Spronati dall’entusiasmo libero dell’infanzia è facile sognare di poter vincere una medaglia olimpica da grandi e chissà quanti hanno anche affidato questo desiderio al proprio diario, magari senza intraprendere alcun percorso agonistico successivamente.

Dal 1984, al confine fra Toscana, Umbria e Romagna, esiste la “Città del Diario”. Pieve Santo Stefano ospita il celebre archivio fondato da Saverio Tutino, che raccoglie scritti di gente comune in cui si riflette, in varie forme, sulla vita privata e sulla storia d’Italia. È un museo di memorie personali che soddisfa il bisogno di tanti scrittori di ricordanze di essere letti e di far durare la propria identità oltre la vita fisica, ma fornisce anche un serbatoio di fonti autonarrative, che sono sempre più utilizzate e accreditate nella ricerca storica. Patrizia Gabrielli, nel suo lavoro sul boom economico nei “favolosi” anni Sessanta, Anni di novità e grandi cose (il Mulino, 2011), ha dato grande risalto al valore bibliografico di questi testi.

L’Archivio di Pieve Santo Stefano conserva oltre 8000 storie di vita, per lo più inedite, con un incremento di circa 200 all’anno. Più di 100 testi sono classificati come “Scrittura bambina” e una dozzina di questi si compone di diari personali, epistolari, esperimenti di diari collettivi a scuola o in colonia estiva parrocchiale, in cui lo sport è un tema ricorrente.

Le affinità fra questi giovani cronisti autobiografici e i campioni delle recenti Olimpiadi non sono poche. Il diario è uno strumento comune nella preparazione di qualunque atleta, sia per programmare gli allenamenti che per verificarne i risultati. E il journaling, ovvero la pratica di tenere regolarmente un diario, anche delle proprie sensazioni, è sempre più diffusa tra gli sportivi per rafforzare concentrazione, fiducia e resilienza mentale.

Il velocista britannico Zharnel Hughes afferma di scrivere sul suo diario proprio per “predire il futuro”, aspirando a indovinare e propiziarsi il tempo che farà nella gara che lo aspetta.

La leggendaria nuotatrice americana Katie Ledecky, ha appena pubblicato il suo memoir Just add water (Simon & Schuster, 2024) in cui racconta il percorso della sua incredibile carriera sportiva: “Ho iniziato a tenere un diario quando avevo 14 anni, per registrare i miei allenamenti in vista delle Olimpiadi di Londra 2012. Sfogliandoli l’anno scorso, mi sono resa conto che questi diari includevano elementi della mia storia più ampia nel nuoto. Volevo anche essere in grado di dimostrare che non sarei arrivata dove sono senza l’amore, il sostegno e l’incoraggiamento delle persone che mi hanno influenzata”.

E poi c’è la diarista olimpica per eccellenza, la saltatrice d’argento australiana Nicola McDermott o, come si fa chiamare dopo il matrimonio Nicola Olyslagers, che gareggia sempre con un fedele quaderno verde al suo fianco. L’immagine di questa atleta seduta ad annotare sul suo diario pensieri, pareri tecnici e frasi motivazionali, puntualmente dopo ogni salto, è una delle più iconiche delle ultime due edizioni di Olimpiadi. Anche grazie a questo rituale ormai indispensabile ha stabilito il nuovo record nel salto in alto femminile per i Paesi dell’Oceania e ha coronato quel sogno di bambina, che lei davvero aveva scritto nel suo diario a nove anni, poiché le aveva ispirato la poesia High jump dream.

I’m standing there alone but I’m not afraid.
The sun is shining there is no shade.
Everyone is cheering.
I can’t believe what I’m hearing.
I wish I could fly.
But the eyes just go by and by.
I fly into the air flying like a bird.
I am excited, but without speaking a word.
I won I cleared the height,
I won every single fight.
We all feel like cookies and cream,
going the Olympics is my greatest dream.

Rebecca Rossi