Come Flannery O’ Connor allevava pavoni, i misteriosi, bellissimi uccelli che le divoravano fiori, frutta ed insalata, distruggendole orto e giardino, sotto lo sguardo di riprovazione ed incredulità di parenti e vicini così Carla, l’insegnante protagonista del bellissimo romanzo di Paola Mastrocola, alleva galline.
Le gallina non è, per Carla, pennuto meno nobile ed affascinante, anzi, lo è forse ancor di più, poiché ha, per una sconosciuta ragione, perso la capacità di volare, acquisendo quella goffaggine e quella strana postura che nascono dalla perdita; una privazione, una mancanza a cui Carla sente di dover porre rimedio «Io ho un sogno, un’ambizione, un segreto. Voglio qualcosa, non vivo solo così».
Inutile insegnare, comunicare ciò che non può essere comunicato se non è intimamente sentito, inutili cattedra e libri di testo, incomprensibili circolari e programmi didattici. Utile e, più, necessario aiutare chi silenziosamente soffre della propria condizione. Non insegnare ma allevare. Ed ecco, allora, lo studio e la preparazione di bizzarre macchine da volo, piccole ali posticce con sistemi di aggancio e leva e trazione, rampe, scivoli, piani curiosi e progetti. La fede nel volo è qui fede nell’apparentemente impossibile. Allontana dal mondo. Solo se si ha fortuna, s’incontra qualcuno che coltiva un’eguale stranezza, il proprio piccolo segreto. E Carla vede tutto questo negli occhi di Tanni, allieva prediletta, unica fra tanti, diversa e curiosa, anch’essa alla ricerca del punto da cui alzarsi in volo, un volo personale nel proprio, personalissimo cielo.
Carla e Tanni si somigliano e si comprendono: dunque il sogno può essere in piccola parte condiviso. Solo in piccola parte poiché il marito, perso in calcoli matematici, i colleghi, persi in questioni burocratiche, gli amici, persi in chissà quali questioni, ne rimangono esclusi. Il valore della vita di Carla (ma il valore d’ogni vita) è in questa quotidiana perseveranza, in quest’impegno sconcertante e gratuito, in un occhio premuroso rivolto al mondo, non nella ricerca della pietra filosofale, d’un sapere mistico, d’un mistero impronunziabile. «Io voglio qualcosa. Non vivo solo cosi». «Io devo riuscire a far volare una gallina.»
Ecco la meraviglia del romanzo della Mastrocola: nessuna ipotesi intorno al senso del mondo, non la ricerca d’una illuminante e conclusiva risposta. O forse tutto questo, ma racchiuso in un gesto così amabile e stravagante (ma perché poi stravagante?) come l’allevar galline nel proprio giardino, non solo allevarle ma dare loro nomi, guardarle con attenzione, conoscerle, comprenderle e, più di ogni altra cosa, coltivare il desiderio di vedere una di loro volare, tornare a se stessa sollevandosi leggera da terra, bellissima ed elegante come il più squisito uccello. «Mi sembrò molto bello un cielo dove si stagliasse la sagoma d’una gallina volante, anche solo una, mi sembrò che valesse la pena dl vivere per una cosa così».
La gallina volante è un libro commovente, divertente ed ironico, o forse commovente perché intessuto d’ironia, dono assai prezioso, oggi rarissimo.
La premura e l’aiuto e il sogno dipingono l’esistenza di bellezza.
La bellezza è nel sorriso dolcissimo nella testardaggine di Carla e di Tanni.
Ma la gallina riuscirà a volare?
Elena Varvello
In libreria

Paola Mastrocola
La gallina volante
Guanda, 2017
Collana: Tascabili Guanda. Narrativa
224 p., brossura
€ 12,00
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