionamento preciso. Voi che ne pensate?

Ma torniamo all’osservazione sui libri “famosi” di Simone.

Trovo incredibile che un libro come Stoner abbia incontrato tutto questo successo qui da noi. Certo l’autore è morto da un bel po’ e questo favorisce sempre ma il libro, be’ per me quel libro è quasi irritante, quasi quanto la pletora di Tom Hanks, critici, registi, scrittori che strillano dal retro di copertina quanto bello sia il libro, pletora da cui salvo solo Ellis perché naturalmente l’avrà fatto per soldi e in preda alle solite droghe. Non trovo nessuna delle qualità che gli altri decantano in Stoner, e se poi parliamo di letteratura anglosassone sembra il prototipo della letteratura anglosassone, come temi, come stile, ambientazione, plot come tutto insomma. Poi in Stoner c’è pure una cosa che non ho mai sentito rilevare, cosa che mi sconvolge alquanto, cioè un errore madornale nella definizione del personaggio.
Allerta spoiler, dato che citerò alla lettera le parole del libro e il finale.
A pagina 9, la prima dell’edizione italiana dove comincia il romanzo, nelle poche righe a fondo pagina e in quelle subito prima Williams delinea il suo personaggio come dovrà essere per tutto il libro, un senza traccia. “I colleghi di Stoner, che da vivo non l’avevano mai stimato gran che, oggi ne parlano raramente; per i più vecchi il suo nome è monito della fine che li attende tutti, per i più giovani è soltanto un suono, che non evoca alcun passato o identità particolare cui associare loro stesi o le loro carriere”. Parole chiare sul fatto che questo sia un uomo che non lascerà traccia e così lo vivremo per tutto il libro grazie alla scrittura che ha mandato in visibilio tanti lettori (?). Peccato che poi, verso la fine del libro a pagina 265 Williams si sia dimenticato come debba essere il personaggio che ha “tenuto” fino a quel momento e siccome deve dar rilievo a un episodio che accade le prime tre quattro pagine del capitolo quindici del libro sono costellate di paroloni sul fatto che “Stoner dovette riconoscere di essere diventato… Una figura quasi mitica…”, “Alimentata da simili eventi la leggenda crebbe, finché ci furono aneddoti a dar consistenza a quasi tutte le attività più tipiche di Stoner, e si allargò fino ad espandersi anche oltre l’università”, e così via dicendo, andatevi a rileggere l’edizione italiana da pagina 265 a pagina 267 e vedrete come un personaggio improvvisamente diventa altro, l’opposto di quello che fin lì si è narrato per gli occhi di tutti e su cui lo scrittore ha fatto perno. È talmente inaccettabile questa cosa per me in un libro, perché è evidente che sia una caduta e non un espediente, che nemmeno la bellissima descrizione finale della morte del protagonista, una cosa stupefacente da leggere (ma anche lì rovinata dalle ultime due righe che contraddicono il pathos del resto…), non basta a salvarmi il libro.
Fosse accaduto ad uno scrittore italiano non avrebbe passato neanche la prima lettura in casa editrice altro che pubblicazione nel mondo. O forse no? Sono pazzo io? O c’è qualcosa che non quadra nel modo in cui stiamo re-imparando a leggere? Stiamo leggendo veramente o stiamo facendo altro che assomiglia ad una mediazione dei medium?

E ora tocca a voi. Se vi va. NOI ABBIAMO FATTO, ci rendiamo conto, un sacco di domande senza dare praticamente alcuna risposta, ma in fondo è quello che dovrebbe fare la grande letteratura e quindi va bene così per iniziare una discussione che più che le nostre idee vorrebbe raccogliere le vostre.

Simone Battig e Lea Iandiorio