L’indignata è il nuovo libro di Giuliana Zeppegno edito da TerraRossa Edizioni, un romanzo intenso e stratificato che coniuga nella polifonia corale dell’articolazione della sua struttura fatti di natura politica e storica, analisi introspettiva e indagine sociologica.
Tra la denuncia politica e il noir metropolitano l’autrice narra la storia della sparizione di Teresa, donna dalla fisicità di una Bailadora flamenca, titolare del bar Babel, impegnata nel CNT (confederazione di sindacati anarchici spagnoli), e delle vicende personali di Giulia, con David e Andrès, i suoi amici, voci narranti che formano il potente noi di questa trama, intenti a cercare l’amica, trentenni disincanti e disillusi, impegnati nell’attivismo.
L’intreccio costruito dalla Zeppegno ruota su quella forma di protesta che mobilitò la Spagna a partire dal 15 maggio 2011 e la sua conseguente violenta repressione. Il movimento, conosciuto anche come M15, invase con moto di rivolta le piazze di cinquantotto città spagnole, chiedendo a gran voce il cambiamento radicale della politica del paese. Dormiamos, despertamos, come giustamente l’autrice ricorda e cita in esergo, svegliamoci, è quel grido che invase e colorò di striscioni Puerta del Sol, la voce della protesta collettiva, di attivisti, femministe, ecologisti, e anticapitalisti.
L’indignata fa parte di un noi molto più grande, gli indignados, movimento giovanile che contribuì alla protesta di quel decennio, che adottarono questo nome dal titolo Indignez-vous! del pamphlet di circa venti pagine del diplomatico e scrittore naturalizzato francese Stèphane Hessel.
La narrazione corale, a cui ogni personaggio narrante è dedicato un capitolo, ci permette di apprendere sia il contesto sociale e politico esterno, sia una pluralità di riflettenze di individualità che sono anche il motore della scelta di manifestare nella collettività. Correnti tensive di incertezze che ogni tempo precorre e ripercorre.
Io mi ribello, dunque esisto, diceva Albert Camus; che sia una ribellione comune su grandi tematiche, come quelle che l’autrice racconta: la lotta alla corruzione, l’uguaglianza sociale e la tutela dei lavoratori; che sia quella più esistenziale e privata, come nei tre personaggi; investire attivamente, esistere, è il filo conduttore che anima le pagine di questo romanzo.
Il noi, collante aggregativo della società, è un pronome dal suono dolce quando riempie la solitudine e il vuoto di individui che vivono in tempi incerti e precari.
«Dove comincia e dove finisce il “noi” con il quale mi identifico? Si chiedeva mentre l’assemblea volgeva al termine e qualcuno già si stava accomiatando. Chi c’è dentro? Me più i miei amici? Io e la mia famiglia? Il Sud del mondo? Noi precari, marginali, utopisti libertari, apocalittici, disintegrati?»
La prosa dell’autrice è densa e allo stesso tempo sciolta, grazie all’espediente del giallo che aiuta e sostiene la trama; gli innesti in lingua spagnola contestualizzano e caratterizzano l’ambientazione, così come i picchi e gli slanci lirici enfatizzano la patina, quasi post apocalittica, data al paesaggio urbano in cui gli odori e i rumori scelti ammantano di cupezza le scenografie di abbandono e miseria.
L’attivismo, le politiche sociali, gli amori tossici, i tradimenti, l’incertezza della carriera lavorativa, il disagio di una generazione, sono tutti temi che la Zeppegno intreccia in questo romanzo, gestendoli e calibrandoli con capacità, impegno e rispetto.
Caterina Incerti
E tu cosa ne pensi?