Ballardismo applicato è una straniante corsa nei meandri della nostra coscienza attraverso il potente acceleratore delle nostre conoscenze non strettamente empiriche, ovvero le nostre teorie. È anche un’ininterrotta teoria (intesa come processione in questo caso) di moduli narrativi che esplodono uno dentro l’altro come fuochi d’artificio.
Questo affascinante romanzo di Simon Sellars pubblicato in Australia nel 2018 ed edito da poco in Italia (Nero Editions ottobre 2019 collana NOT) è per una volta ben inquadrato dalle parole di Reza Negarestani (autore di Cyclonopedia, libro che finalmente dovrebbe essere tradotto in italiano tra non molto) presenti in quarta di copertina:
“Il solo fatto che, pur non essendo un fanatico di J.G. Ballard, con questo libro sia riuscito a riconoscere le stesse cose dell’autore, indica che ci troviamo dinanzi a una grande opera di letteratura: quella capace di ammaliarti, affascinarti e spingerti a interpretare il testo come se si trattasse del tuo stesso spazio interiore”.
Se leggerete questo romanzo infatti vi accadrà con esattezza quello che dice Negarestani e, come è capitato a me, spero vi accadranno anche molte altre cose.
Subirete prima di tutto le esaltazioni e i decadimenti del protagonista che, partendo dal suo incontro con i romanzi e i racconti di  J. G, Ballard si trova a peregrinare per il mondo inseguendo tracce (o essendo inseguito?) di connessioni che dalla sua mente sembrano vivificarsi in realtà. Dai sobborghi mefitici di Melbourne passando per Amsterdam e il Giappone fino alle isole del pacifico Sellars ci trascina in una sorta di girone infernale autenticamente pop, nel senso migliore del termine, che ha a che vedere con il nostro approccio alla conoscenza, alla realtà e ai suoi misteri.
Il meccanismo narrativo di Sellars è a tratti perfetto, quasi traslucido a sentirsi, e anche nei momenti dove tutto letterariamente e letteralmente sembra non tenere e crollare giù improvvisamente ci si trova come risvegliati a domandarsi: “Ma cosa è successo?” o persino “Ma cosa ho letto veramente?”

Non si tratta di isolarsi del tutto (…) ma sapere quando è giusto fermarsi e quando scomparire. Quando resistere alla classificazione e quando esercitare un diritto di scelta. Quando assumere una nuova forma e quando riemergere.

L’impressione di condividere ciò che Sellars narra è spesso persino abbacinante, e fa riflettere, mentre si cerca di destreggiarsi tra le lamiere ballardiane e il memoir che di dipana acidamente sotto i nostri occhi.
La letteratura che serve, quella letteratura che ci costringe a ricercare ancora e ancora  il piacere della lettura e della scoperta, induce di solito su ogni singolo lettore un’esperienza diversa, con sfumature personali. Nel caso di questo romanzo però l’impressione diviene così forte e incredibilmente cogente che, per come è costruito, accade che il testo riesca nella piccola grande magia di far riconoscere ognuno di noi (per motivi ovviamente diversi) nelle peripezie e nelle elucubrazioni del protagonista nonché dei vari comprimari del libro, e dico comprimari perché sono e rimangono comprimari rispetto alle partenogenesi della mente nuova del protagonista. Ma questo testo riesce anche a generare per ognuno bivi ipercinetici ed esperienze emotive fortemente connotate e quasi risettate sulla nostra singola persona, come se il libro si muovesse nel tempo e nello spazio delle singole coscienze e nella coscienza collettiva, senza sosta. La sua qualità migliore quindi non è raccontare o mostrare ciò che è estraneo o sconosciuto al lettore, ma  insistere su ciò che gli è in qualche modo familiare, creando in lui una sorta di  effetto di scivolamento che prosegue fin quasi al decentramento del suo stesso baricentro intellettivo, portandolo a una sensazione di condivisione estesa.
Non è facile spiegare in poche parole un libro ondivago come un temporale e preciso come un orologio a cucù, ed ecco perché dovete leggere questo romanzo, e sentire che ne pensate con voi stessi.


L’esaurimento del racconto e lo scioglimento della tensione finale sono in linea con quello che ci si potrebbe aspettare da uno scrittore di lingua inglese di oggi, e con questo intendo semplicemente sottolineare che c’è una differenza di narrazione verso il lettore rispetto ad una sensibilità europea che potrebbero avere, ad esempio, scrittori francesi o italiani nel risolvere un libro di tal fatta.
Come tutti i libri intriganti ed eccezionali che cercano di dire qualcosa di nuovo e di spostare lo sguardo anche questo è un libro non esente da difetti, i difetti che servono comunque a far riecheggiare la bellezza, ed è quindi un libro coraggioso e importante, che prova a narrare in maniera serrata un sentire straordinariamente contemporaneo.
Ci sarà anche della delusione nella vostra lettura, ma non perché non valesse la pena leggere, ma perché la delusione è parte del confine, è parte dei nani che vi costeggiano il fianco in bicicletta, è parte delle parole che sapevate di conoscere ancora prima di sentirle, è parte del riconoscimento che volevate avere e condividere.

“È questo il punto, no?” dissi. “ Il concetto di spettacolo mediato è entrato così a far parte della cultura popolare che adesso è ridotto a un luogo comune commerciale”

Simone Battig