Inseguendo una libellula in un prato
Un giorno che avevo rotto col passato
Quando già credevo di esserci riuscito
Son caduto (…)
Chissà, chissà chi sei
Chissà che sarai
Chissà che sarà di noi
Lo scopriremo solo vivendo
Comunque adesso ho un po’ paura…
Difficile raccontare di un giallo o di un noir senza fare spoiler. Difficile raccontare di questo romanzo, in particolare, senza rivelare troppo.
Chi leggerà Tutti gli uccelli, cantano di Evie Wyld troverà una imprecisione in questa recensione, ma è voluta… per non togliere il gusto della sorpresa nel corso della lettura.
Iniziamo con il dire che è scritto in modo magistrale per costruire e creare via via sempre più tensione. Ricorda moltissimo il cinema di Hitchcock.
Il romanzo è ambientato in due luoghi e su più piani temporali: uno è una imprecisata isola al largo della costa della Gran Bretagna, dove vive la protagonista, Jake, in una fattoria deserta, con la sola compagnia del suo gregge di pecore e il suo cane (Dog); il secondo è l’Australia.
La storia di Jake Whyte (sì ha un nome maschile) in Gran Bretagna procede temporalmente in senso lineare (giorno dopo giorno). L’innesco del racconto è dato dalla scoperta che un paio di pecore di Jake vengono uccise brutalmente. Ed ogni notte la mattanza continua. Tra rumori, sensazioni oniriche e terrore. Jake vive da eremita. Nonostante le insistenze di Don, vicino che le ha ceduto la fattoria, Jake rifugge qualsiasi contatto umano, tenendo tutti a distanza. Chi o cosa sta dando la caccia a Jake? E lei si sta nascondendo? Alla sua storia si intrecciano i vissuti di questa altra protagonista ambientati in Australia che però vengono narrati in flashback, quindi in senso lineare inverso, partendo dalla sua vita adulta, che conosciamo mentre lavora in un allevamento di pecore come tosatrice (iniziando però come aiuto cuoca, per amor di precisione). Unica donna in una squadra al maschile. Pecora nera tra pecore bianche. O lupi. Poi si salta indietro alla vita con Otto. Fino ad arrivare all’infanzia… e al peccato originale. Ci si impiega un po’ a raccapezzarsi tra i salti temporali. Seguire i vari piani non è per niente facile. Ma la costruzione del romanzo è da standing ovation. E non c’è una linea temporale che sia più importante dell’altra.
Progredendo con la lettura tutto inizia ad avere un senso, i vari tasselli vanno al loro posto, e più si procede e più aumenta la curiosità e la tensione. Le pagine vengono girate sia per capire cosa stia accadendo alla protagonista in Gran Bretagna, sia cosa sia accaduto alla ragazza in Australia. Se e come siano collegate. La trama è davvero complessa, avvincente, disturbante, ansiogena. Il libro, dopo lo spaesamento delle prime 30-40 pagine, si divora. Il finale ambiguo lascia un po’ di amarezza e frustrazione nel lettore, ma si perdona. Normalmente i finali aperti mi infastidiscono assai. Ma questo no, perché il romanzo è davvero ben costruito. E forse non ci sarebbe altro finale più adatto. Il personaggio di Jake è davvero affascinante, per quanto incomprensibile e complicato. Ne emerge comunque una donna forte, indipendente, tenace ma che ha scelto di abdicare alla vita e di fuggire dai propri demoni, anziché riscattare il proprio passato. I personaggi maschili non fanno che metterla più in luce, pur aggiungendo qualche ombra.
Questo libro è per chi cammina e non corre, per chi crede che l’uomo nero esista e possa avere forme diverse, per chi pagherebbe per salire su un aereo e cambiare identità e vita ma sa che un biglietto aereo non basta a dimenticare.
Patrizia Carrozza
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