La lavoratrice di Elvira Navarro racconta la storia di Elisa e Susana.

La prima è una scrittrice, autrice di un libro ormai dimenticato, correttrice di bozze freelance per una grande casa editrice che la paga poco e con enormi ritardi. Per questo motivo Elisa è costretta a trasferirsi da un appartamento al centro di Madrid alla periferia della città e a dover subaffittare una delle stanze di casa sua. Non sappiamo quanti anni abbia Elisa, trentacinque, quarant’anni al massimo, sappiamo solo che lavora in maniera talmente estenuante da perdere il contatto con la realtà: lavori sfiancanti, privi di aria e di socialità che incollano la protagonista per ore ad una sedia davanti allo schermo di un computer, la inaridiscono, e soprattutto, la isolano dal resto del mondo che diviene sempre più alieno. Allora, di notte, Elisa si perde nei meandri della città, cammina e corre per le strade periferiche di Madrid mossa da un senso dell’orientamento precario. Misura a piedi i quartieri della città che, a volte, le appaiono sconosciuti, provocando in lei un senso di estraneità e disorientamento: immagini di personaggi pericolosi, frutto della sua psicosi, appaiono davanti ai suoi occhi e la mente comincia a vacillare. Elisa si chiude in casa, incapace di qualunque azione, con lo sguardo e la mente annebbiati, persi nella precarietà lavorativa e sociale, incapace di guardare lontano, oltre la prossima consegna, senza alcuna via di scampo.

Nella realtà di Elisa entra Susana, seconda figura del romanzo. Susana è una donna, o ragazza, “teutonica” di 44 anni, che lavora come centralinista a Madrid. Ha vissuto sette anni ad Utrecht ed ha un passato oscuro, o inventato, fatto di mezze verità che non soddisfano la curiosità di Elisa. Poco per volta capiamo che Susana è passata per vari livelli di follia, di medicine e di ansiolitici, oltre che ossessioni sessuali, annunci per incontri, fidanzati nani e omosessuali o quasi completamente virtuali e confinati nella nuvoletta di Skype. Susana passa il tempo libero a creare collage della città che solo grazie ad Elisa saranno esposti in un bar e poi in una galleria importante: un momento di speranza per entrambe, ma si ha da subito la sensazione che durerà il tempo di una mostra.

La precarietà lavorativa ed esistenziale è palpabile: case dall’arredo provvisorio, situazioni sentimentali instabili, case in affitto, da subaffittare, in quartieri lontani dal centro, perennemente connessi, eppure soli. E quando Elisa riconosce la sua precarietà nello sguardo e nella vita di Susana, si materializza la sua più grande paura: quella di una generazione fin troppo formata che ancora a trenta o quarant’anni vive con la precarietà di un ventenne, in un tempo sempre uguale a se stesso, in cui si ha la consapevolezza di “aver incominciato tutto tardi”. E, in questo scenario, i fatti sono messi in discussione. Elisa dubita delle parole di Susana, il lettore comincia a dubitare della versione della stessa Elisa: sola, rinchiusa nella sua camera a lavorare tutto il giorno e dedita a spettrali passeggiate per Madrid, la protagonista osserva gli avvenimenti della sua vita e di quella di Susana con distacco, intimorita all’idea di giocare un ruolo attivo nella propria esistenza. Il centro della sua vita è il lavoro ed è ciò che l’ha lentamente disintegrata, portandola alla depressione e all’instabilità. Elisa è più di ogni altra cosa una lavoratrice, frustrata e sfruttata, assorbita in un tunnel di scadenze e nuovi incarichi che non le concede neanche un giorno di pausa, che comunque non saprebbe come impiegare, priva com’è di una vita privata.

Susana diventa così, nella mente di Elisa, una donna indipendente, con un misterioso lavoro che la lascia libera per la maggior parte della giornata e un fidanzato che le fornisce un ruolo nella società ma è abbastanza distante da permetterle di restare indipendente. Ma il personaggio è così filtrato dal punto di vista di Elisa che di tanto in tanto il lettore si chiede se esista davvero, o sia una proiezione dell’immaginario della lavoratrice.

Le due donne si muovono in una Madrid che è la terza protagonista del romanzo. Una Madrid frutto delle immagini create dalla mente di Elisa durante i suoi deliri notturni o quando guarda attraverso i vetri appannati di casa sua mentre fuma una sigaretta a tarda sera. Una città che, come nelle mappe create da Susana, viene continuamente reinventata dallo sguardo di chi la vive, che può generare conforto ma può anche essere sorgente di inquietudine e fomentare complottismi e paure essendo l’ambiguità e il dubbio le cifre fondanti del romanzo.

Elvira Raimondi

La lavoratrice è pubblicato da LiberAria: per scoprire qualcosa in più su questa casa editrice, leggi qui la nostra intervista.