Dopo molte cadute, si può trovare il proprio equilibio. Ma solo dopo aver capito per quale motivo è difficile restare in piedi.

“La nostra famiglia non è mai stata un branco.”

A pronunciare questa frase è Filippo, fratello del protagonista Orlando, fratello che sempre aveva cercato di imitare, di seguire nelle avventure, nei divertimenti, fratello che ha creato per Orlando un ricordo indelebile legato alla morte.

Erano in auto, Filippo alla guida, ubriachi e drogati, comportamento che ha scritto la parola fine sull’esistenza di una bimba e della propria nonna, intente ad attraversare la strada.

Questo episodio pone Orlando in una situazione di stallo perenne. Alla continua ricerca di una pace interiore, fa visita periodicamente al fratello, sempre più duro e scontroso, sicuro di sé anche tra le mura del carcere; va a pranzo dai genitori, rovinati emotivamente ed economicamente dai costi del processo, ma che nonostante tutto continuano a scusare il figlio scapestrato. Soprattutto la madre ha sempre avuto un occhio di riguardo per Filippo, lo ha sempre stimato, assecondato, incoraggiato e giustificato, anche nei confronti con il marito.

Orlando è sempre stato più timido, più impacciato con le ragazze, meno affascinante e ne ha risentito così tanto di questo confronto per lui sempre negativo, da condizionare i suoi comportamenti, i suoi rapporti e le sue decisioni da adulto.

Intelligente, colto, amante del giornalismo e di Shakespeare, Orlando si accontenta di un lavoro al call center e di un doppio lavoro come barman, dove ha modo di ascoltare le storie più disparate dei suoi clienti.

Quando trova un appartamento nel quale vivere in affitto, sarà il rapporto con la vicina di casa a riaccendere pensieri positivi nella mente di Orlando.

Sofie, Isidora, Zoe, in base al proprio stato d’animo questa donna di 64 anni si fa chiamare in modo diverso. Non le piacciono le etichette, le imposizioni, ama la libertà, la vita a 360° gradi, l’espressione libera di ogni sentimento, i colori, i vestiti cangianti, la musica classica e al contempo quella rock, le crostate e le chiacchierate con Orlando.

Come l’ho immaginata personalmente? Come una Iris Apfel, dallo stile iconico, mai sobrio, ma sempre elegante, che quando ti vede rincasare triste e amareggiato, ti accoglie nelle sue mura colorate, con la musica in sottofondo e una tazza di caffè caldo ad aspettarti.

Con Sofie, Orlando intraprende un viaggio all’interno di sé stesso, nel suo passato, sviscera colpe e rimpianti, fino a rivendicare un Orlando più sicuro di sé.

Lascia il lavoro al call center ed esplora le sfumature di quello che gli sembra essere amore, con Elettra, smette di fare visita al fratello, che continua a rimproverarlo per il tormento che lo accompagna ogni mattina. Sembra che tutto sia tornato a posto.

I genitori che avevano subito la perdita ora hanno in affidamento due bambine, Orlando li ha seguiti, bramoso di fare i conti con la propria coscienza; Sofie rappresenta per Orlando un condensato di madre, sorella, amica e zia; Elettra sembra dare risposta agli interrogativi che per anni Orlando aveva celato all’ombra del fratello e dei suoi trofei amorosi.

Ma la vita è come una nuvola: può essere chiara o cupa, innocua o temporalesca. La tempesta per Orlando arriva all’improvviso, dopo un giorno di festa, inaspettata e il ragazzo non trova ripari.

Zoe, malata da tempo, si è arresa alla morte per confermare la sua forza e la sua indipendenza.

“Ma lei era così attaccata alla vita da non accettare compromessi, o viva o morta, nessuna degradante via di mezzo.”

Le emozioni di Orlando ripiombano nello scompenso più assoluto, la prosa si fa più incalzante per seguire i pensieri del protagonista, non esiste più distinzione tra la voce narrante di Orlando e la voce narrante esterna. Domande nuove incalzano, risposte appaganti non arrivano, solo dolore e morte per l’ennesima volta, scandite da una forte punteggiatura.

Solo alla fine di una nuova analisi interiore e con la presa di coscienza di determinate scelte, Orlando potrà assaporare la parola libertà e ricominciare da capo, consapevole di aver conquistato il proprio equilibrio.

Aurora Cassetta