Ex-Libris-0-6-4

Anno 0 | Numero 6 | Marzo 1997

La vita è sogno fu scritto da Calderón de la Barca intorno al 1635 in piena età barocca. Da ciò si potrebbe pensare che questo dramma presenti tutti i pregi e tutti i difetti della sua epoca, come un eccessivo amore per l’ornamento della parola o un esagerato utilizzo di quella spaventosa figura retorica che molti chiamano “allegoria”. Ebbene non ci si lasci ingannare da questi elementi perché la verità è che La vita è sogno è un’opera teatrale straordinariamente ricca e terribilmente moderna che non a caso fu oggetto di culto da parte dei romantici tedeschi. La storia che viene raccontata è sostanzialmente una favola drammatica dai contorni sfumati in cui umano e divino, realtà e sogno, assoluto e relativo si compongono e si confondono.

In una Polonia immaginaria liberamente creata dall’autore, il dottissimo Re astrologo Basilio alla nascita di suo figlio Sigismondo aveva letto negli astri che questi sarebbe stato un terribile tiranno. Per evitare l’oscuro vaticinio lo aveva fatto rinchiudere in una torre sperduta tra le montagne dove fu cresciuto e istruito alle arti da Clotaldo, Ministro del Re e unica sua relazione con gli esseri umani. Il giorno che Basilio, ormai invecchiato, deve decidere la sua successione tenta un’ultima prova per vedere se l’uomo può prevalere sulle profezie delle stelle: narcotizza Sigismondo e lo fa condurre a Corte dove al risveglio viene salutato, riverito e servito come sovrano. Egli non crede ai suoi occhi e non si spiega come mai chi prima lo maltrattava adesso lo rispetti. Clotaldo gli narra la verità e Sigismondo infuriato disfrena i suoi istinti violenti e per tanti anni repressi; ciò che si temeva sembra realizzarsi e riaddormentato viene ricondotto alla torre e al nuovo risveglio si convince di essere stato vittima di un meraviglioso sogno di libertà e potenza e che tutta la vita è un sogno; il confine tra verità e menzogna non esiste più e Sigismondo approda al più assoluto scetticismo. A questo punto una rivoluzione di popolo motivata dal desiderio di vedere al trono il legittimo successore del regno di Polonia strappa Sigismondo al suo carcere. Libero e alla testa di un esercito riconquista il trono muovendo la guerra contro il padre che gli si sottomette sconfitto. Gli eventi precipitano e l’atmosfera diviene man mano più cupa e greve, il destino sta per compiersi con il parricidio di Re Basilio, ma Sigismondo decide categoricamente di impiegare nel bene il suo breve transito terrestre inaugurando il suo regno di saggezza e di giustizia; sebbene la vita sia una fantasmagoria e un trucco divino occorre impiegarla bene in attesa del risveglio e della rivelazione dell’unico vero: l’Eterno. A fare da corollario a tutto ciò v’è la vicenda di cappa e spada, interna e funzionale alla storia, di Rosaura e Astolfo, che accomuna Sigismondo e Rosaura entrambi alla ricerca della verità e della giustizia per i torti subiti.

Quale lettura scegliere per una storia di questo tipo? Una strada percorribile è l’interpretazione dei singoli presenti nella dinamica dei tre atti: l’Ippogrifo che sbalza di sella Rosaura all’esordio del primo atto potrebbe rappresentare il Caos primordiale degli elementi cosmici non ancora composti nella Creazione. La prigionia di Sigismondo lo stato di colpa in cui era caduta l’umanità prima della Redenzione, la condizione stessa di Sigismondo il conflitto tra Terra e Cielo, tra Natura e Ragione. Il nome scelto da Rosaura per celare la sua identità è Atrea, dea della Giustizia, e infatti Rosaura vuole vendicare il tradimento subito e l’onore offeso dal comportamento di Astolfo. Tuttavia, il messaggio essenziale che ci viene fornito da questo “esistenzialista cristiano” del ’600 è da ricercarsi nella tensione tra livelli di realtà, nella ricerca del vero senza ombre di dubbi e nell’urto delle passioni che deve compiersi sino in fondo per poter lasciare spazio a una più matura consapevolezza. Sigismondo è il più grande eroe “pensoso” dopo Amleto, si leggano con attenzione le sue invettive per rendersi conto dello spessore esistenziale di un personaggio sempre sull’ orlo del nichilismo e della rinuncia a qualsiasi riscatto, che non sia quello della vendetta contro il proprio destino. Eppure qualcosa cambia e l’inganno subito diventa mezzo per la crescita e la comprensione di Sigismondo che alla fine del secondo atto dice: “Che è la vita? Una follia. Che è la vita? Un’illusione, un’ombra, una finzione, ed è piccolo il più gran bene, perché tutta la vita è un sogno ed i sogni sono un sogno.”

Davide Mollica

In libreria

Vita_e-sognoPedro Calderón de la Barca
La vita è sogno
Einaudi, 1980 (Collezione di teatro)
A cura di C. Acutis
Traduzione di A. Gasparetti
82 p., brossura

€ 9,50

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