Io ci ho provato a contrattare alternative alla trasformazione dei miei figli in zampognari lucani, sia chiaro.” È così che si apre A pelo d’acqua, di Livio Romano, pubblicato da Les Flâneurs Edizioni. Ci avvisa subito che tutto quello che racconterà – cose tristi o divertenti, spaventose o intriganti – le racconterà con ironia. È un’ironia a tratti tagliente, a tratti rassegnata, come di chi la usi come un salvagente per rimanere a galla nel mare torbido della vita, per guardare dolori e gioie con quel distacco che permetta di superare tutto. L’autore prende per mano il lettore e lo accompagna con leggerezza lungo tutto il racconto, usando la voce del protagonista, Vasilio Navarra, scrittore salentino alla soglia dei cinquant’anni, che si trova ad avere a che fare con il trasferimento a tempo pieno dei due figli adolescenti nella sua casa di campagna, quando la ex moglie Elisa emigra al nord per lavoro.

Quello di Vasilio Navarra è uno sguardo irriverente e divertito, su tutto: sui matrimoni in crisi, sulla genitorialità, sul mondo circostante e sul gap generazionale, sui cinquantenni che come lui non hanno ancora capito cosa vogliono fare da grandi ma anche su quelli che lo hanno capito da un pezzo e passano la vita a fare calcoli e programmi.

“Mi chiedo sempre dove trovino il tempo. Non leggono? Non guardano film? Non stanno tre ore sul divano a dilaniarsi sull’ultima, inedita, acuminata malinconia che è piombata a straziargli l’anima?”

Vasilio è un uomo che ancora non ha fatto le sue scelte, che si lascia tirare dentro a ogni situazione perché ogni situazione offre un valido motivo per seguirne la scia. Nostalgico dei tempi della sua gioventù, legato alla musica e ai film di un tempo ormai concluso, memore di quanto l’adolescenza sia un momento della vita di cui gli adulti non possono capirci nulla, e allo stesso tempo in perenne imbarazzo nei confronti di mode e linguaggi degli adolescenti di oggi. È un uomo buono, che si fa fregare e che non capisce niente di quello che gli succede intorno, perché sono sempre gli altri a doverglielo spiegare, compresi i suoi figli.

È un personaggio con cui è facile empatizzare, soprattutto se si è genitori in quella fase della crescita in cui i teneri cuccioli che pendono dalle labbra di mamma e papà si trasformano in quegli individui difficili e scorbutici coi quali diventa sempre più complicato comunicare e capirsi.

“Quando mio figlio mi chiama per nome, lo so, è perché prende le distanze, vuole allontanarsi da un desiderio di abbracciarmi e sbaciucchiarmi che sente ormai infantile e inopportuno.”

L’inevitabile empatia con Vasilio Navarra trascina il lettore nel bailamme di eventi in cui è coinvolto, che hanno inizio poco dopo l’arrivo dei figli. Grazie a una borsa di studio europea, Vasilio ha finalmente l’opportunità di dedicarsi al romanzo che ha in mente da anni, ma la nuova presenza in casa dei figli si accavalla a una vera e propria intrusione nella sua vita degli ambigui vicini di casa: Thom Karremans – il Colonnello olandese che permise il genocidio di Srebrenica – la sua giovane e intraprendente moglie Gloria e la figlia Cristiana. Vasilio è via via coinvolto in vicende sempre più misteriose, imbarazzanti e pericolose, mentre si fa in quattro per scorrazzare i figli in ogni dove e per cercare di tenere in vita la relazione con Benedetta, donna per la quale vorrebbe mettere finalmente da parte il suo saltellare da una ragazza all’altra. Quella con Benedetta è una relazione bella e “carica di benevole aspettative”, eppure Vasilio ancora non sa compiere la sua scelta, non sa rinunciare a tutte le possibili opzioni che la vita gli propone, non si tira indietro davanti a tante prospettive, e fa casino. Ed è questo ciò con cui ora deve fare i conti.

“Ho capito che compiere una scelta significa dire no alle restanti, molteplici opzioni possibili. Che non puoi infilarti in ogni ammiccante sliding door e far casini e uscire a gambe levate avendo incendiato la casa cui conduceva quella porta.”

Questa volta il casino è proprio grande e devono riuscire a uscirne indenni lui e tutte le persone che gli sono intorno, compresa la ex-moglie, compresi i figli, Benedetta e i suoi vicini di casa. A posteriori, dopo aver letto il romanzo, si ha la sensazione di aver seguito il protagonista in una corsa affannata dalla sua casa di campagna a Santa Cecilia, dal mare a casa di Benedetta, dall’uscita di una palestra alla barca del colonnello, fino ad arrivare nell’estremo nord d’Italia e anche più sù. La vita di un genitore insomma. Una corsa in cui ci si imbatte in storie d’amore – passate, presenti e irrealizzate – amicizie, amore per la scrittura, paura di scegliere, misteri, cose non dette e cose non capite, su uno sfondo fisso e colorato, quello del Salento, che attira l’occhio immaginante del lettore e persiste – nel ricordo e nel desiderio – anche quando ci si sposta verso nord.

“Chi l’ha detto che l’inverno è grigio? Non nel Salento. Non in questa campagna brulla e screziata di cave di tufo scavate a mano nell’Ottocento e muretti di pietra arrotondati in cima dai molti passaggi delle greggi. La bora fa brillare anche gli ulivi.”

E poi c’è l’amore inconfutabile per quei figli adolescenti, due marcantoni che litigano la mattina per il rasoio ma che restano sempre i suoi “piccoli”, come continua a chiamarli, perché in fondo genitori lo si resta per sempre. È questo il sapore che rimane chiudendo l’ultima pagina, una volta superate tutte le prove e i rischi anche grandi a cui va incontro: una profonda dolcezza, data dall’amore di un padre che, nonostante faccia casino con le donne, con il suo lavoro e con la sua vita, in fondo sa che la cosa più importante per lui sono quei due piccoli cresciuti troppo velocemente, che a volte non lo degnano di uno sguardo ma che, quando percorre più di mille chilometri per fare loro una sorpresa, gli saltano al collo e lo abbracciano come fossero ancora bambini. Perché avere dei figli (adolescenti) è così: nonostante si cerchi di mantenere la calma, a volte si vorrebbe farli a polpette. Eppure, in fondo, da loro non ci si vorrebbe allontanare mai.

Elisa Bedoni

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